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7 ottimi consigli per le neo mamme (2023)

Tutti i genitori ci sono passati, e tutti i genitori possono relazionarsi con quella che è certamente una delle esperienze che ci cambiano la vita – quella di diventare un nuovo genitore.

7 ottimi consigli neo mamme
7 ottimi consigli neo mamme

Ecco 7 ottimi consigli per le neo mamme e in generale i nuovi genitori.

1. Segui il tuo istinto

Non fare paragoni, fidati solo del tuo istinto.

Ci saranno sempre informazioni contrastanti… su ogni argomento! Il meglio che possiamo fare è ascoltare/imparare da entrambe le parti e poi decidere cosa è meglio per la nostra famiglia e cosa c’è nel nostro cuore. Il più grande trucco per la maternità è non sentirsi in colpa o sentirsi come se si dovesse spiegare una qualsiasi delle decisioni che si prendono.

Abbiamo sentito così tante linee guida contraddittorie su se e per quanto tempo lasciare che il bambino “pianga” all’ora di andare a letto. Ci siamo sentiti piuttosto in colpa a lasciar piangere nostra figlia, ma una volta che abbiamo provato, è diventata rapidamente una bambina che poteva addormentarsi da sola in modo affidabile. Abbiamo dovuto imparare a fidarci del nostro istinto sulla strada giusta nella nostra situazione.

Alcune decisioni possono essere bianche o nere, ma la maggior parte dovrebbe essere guidata dalle priorità e dai valori dei genitori piuttosto che da internet o da amici benintenzionati.

2. Sii gentile con te stessa

Abbraccia il disordine e il caos, perché nessuno si ricorderà di una casa pulita o del bucato fatto, ma tu ricorderai i ricordi divertenti.

Fate molte passeggiate con il passeggino: fanno bene ai genitori e al bambino. Un ulteriore vantaggio è che i bambini dormono sempre meglio all’aria aperta.

Inizialmente ho resistito al consiglio di “dormire quando il bambino dorme” perché pensavo che mi avrebbe dato più tempo per fare le cose. Mi sono presto resa conto che l’opportunità di essere (semi)riposata era il miglior regalo che potessi fare a me stessa.

3. Cerca opportunità per legare con il tuo bambino e fare ricordi

Amali ogni volta che puoi. Sorridi molto. Fissa i loro occhi. Apprezza ogni momento.

Date ai vostri figli molti e molti ricordi.

Fate tutte le foto e assicuratevi che qualcuno faccia delle foto anche a voi. Scrivete le cose che volete ricordare.

Godetevi ogni momento possibile, anche quelli difficili. I bambini crescono troppo in fretta, e se vi preoccupate troppo delle cose che non contano, perderete le opportunità di godervi quelle che contano.

A volte i genitori si eccitano troppo per la “prossima” fase di sviluppo. Prendetevi del tempo per godervi ogni pietra miliare della crescita.

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4. Regola le tue aspettative di mamma

Imparare a stare bene con tutto ciò che richiede 10 volte più tempo di prima di avere figli. Preparati a vivere nell’incertezza e cerca di essere più flessibile con le tue aspettative. Sii d’accordo con il fatto di non essere d’accordo a volte.

Cercate di fare pace con la vostra nuova vita e il vostro nuovo ruolo – come genitore e come co-genitore. Ho sentito qualcuno dire che è come se un interruttore venisse girato da “coppia romantica” a “squadra tattica”. I soprannomi che io e mio marito ci siamo dati in quelle prime settimane erano “Sacco di cibo” e “Ragazzo delle pulizie”. Abbiamo cercato di ridere attraverso la nostra stanchezza per i nostri nuovi ruoli.

Ricorda che le mamme e i papà fanno le cose in modo diverso l’uno dall’altro e che tutti vogliamo avere successo. Mettetevi d’accordo sulle cose grandi e lasciate perdere quelle piccole.

