Cerca Lavoro in Italia con Jooble

Internet offre numerose offerte di lavoro ma non è facile districarsi fra milioni di annunci, cercando qualità e aggiornamento e arrivando prima di altri prentendenti.

Il mercato del lavoro negli ultimi anni vede fra i lavori più richiesti quei ruoli che hanno a che fare con il digitale e la tecnologia.

Scopri le offerte migliori grazie a Jooble, il portale internazionale del lavoro che presenta opportunità di lavoro in Italia.

 




Cerca lavoro in Belgio con Emploify

Il terzo, il quarto, il quinto…

http://sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc4/hs945.snc4/73882_1320211264722_1814012443_625502_56649_n.jpg

Sentiamo sentiamo quale novità l’anima, la parola, oggi m’ispirano “Son depresso, non riesco a dormire, il lavoro non mi da pace, me lo sogno di notte, è uno stress continuo, non ne posso più” “Come mai? Cosa c’è che non va? Non ci credo tanto a questa faccenda del lavoro…” “E’ vero, so che con te il palco dura poco, casca assai presto…la moglie ed io…” “Già…così è. Quando ci son problemi personali si dà spesso la colpa al lavoro. E pensi che cambiando lavoro la tua infelicità si risolverebbe? Se così fosse…prova a cambiarlo” “No, mi piace il lavoro che ho” “E allora? Allora niente, dovrei trovare un’amica che stesse con me, per consolarmi, per riversare su di lei tutto il mio essere” “Ah beh…se la trovi…” “Già…ma duran poco queste storielle…” “E non ti sei mai chiesto come mai?” “E’ che si stufano…” “E te credo…impegnarsi in una storia di, chiamiamolo, amore, e sicuramente solo unilaterale, che non porta da nessuna parte, convienine, non è proprio il massimo che si possa pretendere dalla vita. A meno che non t’imbatti in una donna che è nelle tue stesse condizioni, depressa, e con marito, e vi fate compagnia, quel tanto che basta per sentirvi utili una all’altro. Fino a che dura…dura” “Ma io non la vorrei una donna così…a me piacciono le persone vitali, solari” “Cerca, cerca…chi cerca trova. E tu in cambio cosa le daresti a una donna come quelle che piacciono a te? La tua presenza quando vuoi, come puoi? E non mi disturbare….?!? Non hai mai pensato a separarti?” “No, sto bene con mia moglie…” “Ah benissimo! Stacci allora…”
Ancora devo sentire queste storielle, c’è ancora chi ha voglia di prendersi in giro e far del male a se stesso/a e ad altri. Ma che vogliono dalla vita le persone così…insicure a voler dir poco…ipocrite a voler dir tanto. A me spiace profondamente dir questo, ma è quello che penso e nulla cambierebbe se non lo dicessi, non per me, non per loro, in quanto tutto il mio essere esprime chiaramente ciò che penso…scusatemi tanto: ho tolto il bavaglio, ultimamente più che mai e quello che devo dire lo dico…pardon per le ferite, non me ne vogliate. Parlo a quelle persone che fanno il doppio gioco da sempre, da sempre insoddisfatte del loro rapporto coniugale, da sempre bugiardi…si, bugiardi…ci sono forse altre parole? Capisco il periodo dell’innamoramento con un’altra persona, devi avere anche il tempo per rendertene conto diamine e potrebbe anche andare male con quell’altra persona, in cui il doppio gioco è per forza di cose un dato di fatto…ma poi…come fai ad avere il coraggio di guardare negli occhi il marito/moglie o l’amante se da tutta una vita ti comporti così? Come si fa? I sensi di colpa probabimente esistono se qualcosa si prova verso l’altro…
Mi dicevano che i casi di analisi con persone che conducono una doppia vita aumentano…non è questione di falso moralismo…è questione di correttezza, di rispetto…le parti interessate lo sapessero sarebbe diverso…ma, almeno nella maggioranza dei casi dubito sia così…è questione che non si vive più liberi…si ha sempre paura, paura di venire scoperti e di dover affrontare il tutto e già la paura di dover affrontare il tutto mi da’ fastidio solo a pronunciarla. Ma cosa credete che gli altri non abbiano paure? Le affrontano, semplicemente le affrontano, cercando di risolvere i loro problemi in nome del viver bene, del loro vivere bene. Mi auguro che il cielo mi illumini dovessi trovarmi in situazioni del genere, ma m’illumini prima che accadano…

http://sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc4/hs945.snc4/73882_1320211304723_1814012443_625503_7241630_n.jpg

