Mai pi√π disoccupati: “vecchi” e giovani accomunati

Mi viene in mente la faccia mortificata di un signore che avevo avvicinato a Milano per chiedere quale mezzo di superficie potessi prendere per andare dove dovevo andare, dopo la mia risposta “non con la metro, perchè il biglietto l’ho già utilizzato” e lui “ma in superficie ci mette un secolo, mentre con la metro arriva in 10 minuti” e io “ma dovrei spendere un altro euro, mentre in superficie ho ancora ¬†tempo da utilizzare, tanto sono disoccupata!”.

Mi ritrovavo a 53 anni a risparmiare su un biglietto come quando da ragazzina da Ponte Garibaldi me la facevo a piedi fino a Piazzale Clodio per comprarmi il disco dei Procol Harum. Adesso invece, dovevo stringere la cinghia in attesa dell’accredito del mio ultimo compenso da co.co.pro. nel tentativo di tirar su la somma dei miei insufficienti contributi per andare in pensione a 60, motivo per cui mi ero trasferita. Veramente mi serviva tirarli su non nella gestione separata bensì in quella ordinaria, ma quell’incarico nella Milano più generosa di occasioni ero sicura che mi avrebbe portato bene. E non sbagliavo.

Dopo 3 anni di somministrazioni tre mesi per tre mesi, e i contributi che desideravo oltre ad un lavoro che amavo e per il quale ero ricambiata con altrettanto affetto dalle persone che aiutavo a trovare un lavoro, la mazzata. Via tutto dalla scrivania, niente rinnovo, per decreto legislativo. Ma il mio lavoro era nel pieno della produzione! Sconcerto e disoccupazione.

Si trova il sistema: riprendo da dove avevo interrotto ma con altro contratto, che però non dava diritto a indennità di disoccupazione appena smesso.

Termina la produzione (chiude il Settore), e tutti a casa.

Trovo il sistema di recuperare il diritto all’indennità di disoccupazione con un lavoro breve ma nella gestione ordinaria. ¬†A 59 anni è improbabile che trovi altra occasione, quindi devo spalmare l’indennità su due anni anzichè uno, in attesa della pensione.

Che vita avventurosa, alla fine! A me non dispiaceva cambiare spesso lavoro, cimentarmi in nuove imprese e viaggiare. I miei periodi di disoccupazione sono andati da pochi giorni a 2 anni, parzialmente o per nulla coperti a seconda del contratto dal quale provenivo. E questo secondo me è il problema da affontare: la copertura nella transizione. Nel vecchio, lento tram, nel più veloce e nuovo, e quando possibile prendendo la metropolitana, l’importante è avere un posto dove andare per sentirsi ed essere visti attivi, senza pagare il biglietto se disoccupati in cerca di lavoro. Ma un posto che non sia deposito di curriculum e “si guardi le inserzioni” bensì “a domani, per l’avvio al lavoro o l’indennità di disoccupazione”. Per tutti sicura, senza distinzioni.

Fondamentali per l’occupazione e il sostegno in mancanza di lavoro

Tento di reagire alla sofferenza che provo nel vedere la disperazione di coloro che devono aggrapparsi ad un lavoro, anche se detestato, o non essendo più ¬† desiderati, perchè non abbiamo un sistema che garantisca e copra bene il passaggio da un lavoro all’altro, nel pubblico e nel privato, in modalità ¬†dipendente o autonoma. E immagino …
1) ¬†la concentrazione in uno stesso luogo di tutti gli aiuti per trovare lavoro: assistenza, orientamento, formazione, collocamento delle persone in cerca d’occupazione e erogazione di retribuzione sostitutiva
2) ¬†il finanziamento del regime d’assicurazione disoccupazione garantito dai contributi calcolati in base allo stipendio/compenso di qualsiasi genere:¬†3% (il 2% a carico del datore di lavoro e¬† 1% a carico del dipendente/collaboratore in monocommittenza, l’intero 3% a carico del lavoratore autonomo). Il contributo avrebbe un significato solidaristico, quindi chi ha più mezzi maggiormente contribuirebbe per aiutare tutti nei momenti di difficoltà
3) l’importo dell’indennità giornaliera: 20 euro netti, uguale per tutti in quanto garanzia di sopravvivenza, non vincolabile a tenore di vita precedente
4) che la persona in cerca d’occupazione debba accettare le offerte di lavoro/percorsi formativi¬†ragionevoli (in caso di rifiuto di due offerte ragionevoli, possa essere sanzionata).
Esempio lavoratore¬†dipendente/collaboratore che perde l’impiego: nel corso di un decennio poniamo versi,¬†¬†su un reddito IRPEF¬†di 15.000 euro l’anno,¬†150 euro (1%) e resti disoccupato per 2 anni, l’accantonamento sarebbe di 1.500 euro, mentre l’indennità ricevuta ammonterebbe a 14.600 euro. La differenza, 13.100 euro,¬†sarebbe coperta da chi continua a lavorare ininterrottamente, ma poichè il concentramento in unico luogo di assistenza, orientamento, collocamento e erogazione della retribuzione sostitutiva garantisce che venga avviato ad altro lavoro dipendente o autonomo richiesto dal mercato, il sistema complessivo dovrebbe reggere molto meglio di quanto regge ora.
Esempio lavoratore autonomo che perde mercato: nel corso di un decennio poniamo versi,¬†¬†su un reddito IRPEF¬†di 15.000 euro l’anno, 450 euro (3% intero) e abbia un periodo di crisi per 2 anni, l’accantonamento sarebbe di 4.500 euro, mentre l’indennità ricevuta ammonterebbe a 14.600 euro. La differenza, 10.100 euro,¬†sarebbe coperta da chi continua a lavorare ininterrottamente, ma poichè il concentramento in unico luogo di assistenza, orientamento, collocamento e erogazione della retribuzione sostitutiva garantisce che venga avviato ad altro lavoro dipendente o autonomo richiesto dal mercato, il sistema complessivo dovrebbe reggere molto meglio di quanto regge ora.
Nota bene: sia i lavoratori autonomi che quelli dipendenti verrebbero tutelati, ed entrambi sarebbero incoraggiati sia a mobilità interprofessionale che territoriale, non essendovi disparità di trattamento a livello regionale.
Vi sembra una proposta insostenibile? Ne avete una migliore? Si potrebbe sperimentare in un piccolo comune virtuoso per cominciare?