5. Trova il tuo gruppo ideale

Ho capito presto che era importante avere una tribù di altri neo-genitori, per scambiare storie su questo periodo unico, e per aiutare con il babysitting, i pasti e le faccende di casa. A distanza di anni, sono ancora buona amica di molte di queste persone!

Delega i compiti a familiari e/o amici disponibili. Se non avete familiari/amici locali disponibili (per aiutarvi a fare la spesa, cucinare e fare il bucato), considerate la possibilità di esternalizzare questi compiti durante i primi giorni e le prime settimane.

6. Arruola l’aiuto di esperti

Prendete lezioni per genitori in anticipo e assumete un aiuto. Raccomando di fare formazione molto prima che i bambini siano qui, e lungo tutte le loro fasi di sviluppo.

Mi sono unita a un gruppo di genitori attraverso Parents Place che ha aiutato me e mia figlia a socializzare e a trovare risposte alle mie domande sui genitori.

7. Sappi che le cose diventeranno più facili col tempo

Il primo mese sembra un giorno molto, molto lungo. I mesi 2 e 3 sono piuttosto duri, ma migliora mese dopo mese. L’allattamento al seno è più impegnativo di quanto si pensi, ma anche questo diventa più facile nel corso dei primi mesi. Fare il genitore è il lavoro più difficile ma più gratificante di sempre.-Tati, MomWifeLadyLife

Ricordate: anche questo passerà. Per quanto estenuante possa sembrare questa fase, è solo una fase. Prima che tu te ne accorga, il tuo bambino ti guarderà e sorriderà… e ti renderai conto che quelle dure prime settimane ne sono valse la pena.

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Si scrive “capitalismo progressista”, ma si legge socialismo!