Doriana Puglisi

Bologna:il lavoro si estrae alla lotteria!

in attesa di un lavoro

Una volta in una paese quale la Repubblica Italiana vi era una Carta Costituzionale ove si leggeva che L’Italia era una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, che La Repubblica riconosceva a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuoveva le condizioni che rendevano effettivo questo diritto, ma anche che l’iniziativa economica privata era libera e non poteva svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

Dico questo perchè ho la netta sensazione che la nostra Carta Costituzionale sarà destinata a divenire un libro di favole, raccontanta ai bambini prima di accompagnarli nel mondo dei sogni, ove forse sogneranno proprio l’esercizio di quei diritti scritti nella Costituzione Italiana.

Perchè dico ciò?

Mi è stato segnalato questo evento che si svolgerà nella serata del 4 novembre in Bologna.

In un momento in cui le aziende chiudono, mettono in cassa integrazione, licenziano, ci sono imprenditori che invece continuano a sognare e a mettere in atto i loro sogni. Il 4 novembre 2010 alle ore 20.00 assisterete all’estrazione del CONCORSO più STRAORDINARIO e D‚ÄôATTUALITà che si potesse ideare: “VINCI UN POSTO DI LAVORO”.
La serata dell’estrazione si terrà al Centergross di Bologna sarà condotta dal mitico Red Ronnie e dalla Bellissima Elisa Gardini.
Ci saranno i candidati più motivati d’Italia. Vedremo chi davvero avrà la tenacia e la determinazione di trovare un lavoro. Sarà un ottima vetrina per farsi vedere da migliaia di imprenditori, in quanto la serata sarà trasmessa in streaming.
Il concorso ha come premio un contratto di minimo 18.000 euro per un anno. Il regolamento è stato approvato dal ministero e quindi è tutto in regola.
Per coinvolgere tutta ITALIA sono state estratte 110 persone dalle 110 province Italiane e convocate per l‚Äôestrazione finale alla presenza di imprenditori e autorità.
Il Presidente YouCV
Davide Malaguti

http://www.youcv.eu/PublicationDetails.aspx?idPublication=83

Giusto per nota informativa al concorso hanno aderito 32.576 persone!

Quindi, 32.576 persone che suderanno, sogneranno, illuderanno il proprio essere per elemosinare un contratto di un solo anno di lavoro.
Tutto in regola si legge nel comunicato sopra riportato!
Il regolamento è stato approvato dal ministero quindi dove sarebbe il problema?
Persone che si mettono in vetrina, “sarà un ottima vetrina per farsi vedere da migliaia di imprenditori, in quanto la serata sarà trasmessa in streaming”, persone che confideranno nella sorte per avere l’affermazione di quel diritto che sarebbe il lavoro, e che sarebbe anche garantito nella nostra Costituzione, “vedremo chi davvero avrà la tenacia e la determinazione di trovare un lavoro”.

Ovviamente come ricordato in precedenza esiste l’articolo 41 della Costituzione che garantisce la libertà d’iniziativa economica, che il governo attuale vuole liberalizzare ancora di più, ma tale iniziativa economica non deve recare danno alla dignità umana. Certo la partecipazione a tale concorso è libera e volontaria, ma sperare nell’estrazione per avere un lavoro , anzi un contratto di lavoro per un solo anno, vi sembra normale?
Vi sembra rispettoso di quei valori sociali che caratterizzano il diritto del lavoro ove si esplica la dignità umana? Questo concorso ove si estrae un posto di lavoro, è a parer mio pericoloso ed uno schiaffo alla nostra Costituzione.

Mi viene da pensare la prossima estrazione sarà per il diritto allo sciopero? Per una retribuzione dignitosa? Per le ferie?

Invito tutte e tutti a riflettere ed a non sottovalutare la portata sociale di questa strana anomala ma forse poi non tanto anomala inziativa.