Fiera dell’Italia, Nostra Bella Italia

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Sento parlare di Facebook, apro una pagina. Qui cominciano ad arrivare inviti d’amicizia, si dice così, inviti e inviti, e ne mando anch’io. Vengo contattata dalla gente più svariata, persone che non vedevo e sentivo da anni ricomparsi per merito di questa incredibile cosa, attraverso questa scatola che è il computer.
Non ho religione, non ho politica, non ho tv, non ho giornali, la mia informazione è attraverso la radio, non ascolto tanto nemmeno quella, stanca di tutte le stupidaggini sentite, del dio soldo sovrano di tutti e tutto, abbandono i mezzi d’informazione schifata da questa marea di giornalismo di basso bordo, che mi propina e cerca d’inculcarmi la sua senza mai ascoltare la mia, se non per darmi addosso se vado contro la sua corrente. Non che la mia attività nei confronti dei giornali fosse assidua, attiva, ma ogni tanto mandavo qualche lettera che veniva regolarmente cestinata, a parte qualche eccezione da parte di qualche quotidiano locale, e a cui non ho mai ricevuto risposta.
Nella pagina di facebook ricomincia, in qualche modo, l’informazione e qui mi piace, ricevo varie cose e leggo ciò che voglio, ricominciando, con l’occasione a rileggere qualche stralcio di giornale.
Un bel giorno, non tanto tempo fa invero, mi chiede l’amicizia una omonima, di nome, con la quale ho scambiato qualche battuta, non chiedetemi in che occasione chè non lo ricordo…ed eccomi qua!
Amo l’Italia, l’ho molto girata, l’ho molto vissuta, ho scoperto degli angolini che mi hanno illuminato lo spazio di quel momento e il ricordo che ne ho di loro resta limpido, impresso nella mia mente come acqua di ruscello che scorre nel suo alveo, fresca.
Nella vita ho fatto un grande salto di quasi 1500 km, dal sud dell’Italia al nord, dalla Sicilia al Veneto, mi sono resa conto che tutto il mondo, questo piccolo universo, è paese e non, come mi raccontavano da piccola, che al nord ci fosse chissà che cuccagna, ecco, forse il lavoro in altri tempi, ma ora non più, i tempi son cambiati e noi con essi, da una parte all’altra di questa nostra Italia che, nel frattempo, è diventata multicolore, che è diventata laica, che è diventata così com’è.
Vivo bene in Italia, ne sono fiera di questa mia bella nazione. Un paesaggio stupendo, vario, da sogno a volte e da catastrofe altre: il pino, la foresta di larici, la città d’arte, la centrale termoelettrica, nitidi saldi silenzi, il posto di lavoro, la cattedrale, la macchina, la tazzina di caffè, gli spaghetti…tutto mi parla di casa, di questa casa ch’è la mia Italia.
Gente che vive con mille euro al mese, tristezze acchiappate al volo che con 400 deve farci tutto, bellezza del suono d’organo che si spande per aria passando davanti alla chiesa: c’è tutto, c’è un po’ di tutto.
Eppure non la lascerei questa bella Italia, per nessun oro al mondo. Qui posso dire tutto ciò che mi pare, una volta che decido di tirar giù il mio bavaglio, che io sia ascoltata o no è un altro paio di maniche. Qui posso sperare che i miei figli vadano dappertutto, una volta che non ho più paura che li violentino per strada o li uccidano. Qui posso agire come più mi piace una volta che ho imparato cos’è il rispetto. Qui posso votare se lo voglio, salvo avere la certezza che non saprei a chi dare il mio voto. Qui le gobbe sono ancora importanti. E qui c’è anche che la gatta della vicina ha avuto i gattini e non li ha abbandonati: la mia vicina è piuttosto una sedentaria, non frequenta le autostrade, soprattutto di notte. E il pane non mi manca. E per strada vedo gente di tutte le razze: ognuno la sua storia trattata come un libro, ognuno col suo libro trattato come la propria storia. Ascolto tutti quelli che hanno qualcosa da dirmi, sono in tanti, hanno un messaggio a portata di mano, alcuni te lo porgono e altri te lo impongono. Qui c’è amore, dove c’è.
Eppure io la amo la mia bella Italia, con i suoi 400 euro al mese, con tutte le sue paranoie. La amo e ve lo dico.
Amo le sue ginestre, le sue Dolomiti, le catacombe di S. Cecilia, Assisi, Monterosso, Stromboli, Milano, no Milano no, Il Maschio Angioino, Tindari, la mimosa, Sibari, Sulmona…amo quasi tutto dell’Italia. Qui siamo tutti fratelli se non ci azzuffiamo come nelle osterie per cercare il metodo migliore perchè un bambino nasca: chi se ne importa se madre e figlio ne pagheranno le conseguenze! Qui non c’importa della facciata: cosa vuoi che sia se chi ci rappresenta fa gesti inconsulti dietro ai presidenti delle altrui nazioni! Qui l’organizzazione nella scuola è uno spasso, va tutto bene, tutto perfetto: la parola precariato è solo parola priva di significato, un giochino da ragazzi, un divertimento da seguire, come andare al cinema, i miei figli godono del privilegio di ottimi educatori, quando ci e lo sono! Qui assistiamo ai vari balletti di potere come se fossero solo uno. Il potere non ha colore…tutto uguale: grigio. Ma il grigio non vorrei offendere: in fondo si abbina con tutto.