di MATTEO CORSINI

Chi mi legge sa che sono abituato a leggere o sentire cose a me indigeste. Con Joseph Stiglitz di recente sono stato messo a dura prova, nonostante anni e anni di pratica.
In quella che è stata definita una lezione tenuta alla Cattolica, ma che in realtà a me è parso un groviglio di giudizi inconsistenti dal punto di vista logico e pure male argomentati, Stiglitz (ri)lancia una idea di capitalismo progressista.
Che poi non sarebbe altro che una diversa denominazione di qualcosa che non vuole definire socialismo perché manterrebbe una parvenza di economia di mercato, sempre che il mercato si comporti bene, ossia in linea con ciò che Stiglitz ritiene giusto.
Per motivi di spazio, mi limito ad alcune pillole.
Sulle esternalità, qui intese solo in senso negativo, Stiglitz porta un paio di esempi, che ovviamente richiedono l’intervento d’autorità da parte dello Stato.
  • La decisione di alcuni individui di non indossare una mascherina o di non farsi vaccinare aumentava le probabilità degli altri di contrarre il Covid-19, di essere ricoverati in ospedale e perfino di morire. Gli appassionati di armi sembrano credere che la libertà di girare con un fucile AK-15 sia più importante della libertà degli altri di vivere. E’ uno spettacolo a cui assistiamo quasi ogni giorno negli Stati Uniti, dove gli omicidi di massa non danno segno di arrestarsi.”
Mascherine e vaccino furono inizialmente raccomandati, poi imposti, per evitare di contrarre il virus e di contagiare altri. Fu poi appurato che non fossero efficaci come prospettato. Ma il punto credo sia un altro: ognuno dovrebbe essere libero di indossare anche tre mascherine e vaccinarsi ogni 6 mesi. Perché imporlo a tutti? Non è evidente che, sposando il principio sottostante, qualsiasi cosa potrebbe finire per essere imposta a chiunque? Quella sarebbe libertà?
Quanto alla libertà di girare con un fucile AK-15, ragionare alla Stiglitz significa fare equivalere il possesso dell’arma al suo utilizzo per commettere omicidi. Non mi sfugge, ovviamente, la differenza pratica tra un mitragliatore e altri oggetti che possono essere usati per ferire o uccidere, ma, anche in questo caso, non è automatico il fatto che possedere l’arma comporti l’utilizzarla a scopo di aggressione.
Oltretutto, dove si metterebbe il limite ai divieti? Suppongo solo dove Stiglitz lo ritenesse giusto. E quello dovrebbe essere giusto per tutti. Ovviamente non poteva mancare un attacco ai libertari.
  • La destra, soprattutto i libertari, obietta alle redistribuzioni che emergono da questo tipo di analisi sulla base di un supposto diritto morale ai loro guadagni: sono la giusta ricompensa dei loro sforzi e dei loro risparmi.”
Si chiamerebbe diritto di proprietà e andrebbe visto assieme al principio di non aggressione. Ma Stiglitz non ha evidentemente tempo per documentarsi, o forse ritiene più confacente al suo discorso esporre le cose in modo così dozzinale. E dire che non sarebbe difficile da capire.
Per farla semplice, se ciò che è di proprietà di Tizio gli deriva da scambi volontari, nessuno ha diritto di aggredire quella proprietà. Altrimenti, se si ammettesse il diritto di qualcuno (lo Stato) a prendere a Tizio per dare a Caio o Sempronio, si dovrebbe concludere (se si usasse un minimo di logica), che in realtà il diritto di proprietà sarebbe del tutto vuoto, perché sarebbe lo Stato a stabilire quanto lasciare a Tizio di ciò che costui ha ottenuto mediante scambi volontari.
Il problema è che, per Stiglitz, la gran parte dei diritti di proprietà sono stati acquisiti illegittimamente perché risalenti alle colonizzazioni dei secoli scorsi e allo sfruttamento della schiavitù. Il che renderebbe inevitabile la redistribuzione a opera dello Stato per fare “giustizia”. Con buona pace di coloro che non hanno nessuna colpa accertata. Basta la presunzione.
E vengo, per non dilungarmi troppo, al capitalismo progressista, che “prevede un equilibrio migliore tra Stato, mercato e società civile, e una serie di meccanismi come cooperative e istituzioni no-profit… lo Stato dovrà regolamentare, tassare spendere, scrivere norme e regolamenti e contribuire a progettare le istituzioni che governano la nostra società. E siccome lo Stato deve svolgere un ruolo tanto importante, la gestione pubblica ha un peso: il capitalismo progressista può funzionare soltanto in uno Stato democratico… una certa misura di eguaglianza è sia un risultato del capitalismo progressista, sia una condizione necessaria per il suo funzionamento… il capitalismo progressista opererebbe anche più redistribuzione per garantire una maggiore uguaglianza delle condizioni di vita.”
Una volta lo si sarebbe chiamato socialismo, e non credo che basti cambiare nome per cambiare in meglio la sostanza. Nonché i risultati.

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“Si scrive “capitalismo progressista”, ma si legge socialismo!” è stato scritto da Leonardo e pubblicato su Miglioverde.

Napolitano, non partecipo al pianto ipocrita degli scrittori di coccodrilli

di LEONARDO FACCO Quando si affianca il termine democrazia ad un personaggio come Giorgio Napolitano, a me tornano alla mente i modi in cui l’ex presidente della Repubblica italiana (ben prima di Mattarella) ha calpestato la Costituzione nel silenzio colpevole e imbarazzato delle oche del Campidoglio. Un comportamento tipico degli eredi del comunismo staliniano, combinato…

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“Napolitano, non partecipo al pianto ipocrita degli scrittori di coccodrilli” è stato scritto da Leonardo e pubblicato su Miglioverde.

Sondaggio Noto (19 settembre 2023)

Sondaggio Noto (19 settembre 2023)

Durante la puntata di Porta a Porta (Rai 1) del 19 settembre 2023 sono state pubblicate le nuove intenzioni di voto realizzate da Noto Sondaggi.

Le intenzioni di voto

Sondaggio Noto (19 settembre 2023)
Sondaggio Noto (19 settembre 2023)

La serie storica

Di seguito, proponiamo i grafici con la serie storica dei sondaggi pubblicati da Noto Sondaggi nell’ultimo anno.