Un bambino semplice

Dove sono finiti i bambini?
Quelli che andavano a scuola al mattino, quelli che i genitori li andavano a prendere all’uscita di scuola e si andava a pranzo, ogni tanto a mangiare la pizza o un panino veloce ma quasi sempre a casa propria, e che nel pomeriggio facevano prima i compiti e poi si poteva giocare, dove sono finiti?
Ci sono ancora, eccome! Fortunatamente ci sono ancora anche se un po‚Äô acciaccati dalle novità evolutive di questo mondo e dalla moda. Si perché alcuni di loro guardano i propri simili in tv e rimangono perplessi, si chiedono come mai loro devono studiare e fare una vita ‚Äúnormale‚Äù quando nel piccolo schermo vedono alcuni compagni che fanno le pubblicità o che addirittura cantano e vengono osannati come fossero navigate star.
Quanto c‚Äôè di vantaggioso e ottimale dietro la presentazione ‚Äúoscena‚Äù di bambini che vengono dati in pasto ai telespettatori così come si “donavano” i cristiani in pasto ai leoni nelle grandi arene?
‚ÄúChe schifo‚Äù dico io. Ma sarò l‚Äôunico a pensarla così?
Ho sempre odiato la mercificazione dei bambini sotto ogni forma, non a caso già dall‚Äôetà di 4 anni e mezzo gridai davanti alla commissione dello zecchino d‚Äôoro: ‚Äúper questi signori non canto perché non li conosco‚Äù aggiungendo anche un‚Äôaltra piccola frase che è meglio non dire.
Personalmente non mi sembra ‚Äúnaturale‚Äù che i bambini vengano ‚Äúutilizzati‚Äù per scopi commerciali. Né quando vengono buttati davanti ad una telecamera per fare un spot pubblicitario né tanto meno quando diventano protagonisti inconsapevoli di programmi dove devono cantare brani di altrettanti interpreti famosi, entrando già in tenera età in una competizione assurda, subdola e che non gli appartiene.
Probabilmente la storia di Nikka Costa, (figlia del celebre e compianto produttore discografico Don Costa) che da bambina prodigio è stata scaraventata in un mondo terribile che l‚Äôha divorata in ogni senso, e che non guarda in faccia a nessuno pur di fare soldi, non ha insegnato nulla. Non solo, ma come sempre vige il menefreghismo mescolato con il narcisismo e il meismo, il volere apparire sempre belli e bravi e primeggiare ad ogni costo per raggiungere sogni effimeri. Colpevoli di questo sono i genitori nel 99% dei casi. Ovviamente parliamo di genitori di merda eh, anche qui nel 99% dei casi.
Non lo scopro io e non è una novità che dietro le quinte del mondo dello spettacolo vi sono tutte le peggio cose del sistema, è un mondo a parte e non lascia possibilità di pentimento, una volta nel vortice non se ne esce più, o perlomeno non se ne esce più dall‚Äôessere ‚Äúnormali‚Äù.
Non molto tempo fa per un genitore era motivo di orgoglio e di vanto se il proprio figlio riusciva negli studi e di conseguenza nel lavoro, è anche vero che il lavoro scarseggia parecchio mentre di mignotte e rimbambiti c’è sempre bisogno. E’ un mercato florido che non conosce crisi.
Si dovrebbero fare solo ed esclusivamente programmi musicali con adulti, cabaret, programmi di politica e di informazione, di denuncia, film e cartoni animati, ma lasciamo stare i bambini, lasciamoli vivere, lasciamoli fare una vita da bambino semplice, senza stellette e gradi sulle spalline e senza medaglie, avranno tutto il tempo di combattere quando saranno adulti, ma solo se li facciamo diventare adulti mentre possono e devono guardare il mondo con occhi da bambino, costruendosi la propria personalità e carattere giorno dopo giorno, giocando e piangendo per cose che appartengono ai sogni e desideri e amarezze che attraversano ognuno in base all‚Äôetà. Stupidaggini per noi, ma problemi veri per loro, e a volte insormontabili, per i quali hanno bisogno di aiuto e di rispetto.
Ecco, poi però abbiamo il coraggio di scandalizzarci quando sentiamo parlare del dilagare di piaghe orribili come la pedofilia, quando vediamo e leggiamo di adulti che senza ritegno e vergogna alcuna si lanciano addosso a minorenni come se l‚Äôetà non contasse più, perché in questa lurida società abbiamo ‚Äúlivellato‚Äù ogni credo, abbiamo gettato acido muriatico su ogni censura tranne quelle che dovrebbero fare riflettere.
Per forza succedono porcherie inimmaginabili, i bambini vengono rapiti dalla loro vita privata e portati sul palcoscenico degli orrori, e le menti malate (troppe ormai) non li vedono più per quello che sono, bambini, ma li catalogano così come una macchina, un divano, un quadro, un vestito, oggetti usa e getta.
Siamo una società finita, morta, all‚Äôinterno di una cattedrale spoglia di immagini, la quale per riempire gli immensi spazi vuoti non calcola più i confini tra ciò che è lecito e ciò che è idolatria, e ogni giorno sempre più si sventra il canone del buon senso che per secoli ha tenuto in piedi l‚Äôunione dei popoli, la famiglia.
Se sei un genitore, non chiedere a tuo figlio cosa vorrà fare da grande, aiutalo solo a diventarlo.
Se sei un bambino, prendi per mano i tuoi genitori e digli: “mi piacerebbe essere un bambino, un bambino semplice”.