Doriana Puglisi

p.s. nella foto Fabrizio Pra Mio precario della scuola da 26 anni

Lettera aperta alle precarie ed ai precari della scuola

Roma 03/10/09
Creative Commons License photo credit: iconauta

Scrivo queste parole esprimendo in primo luogo la mia massima solidarietà per la lotta contro la precarietà , per l’affermazione del diritto al lavoro, e la dignità di essere lavoratore.

Leggo con profondo stato emozionale il diffondersi a macchia d’olio dello sciopero della fame da parte di alcuni lavoratori della scuola contro la situazione in essere nel mondo della c.d. istruzione. Tale forma di lotta dalla Sicilia si allarga lentamente con nuovi scioperi della fame annunciati per i prossimi giorni a Pisa e a Pordenone per trovare estensione in altre realtà. Sono circa 150 mila i precari italiani che nel prossimo anno scolastico vivranno sulla propria pelle il taglio di 25 mila e 167 cattedre. De facto è un licenziamento di massa.

Mi viene in mente nel contempo lo sciopero attuato da quella infermiera che si faceva prelevare il sangue per rivendicare il diritto alla retribuzione. E’ morta.
Si è parlato di lei solo per qualche giorno. I padroni non meritano ciò.

Scrivo queste parole con forte stato di preoccupazione. La lotta deve essere fatta. Deve essere estesa. Lo sciopero della fame è un nobile strumento di lotta, che è stato anche oggetto di abuso da parte di alcuni politici italiani… In questo paese la notizia diverrà notizia solo se si giungerà moribondi, come è successo, in ospedale. Non è a questo che dobbiamo arrivare.
Siete 150.000. Unitevi! Nessuno potrà fermarvi.
La lotta deve essere spontanea lontano dal concetto di ruolo rivendicato dalle strutture sindacali confederali che hanno scoperto solo ora per ragioni di strumentalizzazione politica-sindacale, che la Ministra Gelmini è autoritaria e filo-padronale.

Sindacati confederali che firmano i contratti collettivi vigenti, contratti che prevedono la possibilità di svolgere ore eccedenti ovvero quelle ore che prestate dai docenti nelle scuole di ogni ordine e grado oltre l’orario d’obbligo (25 infanzia, 22 primaria e 18 secondaria) e che non rientrano tra le attività aggiuntive di insegnamento pagate con il Fondo di Istituto, che de facto sottraggono lavoro ai precari. Confederali che ora per motivi di opportunità politica, per controllare il movimento di lotta dei precari sostengono che le ore eccedenti non devono essere fatte. Ma perchè allora lo avete previsto nel contratto? Demagogia pura! Non riuscirete a mettere il cappello sulla lotta dei precari. Il vostro ruolo è finito. Avete svenduto i diritti dei lavoratori e pagherete le conseguenze di ciò. Detto questo. ciò che voglio ribadire è che esistono varie strategie di lotta, coordiniamole muoviamoci insieme, perchè solo l’unione nella lotta e con la lotta comporterà la sconfitta del padrone.

Lo sciopero della fame è nobile strumento di lotta, ma da solo non basta.
Il padrone Marchionne dice “Fino a quando non ci lasciamo alle spalle i vecchi schemi non ci sarà mai spazio per vedere nuovi orizzonti”. Ebbene caro Marchionne, Gelmini e compagnia brutta, i vecchi sistemi in verità sono rappresentati dal sistema capitalistico. I nuovi orizzonti non possono che essere quelli della società socialista rivoluzionaria.