Per consultare l’elenco dei sondaggi Noto ripubblicati su Scenaripolitici.com potete andare nella sezione “Gli altri istituti”, oppure cliccare qui.

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“Sondaggio Noto (19 settembre 2023)” è stato scritto da The Watcher e pubblicato su Scenaripolitici.com.

La settimana phastidiosa – 23 settembre 2023

Tassi fermi, rendimenti in rialzo – Scorporiamo nei lieti debiti – L’immaginario MES sanitario – Ruanda Dreamin’ – La benzina col tetto, edizione francese – La caldaia che scottò un continente – L’era della Grande Incertezza

Source

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“La settimana phastidiosa – 23 settembre 2023” è stato scritto da Mario Seminerio e pubblicato su Phastidio.net.

Meloni, il ricordo del giornalista Giancarlo Siani: “Saremo a Caivano anche in suo nome”

In un’intervista, Giorgia Meloni ha ricordato il giornalista Siani nell’anniversario della sua morte: “Descrisse il volto più cupo della provincia di Napoli”.

Leggi tutto Meloni, il ricordo del giornalista Giancarlo Siani: “Saremo a Caivano anche in suo nome” su Notizie.it.

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“Meloni, il ricordo del giornalista Giancarlo Siani: “Saremo a Caivano anche in suo nome”” è stato scritto da Valentina Mericio e pubblicato su Notizie.it.

Bicicletta e “Ucraina Uber alles”: l’europeo perfetto

 

Di @LauraRuHk*

 

La UE spinge la bicicletta e il monopattino come mezzi di trasporto non perche’ e’ piu’ virtuosa degli altri, ma perche’ milioni di cittadini europei impoveriti dalle sue folli decisioni politiche non possono piu’ permettersi l’auto.

E soldi da investire nel trasporto pubblico non ce ne sono. Ma ammettere questa verita’ scomoda danneggerebbe l’immagine internazionale dell’Europa, quindi si preferisce puntare su una supposta superiorita’ morale degli europei che, “per salvare il pianeta e combattere il cambiamento climatico”, pedalerebbero felici verso un futuro radioso. Roba che neanche il minculpop avrebbe potuto partorire.

A Bruxelles sono esperti nel fare di necessita’ virtu’. Non avete soldi per mettere su famiglia? Single e’ bello, LGBTQ anche meglio. La carne costa troppo? La dieta vegana e’ trendy e fa meglio alla salute. E cosi’ via. Manca solo il video in cui in sella alle nostre biciclette, cantiamo tutti in coro “Ukraine, Ukraine, Ukraine über alles!”

 

*Dal canale Telegram: @LauraRuHK

“Glory to urine”: il cortocircuito del debunking

 

di Alessandro Bianchi e Fabrizio Verde

 

Incredibile azione di debunking oggi dei censori della verità del web. Dopo ore di studio di immagini satellitari incrociati hanno certificato che il video ironico-satirico “Glory to urine”, fatto partire ieri da questo account  Twitter e divenuto virale ieri sul web, fosse falso. Era già quello che aveva scoperto dopo pochi minuti il giornalista Ben Collins andando in strada a New York a controllare, ma oggi abbiamo la certezza assoluta con il responso addirittura di Open.

E quindi il commento ironico della portavoce Maria Zakharova, sul video meme è stato rimosso. E la sua dichiarazione, rilanciata anche sulla nostra pagina Facebook, non può essere diffusa.

Benissimo. Nel frattempo gli articoli di Repubblica – “Missile sulle bancarelle. Putin fa strage al mercato: 17 morti tra le macerie” (FOTO IN ALTO) – e quello di Open -“Strage in un mercato affollato in Ucraina, l’esplosione del missile russo tra i negozi: 16 morti, c’è anche un bambino – Il video” – restano ancora online e continuano a diffondere agli italiani una notizia smascherata come falsa perfino dall’organo di riferimento del potere statunitense, il New York Times.