Asini si nasce… O si diventa

http://sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc4/hs757.snc4/65765_1304244345559_1814012443_600593_1980729_n.jpg

foto da La Fabrica Teatro

Ero talmente contenta all’uscita del primo libro che, dopo un anno di pensamenti e ripensamenti – mi pareva che con la sua pubblicazione tutti sarebbero riusciti a leggermi dentro e quindi di essere più vulnerabile – ero talmente contenta di avercela fatta che mi sembrava doveroso regalare alcune copie ai miei ideali, diciamo così, o almeno all’idea che avevo, o mi ero fatta, di loro.

Una bella mattina presi contatto, quindi, con un negozio equo e solidale: una bottega di quelle tutte carine, dove ci sono esposti i cesti, i foulards, maglioncini e golf vari, candele, bigiotteria di tanti tipi e tutto il resto che rappresenta la scelta che quel dato gestore, associazione per quel che risulta nel mio vivere nella realtà locale, sceglie o ha la possibilità di scegliere. Questo negozio, nel nostro capoluogo, non aveva, attualmente non ho notizia, orario di negozio tradizionali, ma determinate ore in determinate fasce della giornata: ciò non era compatibile col lavoro che svolgevo che mi vedeva impegnata soprattutto in quei momenti d’apertura del negozio equo e solidale. Dopo vari tentativi riuscii a parlare al telefono con una donna che mi spiegò per filo e per segno orari di apertura e quant’altro e, vista la mia difficoltà a raggiungere il negozio nelle ore di apertura, m’indicò un bar lì vicino dove poter lasciare i libri. Tra noi mai parlammo di prezzo, di percentuale e tutto il resto che concerne una vendita di libri o di qualsiasi altro prodotto. Metteremo subito i libri sul banco per la vendita‚ mi disse la signora al telefono.

Mi direte: ma questa va in giro a raccontare gli affari suoi – che pettegola! – Rispondo subito che non è raccontare gli affari miei che m’interessa, nel senso che non li racconto tanto per farli sapere, ma perché credo fermamente che la storia la facciamo anche noi e non sempre bisogna guardare gli altri, anche se, lo ammetto, è molto più comodo farlo, dall’alto del nostro pulpito. Perché, che noi lo vogliamo o no, il nostro pulpito ce l’abbiamo tutti: spero solo che il mio, in scala, sia posto nel gradino più basso.

Chiaramente su tutto quello che riguarda vendite/donazioni esiste una piccola carta che si chiama bolla d’accompagnamento che deve, appunto, viaggiare insieme alle merci una volta che le sposti dal tuo, chiamiamolo così, deposito a un altro, o che comunque le consegni al destinatario. E io questa bolla la compilai e la consegnai, come d’accordo, al signore del bar insieme ai libri.

Dopo un bel po’ di mesi, cinque o sei – non ricordo bene, approfittando del periodo di ferie dal lavoro, trovai il tempo per andare a sentire circa i libri, comperare, questa erano le mie intenzioni oltre che quella di associarmi al gruppo che gestiva il locale, un maglione nel negozio equo e solidale. La commessa, un membro dell’associazione suppongo, mi salutò con fare piuttosto sbrigativo e quasi seccato, per quello che ne sapeva lei rappresentavo un potenziale qualunque cliente, e le chiesi subito dei libri. Scocciatissima prese subito una busta di plastica da sotto il banco (ma non eravamo in uno di quei negozi dove si usano solo buste di carta?) e mi ridiede indietro libri e bolla assalendomi con malagrazia, gridando quasi, con fare concitato, dicendomi che lei non vendeva libri di non associati, che lei voleva solo libri di un certo tipo, con temi sulla pace, sulla guerra, sugli esili…Mi permisi di dire qualcosa come: ma secondo te l’amore universale, la natura, che narro in questi libri non sono argomenti validi? Silenzio dall’altra parte.  – E poi non vendo roba dei non associati – continuò alzando ancora di più il suo tono di voce.  Bene‚ risposi prendendo il sacchetto coi libri ‚ Ero venuta a vedere se avete venduto qualche libro‚ – Ti ho già detto che non voglio libri senza un tema ben preciso e poi ti ripeto che non posso vendere prodotti che non siano dei nostri associati! Ora la sua voce aveva uno stridore che i miei timpani non gradivano affatto. Mi avviai verso la porta d’ingresso, sempre con la mia busta in mano e con l’altra sulla maniglia; non so come feci a mantenermi calma. Le dissi: – Veramente era mia intenzione regalarvi questi libri e l’incasso sarebbe stato per l’associazione‚ Diventò pallida come un cencio, poi rossa come un peperone, smorzò subito il tono di voce e meno aggressivamente mi rispose: – Questo cambia tutto. Ma la mia mano non si fermò su quella maniglia: andai fuori a respirare un po’ d’aria pura…