Mentre il video meme è stata una boutade (magari di pessimo gusto e la portavoce del Cremlino avrebbe potuto evitare il commento), quella notizia falsa sul missile sul mercato in Donbass serviva ad alimentare la propaganda del regime di Kiev per portare la Nato nella guerra diretta contro Mosca. 

I censori del web non hanno nulla da dire alla redazione di Repubblica e a loro stessi?

Gli impavidi hanno dovuto, in extremis, aggiornare la lista, inserendo anche La 7 del loro fondatore-padrone, Enrico Mentana, che al video/boutade aveva creduto veramente. Il cortocircuito del debunking!

 

P.s. Noi de l’AntiDiplomatico abbiamo rilanciato ieri la boutade della portavoce Maria Zakharova su Facebook e non sul giornale. Lo reputiamo comunque un errore e ci scusiamo con i nostri lettori 

IMMIGRAZIONE, Daniel Korbaria: “Il governo Meloni fa la voce grossa con l’ultimo granello della filiera e dimentica i veri responsabili”

“Il problema dell’immigrazione fuori controllo in Europa si chiama Convenzione di Dublino. Qualsiasi persona che arriva in Italia dopo aver fatto le foto segnaletiche non può andare altrove. Chiunque arriva qui deve restare qui. E questa legge l’hanno firmata i governi italiani, ratificata dal governo Letta nel 2013 e l’Europa non ti permette di cambiarla.” Così a l’AntiDiplomatico lo scrittore eritreo Daniel Wedi Korbaria autore per LAD edizioni di “Inferno Immigrazione”

Tanti gli errori del governo Meloni che, a differenza di quando era all’opposizione ha smesso di puntare il dito contro i veri responsabili. “che sono Francia, Stati Uniti e gli stessi occidentali che qui si attivano con l’accoglienza oppure offrendo lavori che non si vogliono più fare. Stanno promuovendo la nuova forma di schiavitù”, sottolinea Korbaria che rimarca come le parole del premier sugli scafisti sono inutili e si scagliano contro “l’ultimo granello dell’ultima filiera dell’immigrazione”. 

“In Italia non si può risolvere la questione. Solo l’Africa al suo interno può risolvere il problema dell’immigrazione e per farlo il continente deve buttare fuori i veri responsabili. Quindi ben vengano questi golpe, questo rinascimento panafricano, con l’obiettivo di fare pulizia del neocolonialismo che è alla base anche del problema migratorio.”

INTERVISTA COMPLETA RISERVATA AI NOSTRI ABBONATI YOUTUBE

Overbooking: Antonio Milano

 

Un libro che canta: The Milman Parry Blues, di Antonio Milano

di

Gigi Spina

Potrei cominciare prendendo a prestito e adattando una frase di Lilian Terry, jazzista e divulgatrice di jazz scomparsa il 29 giugno a Nizza. La riporta Lorenza Cattadori, in un commosso ricordo su Musica Jazz di agosto 2023, p. 5: “Io non leggo con l’occhio del filologo recensore, io leggo con l’orecchio dell’appassionato di jazz” (la frase originale: «Io non ascolto con l’orecchio del critico. Io ascolto con l’orecchio della ragazza che ama il blues»).

Parlare del libro di Antonio Milano significa, infatti, eseguirlo di nuovo, quasi un’improvvisazione jazz, seguendo la linea armonica e riproponendolo con suoni di parole diversamente modulati.

Perché il libro è fatto così, dalla prima all’ultima pagina:

Va dunque letto ad alta voce (anche mentalmente), seguendo il filo di un canto corale a più voci, che si rincorrono in più lingue (sempre comprensibili anche perché spesso tradotte) con le cadenze di un blues. C’è un leader del canto, ma la voce narrante non è univoca; e c’è sempre un interlocutore che chiede, ribadisce, rafforza, varia secondo accostamenti di suoni e di parole, oppure fraintende provocando chiarimenti e risposte.

Conviene ascoltare (leggendone qualche passaggio) LeRoi Jones (poi rinominatosi Amiri Baraka, 1934-2014), nel suo storico saggio Black People. Negro Music in White America, New York 1963, tradotto da Claudia Gozzi per Einaudi nel 1968: Il popolo del blues. Sociologia dei negri americani attraverso l’evoluzione del jazz.

Il blues è il padre legittimo di tutto il jazz  […] è una musica nata in America, il prodotto dell’uomo nero in questo paese, nel senso che il blues non sarebbe mai esistito se i negri, da prigionieri africani, non si fossero trasformati in prigionieri americani […] Il blues rimase sempre espressione strettamente individualistica; c’erano canti che esaltavano le gesta di eroi, o di archetipi eroici, ma anche quando il blues moltiplicò i suoi temi, rimase sempre un canto che esaltava il protagonista-cantante.

E potrei continuare a frugare fra le pagine di LeRoi Jones, per convalidare il libro di Antonio Milano (1948-2018), che sono certo l’avesse letto e ne conservasse, insieme a tante altre letture e ascolti, i semi fecondi. Perché Antonio Milano, professore di Latino e Greco nel liceo di Lamezia Terme, sapeva fare interagire il suo lavoro di docente con i suoi interessi culturali poliedrici, cercando di trasmettere alle proprie classi la stessa capacità di aprire lo sguardo verso orizzonti diversi, di mescolare saperi e interessi, di non avere paura nell’osare linguaggi nuovi.

Tutto questo appare evidente dalle voci introduttive ed esplicative della genesi del libro, e dall’impegno collettivo per la sua pubblicazione: le voci del giornalista e scrittore Paolo Rumiz e di Marcello La Matina, professore di Semiotica e Filosofia del Linguaggio all’Università di Macerata, che ha sapientemente illustrato il tema conduttore del libro, grazie alla scuola di studi classici palermitani a cui si è formato.

In questa missione di docente e di sensibile uomo di cultura, è stata sempre vicina all’Autore, compagna di interessi e di vita, Rosa Tavella, che ha voluto, nella prefazione Per Antonio, lasciare un messaggio forte, direi alla cultura non solo italiana: «Leggetelo, recitatelo, ascoltatelo, scopritelo. È proprio un blues: malinconico, ironico, scanzonato, struggente e anche un po’ epico, come si addice a un vero poema omerico».

L’eroe eponimo del libro di Antonio Milano è, dunque, Milman Parry, lo studioso americano che ha dedicato la propria vita all’indagine (sul campo) del modo di fare poesia delle culture orali (o aurali). Se avete letto la pagina di sinistra dello specimen pubblicato qui sopra, sarà utile leggere anche la pagina precedente, che apre il libro:

Stamattina! Durante la lezione di Omero!

Sdeng!

What?

Uno dei soliti blues!

In testa?

Lezione e blues! In testa! Confusi! Mi son perso di nuovo Capitan!

Everything!

Sorrise Capitan!

Everything! Stands for something else!

 

Comincia così la cavalcata epico-musicale sulla vita di Milman Parry, raccontata, appunto, come una biografia in movimento rivissuta attraverso la voce di un ‘cantastorie’. Il ritmo del blues serve a spezzare in frames espressivi una possibile forma narrativa più compatta e continuativa, da vera biografia; ma anche a improvvisare, rompendo con continue intuizioni e innovazioni l’andatura misurata di un possibile romanzo storico. Nulla rimane inespresso, solo che la lettura (ripeto: preferibilmente ad alta voce) consente di aprire continue finestre, abbozzare nuovi personaggi, tornare avanti e indietro nel racconto, lasciando all’eroe eponimo la ‘gloria’ di un’impresa difficile ma al tempo stesso decisiva per la propria vita.

A differenza o forse come nel viaggio di Ulisse, le tappe della ricerca di Milman Parry prevedono incontri fortunati e disavventure, in giro per l’Europa dei primi del Novecento ma con la patria America costantemente nel cuore. E ricordiamo che durante il suo viaggio c’è una guerra in corso. Mondiale. La prima, o forse la seconda, se si pensa alla guerra di Troia.