Equo e solidale??? Mi trovavo molto meglio a trattare con i responsabili dei supermercati: davvero!

Sarà stato l’episodio di una persona aggressiva non lo metto in dubbio, ma ogni tanto affiora alla mente quando vedo un negozio del genere.

Per non parlare poi del caffè equo solidale…altra storia…altro regalo…

Una mia vicina di casa era la mia interlocutrice preferita sugli usi e costumi di una volta, sono un’appassionata in questo senso, e un pomeriggio in cui andai a trovarla uno dei suoi fratelli mi mostrò qualche copia dell’Asino‚ da sfogliare. Mi raccontò che durante il periodo fascista nascondeva questi giornali in una feritoia nascosta ricavata in un muro portante della casa, dietro a un mobile… Ne rimasi sconvolta, per quanto riguarda l’azione del nascosto, meravigliata per i contenuti del giornale che sebben di così tanti anni prima fossero attuali come non mai…

Dei miei vecchi vicini di casa adesso non è rimasto più nessuno, qualche nipote arriva saltuariamente ad occupare la vecchia casa, io non ho più vent’anni, ho traslocato e quella famiglia di anarchici di una volta non c’è più.

No, non sono una nostalgica che pensa al tempo che fu: sto sto solo scavando nella mia memoria per fissarla su carta pensando al futuro, pensando al presente. Poi, tra un attimo, richiuderò la cartella per aprirla la prossima volta.

Chi mai avrebbe potuto dirlo che un giorno sarei stata in grado di scrivere qualcosa quasi sdraiata a letto, collegata da un piccolo pc e una lucetta blu a una scatoletta bianca che è collegata a una spina e potenzialmente in grado di trasmettere in un battibaleno le mie quattro righe a tutto il mondo? Che bello! Queste cose mi procurano sempre meraviglia…sempre!

Ringrazio vivamente chi mi fa avere musiche, video e quant’altro per far sì che il cervello si stimoli:)

Doriana Puglisi

Ricostruzioni di Morte in Democrazia

http://bp0.blogger.com/_9427QG77Dpo/SE8AK1ZEtKI/AAAAAAAAAt8/VPph5-Cglfs/s400/giIPRI00010120080504.jpg

12 ottobre del 1492:¬† il Mistero Sacro della Scoperta di Colombo si¬† infittisce nel bosco della Democrazia. E’ accaduto nei pressi di Cosenza, a San Marco Argentano, che un operaio¬†¬† di 24 anni sia¬† morto in un incidente sul lavoro. E’ un’azienda per la commercializzazione di prodotti agricoli, per la quale le sue mansioni consistevano di stare l’11 ottobre 2010, “alla guida di un muletto che, per cause ancora in corso di accertamento, si 謆 ribaltato schiacciandolo. L’operaio 謆 morto all’istante. Sul luogo dell’incidente sono intervenuti i carabinieri, che hanno avviato le indagini per ricostruire la dinamica dell’accaduto.”

Sarebbe interessante ricostruire anche la storia e il tracciato,¬† per terra mare e cielo, di certi bombardieri che se sono senza bombe, che ci stanno a fare in Afghanistan? La risposta forse ce la fornirଆ il Capo dello Stato del Vaticano che¬† ha distribuito lo strumento del Lavoro…cristiano, in ben 40 pagine di¬† lavoro durissimo, onde aprire il Si No Do nulla sul Medio Oriente,¬† per¬† garantire e ottenere il controllo internazionale¬† ai Luoghi di culto, congiuntamente alla pace e alla giustizia, che non mancano in Occidente: bomba o non bomba tutte le strade portano a Roma.