Antonio Milano scrive come un Omero bluesman, e come Omero usa la diegesi mista – come ha insegnato Platone nella Politeia, molto prima che  Gérard Genette lo riproponesse nelle sue teorie del racconto -, mescolando la diegesi semplice, cioè il racconto in cui il poeta parla con la sua voce, e la diegesi con imitazione, quando il poeta fa parlare i personaggi, prestando loro la voce.

Ecco uno dei tanti possibili esempi, a p. 158:

Disse il generoso capitano di versi eroici Milman Parry!

E impugnato il gran bronzeo megafono del Général Jean-Baptiste Donatien Rochambeau! Recitò traducendo il grande eroe Milman Parry! Sonoro cantatore di storie! Quell’unica splendida frase! Traendola a suo genio da più d’un infedele traslatore!

BUT WHEN!

THE ROSY MESSENGER OF DAY!

STRIKES THE BLUE MOUNTAIN!

WITH HER GOLDEN RAY!

PUIS!

QUAND PARAÎTRA LA BELLE AURORE!

AUX DOIGTS DE ROSE!

ABER SOBALD NUN EOS!

MIT ROSENFINGERN EMPORSTRAHLT!

TOSTO CHE SCHIUDA DEL MATTIN LE PORTE!

IL ROSEO DITO DELLA BELLA AURORA!

E ASSIM!

QUE A DEDIRRÓSEA AURORA!

BRILHE!

Insomma!

WHEN THE FAIR DAWN!

WITH FINGER TIPS OF ROSES MAKES HEAVEN BRIGHT!

Così recitò il cantore di Oakland! Sonoro studioso di Omero! E quando l’ascoltò se ne compiacque anche la bella vapora! E quindi riprese confidenza con l’atlantiche onde la Rochambeau!

 

BENE!

BRAVO!

BRAVISSIMO!

Applaudirono e sorrisero! Proprio tutti! Tutti i trecentoventisei passeggeri della nave francese Général Rochambeau!

Questo!

Si sentì dire da tutti sulla bella nave!

Questo?

E chi è?

Si chiama Milman Parry.

Chi leggerà il libro troverà notizie biografiche, bibliografia essenziale e, alla fine del libro, Personaggi notevoli, per coprire tutte le curiosità che la storia comporta.

Il blues, infatti, è sempre una pagina di storia, così come storia vera – certo, con un punto di vista narrativo e sonoro – è la storia di Milman Parry che emerge dalle righe di Antonio Milano. Una storia che appassionerà non solo i docenti e i cultori di greco antico, ma anche tutti e tutte coloro che pensano che un prodotto poetico non sia un’esibizione di metrica o un’asettica struttura misurabile quasi geometricamente (efficace il dialogo riprodotto a p. 201, sulla domanda: Tutto questo! A che serve?), ma una voce del cuore e della mente che ha scelto una cadenza, un ritmo, per entrare in contatto con altri cuori e altre menti, anche a distanza di secoli. Per questo Milman Parry pensò di interpellare la poesia orale della Jugoslavia, i suoi cantori e gli esperti di oralità.

Con, alle sue spalle, la cultura anglosassone maturata nei secoli della ricezione dei classici greci e latini, come Antonio Milano genialmente propone, immaginando il giovane musicista statunitense, Elliot Cook Carter jr., fra gli studenti di Parry ad Harvard, improvvisare un intervento (p. 193). Sempre usando la diegesi mista:

Esordì il Giovine Carter!

FRIENDS!

OH FRIENDS!

HARVARDIANS!

Harvardians?

Crimsons! Harvardians! Countrymen!

Countrymen?

Lend me your ears!

Questo è più matto di Fitzgerald!

Pensò Harry Levin!

 

La storia di Parry procede attraverso continui cambi di scena, di protagonisti e di lingue, fra giochi di parole, allusioni e citazioni, come quella del Ciclope, il dramma satiresco di Euripide, ma nella traduzione in siciliano di Luigi Pirandello (p. 233) o dell’aggettivo incipitario dell’Odissea, polytropos, il marchio di Ulisse (p. 236), interpretato parodicamente con grande acume: «Dai molti attegiamenti! Un uomo mutevole! Incostante! Dai molti movimenti! UN POLIPACCIO! Un polipaccio? Quell’uom di multiforme ingegno un polipaccio?».

Così si riconosce (p. 240) un’allusione neanche tanto nascosta, ma costruita con finezza, a un famoso scrittore argentino, Osvaldo Soriano, a proposito del Filottete, messo in scena da Parry coi suoi studenti (attenzione: Filottete si esprime con cadenza toscana mista a francese maccheronico):

Vu he m’abbandonaste ostì! Vu! Vu he m’abbandonaste tristo e solitario! O me bischeraccio (final!)

Del resto, così come vengono applicate nuove formule simil-omeriche ai nuovi personaggi della storia di Parry (p. 336: «E torvo guardommi l’amico Il’ja Nikolaevič occhi russi più obliqui e argentati dicendo!»), così Antonio Milano può definire un valore fortemente ‘americano’, la libertà/freedom con un’amara invettiva gaberiana (L’America, in Libertà obbligatoria, 1976-77), in quanto valore rivendicato nello scontro serbo-croato dei primi decenni del Novecento (p. 357):

Libertà! Ognuno suona e canta sulla gusla come vuole! E tutti suonano e cantano! Come vuole libertà!

Il libro/spartito di Antonio Milano si conclude, naturalmente, con il nostos del protagonista, Milman Parry, un nostos metaletterario, perché composto come canto e inviato a Parry per lettera da Milovan Vojicić, un cantore registrato nella Milman Parry Collection of Oral Literature (p. 418):

ALLORA LASCIÒ LA NOSTRA TERRA

E DECISE DI ANDARE PIÙ LONTANO!

QUANDO IL PROFESSORE FU IN PARTENZA

PRESE POSTO SULLA NAVE SATURNIA!

LA SATURNIA VOLÒ ATTRAVERSO IL MARE

COME UN FALCONE PER LE VERDI COLLINE!

LÌ LA GLORIA ASPETTA IL PROFESSORE!

L’AMATA PATRIA AMERICA!

ADDIO PROFESSOR MILMAN!

POSSA TU VARCARE IL MARE AZZURRO E PROFONDO!

E GIUNGERE IN PATRIA!

ONORE ANCHE A CHI TI GENERÒ!

I canti generano canti, le voci altre voci. C’è sempre bisogno di una seconda voce. Nel blues come nella vita. Non c’è sempre qualcosa da dire a qualcuno? Non viene sempre voglia di parlare con qualcuno? Anche con uno qualsiasi. Una seconda persona. Un amico o un nemico. Uguale. Un duetto o un duello.

Ecco l’idea che ha mosso Antonio Milano a scrivere in blues. Sì, perché le parole in corsivo sono, appena modificate, quelle che troverete a p. 398, verso la fine del libro.

Come lettore appassionato – spero di averlo testimoniato – mi rimane il rimpianto di non aver potuto conoscere personalmente Antonio Milano, magari per intrecciare la mia voce con la sua, in un indimenticabile duetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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“Overbooking: Antonio Milano” è stato scritto da francesco forlani e pubblicato su NAZIONE INDIANA.

La fine di FICO, ovvero: dieci anni di negazione dell’evidenza

Ormai se lo aspettavano anche i sassi. L’unico dubbio era sui tempi dell’agonia terminale. Eppure, in meno di ventiquattr’ore, l’annuncio si è già trasformato in una notizia bomba: Oscar Natale Farinetti ha deciso di chiudere FICO, l’inquietante Fabbrica Italiana COntadina, figlia della sua Eataly e del «modello Expo 2015», nata sei anni fa nell’area dei […]

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“La fine di FICO, ovvero: dieci anni di negazione dell’evidenza” è stato scritto da Wu Ming e pubblicato su Giap.