“Borhanuddin Rabbani, ex presidente ed ex signore della guerra- ricostruito -è stato nominato ieri a capo dell‚Äôorganismo afgano creato per cercare di riportare la pace nel Paese attraverso negoziati con gli insorti“¬† con exit buoni per i polli da arrostire. I muletti riprendono il cammino dell’Urna.¬† Amen e tanti funerali senza stato e sapere chi è stato a ridurci così e dove andranno a finire i palloncini…la Democrazia festeggia saluta e se ne va, ad esportare i suoi doni benedetti.

Doriana Goracci

http://www.uffa.it/uploads/muletto.jpgn3qlSN.jpg

Assieme ai Nonni

http://sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc4/hs270.snc4/39830_149003605113917_130527190294892_456490_3504682_n.jpg

Comincia la giornata lavorativa, la mia giornata lavorativa: di essa sono soddisfatta, tanto mi dà, ricevo sempre più di quello che do’. Una giornata assieme a diverse angolature, guardate sempre dal punto di vista della persona. Una fetta: il nostro passato nella veste del presente. Un’altra fetta: il nostro presente rapportato con colleghi, doveri, diritti e compagnia. Una fetta ancora: il futuro, pensando a ciò che di me sarà, se sarà, di noi tutti. Un lavoro in mezzo alla gente quindi, come gli altri lavori svolti nella mia vita, sempre in mezzo agli altri. Un lavoro ricco di rapporti umani, la mia socialità soddisfatta, il mio senso d’altruismo soddisfatto. E non parlatemi dell’altruismo come di quel sentimento che soddisfa l’individuo per egoismo proprio…quello a cui non credo non lo faccio…alla faccia dell’altruismo…di queste storie non m’importa proprio un bel nulla: se provo piacere a compiere qualcosa accetto anche l’altra faccia della medaglia, se no puoi farmi lo scalpo ma non cedo – che caratteraccio mi ritrovo, invece che darmi una calmata con l’età peggioro. Bando alle ciance…ritorno in tema.

Qualche anno fa, dopo il mio anno sabbatico di riposo da un lavoro che mi aveva lasciato sfinita, avevo deciso di esaudire un desiderio che portavo nel cuore da infiniti anni: missionaria laica in Africa, che poi trasformai in Brasile vista la possibilità che intravidi di recarmi là tramite la conoscenza diretta di una comunità da parte di un parroco ‚Äúumano‚Äù che mi stava simpatico che lì c’era stato per vent’anni e il cui racconto del vissuto della comunità stessa m’appassionò. Ecco, tutto cominciò così e questa mia voglia sembrava dovesse andare senz’altro in porto…ormai riposata dall’anno appena trascorso che era stato praticamente d’ozio mi tornava la voglia di darmi da fare, di lavorare, di crearmi un mezzo di sostentamento. Preparai il tutto: contatti con la comunità in questione, nuovo passaporto, persino la valigia…

Quella mattina ero al computer per prenotare un volo di sola andata per Recife quando il cellulare si mise a suonare: era un uomo che avevo contattato per un lavoro, più che altro per scrupolo di coscienza verso i miei figli che probabilmente avrei rivisto, vista la lontananza che mi accingevo a porre tra di noi, per poche altre volte nella vita, responsabile delle assunzioni per una struttura residenziale per anziani. Il signore all’altro capo del telefono mi offriva un lavoro temporaneo. Il mio pensiero corse in maniera vorticosa verso un ci provo, non è lontano dal mio desiderio, se ho voglia di rendermi utile in questo senso lo potrei fare anche qui, a casa mia. Ci provo ‚Äì gli dissi subito ‚Äì grazie.

Dopo qualche giorno, espletate le pratiche burocratiche, cominciai a lavorare in una casa di riposo per un periodo, poi cambiai luogo di lavoro, ma sempre in una struttura simile e…tornai a scuola per un corso accelerato, acceleratissimo direi viste la buona quantità e altrettanto buona qualità dell’insegnamento, per un titolo di studio che mi permise di aver la possibilità di continuare a svolgere questo tipo di lavoro che mi aveva appassionato da subito e che mi permise di soddisfare quel senso di ‚Äúmissione‚Äù che dentro mi porto.

Lavoro in una casa di riposo quindi. Qui gli ospiti, utenti, chiamateli come volete, li chiamiamo affettuosamente nonni e affettuosamente li accudiamo, curiamo, li aiutiamo a vivere insomma cercando di lenire in qualche modo la lontananza dai propri cari, da casa propria, cercando di render loro serena la permanenza in un luogo che condividono con propri simili, di farli sentire a proprio agio.

A me da’ molta soddisfazione questo tipo di lavoro: coi nonni ci sto proprio bene, ho riscoperto in me una pazienza eterna, mi danno molto di più di quello che ricevono, così a me sembra. A volte penso a queste creature indifese, la maggior parte è così, che si abbandonano a noi, con fiducia, a noi che, al principio almeno, non conoscono…loro son così…si fidano, come i bambini. E come i bambini ti offrono i loro doni: chi un sorriso, chi un grazie, chi una caramella, chi la pesca che non ha mangiato a pranzo, chi un giornale che ha letto e riletto…

Son belli i nonni! A volte osservo le loro rughe di saggezza, con tono pacato mi raccontano di una volta, chiedono di casa mia, i più attenti si ricordano il mio nome, gli altri lo storpiano, ma il risultato è sempre lo stesso…la tenerezza m’invade e qualche volta resto incantata a studiare le loro reazioni, le loro discussioni che s’accendono sulle piccole azioni quotidiane della vita, l’indicarmi il nuovo fiore di carta costruito il giorno prima.

Avevo il turno di notte quella notte e una signora arrivata da poco in struttura suonò il campanello e quando arrivai al suo letto mi sentii un: – Eccola, qui arriva il sole anche di notte! Son queste per me le soddisfazioni della vita, lasciatemelo dire, queste son le cose che mi fanno toccare il cielo con un dito…la semplicità fatta parola, la parola fatta semplicità. Da quel giorno ci chiamiamo Sole tra noi: per lei sono Sole, per me è Sole.

Sai ‚Äì le dissi dopo qualche mese da quella prima volta temendo che lei prendesse male la cosa ‚Äì che il mio cane si chiama Sole? E’ una femmina ma mi è piaciuto chiamarla così. Ah si? – fece ‚Äì che bello! Me la porti che voglio conoscerla? E un pomeriggio presentai Sole all’intera comunità: nessuno dei nonni ebbe paura, nessuno! Eppure Sole non è quello che si dice un cane di taglia piccola: è un lupo italiano e ha le fattezze miste tra pastore tedesco e lupo. Quasi tutti m’invitarono ad andar vicino e accarezzando il cane le e mi sorrisero, molti mi chiesero delle sue abitudini e mi dissero di riportarla. E alcuni di loro mi domandano spesso cosa faccia il cane, se non si senta sola quando non ci sono…

Chiaramente non ci sono solo episodi solari: si vede anche la sofferenza nelle strutture di questo tipo, a giorni si può tagliarla col coltello…e mi reputo fortunata a star bene…niente è mio diritto, non parlo nel senso puramente giuridico del termine, se non ricercare la serenità che comunque devo conquistarmi, sono io che devo arrivarci, nonostante la vita, nonostante la sofferenza che attraversiamo nell’arco di questa grande momento che è la vita…e a volte costa sangue vivere, vivere per come credi sia bene il tuo vivere.

Come si fa a non essere grati all’universo per queste piccole grandi cose che ti offre? Mi chiedo come si faccia. Forse sono io che mi ‚Äúaccontento‚Äù, forse sono io che non m’interesso più di tanto alla rincorsa verso l’avere ad ogni costo…eppure c’è stato un tempo…il tempo della corsa…ed ero sempre scontenta…sempre mi mancava qualcosa. Eppure c’è sempre stato il cielo. C’è sempre stato il mare. C’è sempre stato il vento. C’è sempre stata la neve. C’è sempre stato un nonno pronto a donarti il suo sorriso: magari anche senza denti, ma ti ha sorriso…e in quell’istante ti ha donato il tuo momento felice. Anche questa è vita, anche questo è amore…

Continuano i licenziamenti dei marittimi italiani

 

Potrebbe sembrare assurdo, ma la piaga del licenziamento dei marittimi, iniziata negli anni ottanta, continua ancora oggi pur in presenza di un crew shortage (carenza di personale) mondiale.
Mentre gli armatori, attraverso i media, dichiarano di non riuscire a trovare marittimi italiani, dai marittimi stessi giungono notizie di continui licenziamenti.

Su una pagina di wikipedia, ultimamente sostituita, leggiamo: ‚ÄúPer tutti gli anni ‚Äô80 e buona parte degli anni ‚Äô90 l‚Äôarmamento italiano ha puntato, per motivi essenzialmente economici, all‚Äôutilizzo di forza lavoro straniera a bordo delle proprie navi mercantili‚Ķ‚Äù E questo è parzialmente confermato anche da uno studio della Southampton Solent University, in cui si afferma: ‚ÄúBetween 1980 and 1995 the Italian shipping companies did not recruit any cadets‚Äú; tradotto significa: tra il 1980 e il 1995 le compagnie di navigazione italiane non assunsero alcun allievo ufficiale.

Da un ‘indagine ISFORT/Federazione del mare del 2007 risulta che in quell’anno i marittimi stranieri imbarcati sulla flotta italiana erano circa 12.678 (in prevalenza extracomunitari ndr) e sembra che stiano continuando ad aumentare. Ovviamente, molti di questi, essendo non residenti non pagano le tasse in Italia.

Il sindacato dei marittimi SDM ultimamente ha comunicato quanto segue: ‚ÄúRiaprendo il Sindacato dopo la brevissima pausa estiva, vediamo che le mail dei colleghi che stanno rimanendo a casa aumentano sempre di più. Molti ci mandano per conoscenza mail, a loro inviate da agenzie marittime, dove gli viene spiegato in modo diplomatico che l‚Äôarmamento impiegherà sempre meno personale italiano. Gli dicono che gli si chiede personale extracomunitario, soprattutto filippino.‚Äú

Mentre gli armatori ricevono agevolazioni continue dallo Stato, tra cui quelle previste dalla tonnage tax, dal registro internazionale etc., questo continuare ad imbarcare marittimi extraconunitari sulla flotta italiana significa: posti di lavoro in meno per gli italiani, aumento di famiglie italiane che versano in condizioni disagiate, tasse (irpef) non versate (per i marittimi extracomunitari) che probabilmente andranno a pesare sul contribuente italiano e capitali che vanno all’estero sotto la voce stipendi.
Ôªø
Dal blog: La voce dei Marinai.

Bonanni (cisl): finche’ c’e’ crisi si scioperi solo di sabato o di sera (!)


Creative Commons License photo credit: quatar

Raffaele Bonanni o il fumogeno gli ha dato alla testa o ancora non ha capito che è un sindacalista.

Leggete il comunicato Adnkronos.

(Adnkronos) – Finche’ perdurera’ una situazione di crisi via libera agli scioperi solo di sabato o di sera. A rilanciare la proposta il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. “Non faremo piu’ perdere soldi ai lavoratori”, spiega presentando la manifestazione sul fisco indetta assieme alla Uil per il 9 ottobre prossimo, sabato appunto. “Certo dipendera’ dalla gravita’ della situazione che ci troveremo davanti perche’ non si puo’ dire che aboliamo gli scioperi”, si affretta a spiegare ribadendo come la proposta, “una esercitazione dialettica”, serva essenzialmente “a differenziare il sindacato da chi proclama, in un momento di crisi, 11 scioperi di fila”, prosegue con un chiaro riferimento alla Fiom, le tute blu della Cgil. “Finche’ potremo lo faremo solo di sabato o di sera ma dipendera’ dalla situazione”, insiste.

Precario il lavoro, precario il reddito: precari gli acquisti

Perché si rende precario il lavoro se il reddito che ne deriva foraggia gli acquisti che consentono all‚Äôeconomia di crescere?
Oibò, perché si continua a ritenere che occorra dar premio di corposo profitto alle imprese per produrre, generare ricchezza e magari dare pure ristoro al bisogno dei Consumatori: che tenerezza!
Ma fatemi il piacere.
Rimettiamo le cose in ordine.
La regola aurea, che governa l‚Äôeconomia dei consumi, dice che occorre acquistare ben oltre il bisogno e consumare per smaltire il prodotto e far nuovamente produrre, per dare continuità al ciclo produttivo, sostanza alla crescita economica.
Appiccicata alla prima, la seconda regola dice che la crescita economica rende l’esercizio dell’acquisto una pratica indifferibile, indi per cui poscia, obbligato l’esercizio del consumo: un lavoro!
Et voilà la terza regola. Afferma: occorrono redditi adeguati per poter acquistare, quindi consumare, al fin di far crescere l‚Äôeconomia.
Se tanto mi dà tanto quel lavoro precario, ed i redditi insufficienti che ne derivano, impallano il meccanismo economico.
Si dirà: ma la precarietà è una delle forme della flessibilità di cui l‚Äôimpresa ha bisogno per essere competitiva sul costo del prodotto e vendere di più.
Già e quel prodotto, prodotto in più, con quali denari potrà essere acquistato?
E se non acquistato, chi vorrà nuovamente produrre?
Così si rompe il giocattolo!
Per salvare capra e cavoli non resta allora che remunerare il lavoro di consumazione che, ancorchè indifferibile, garantisce lo smaltimento di quanto prodotto e fa nuovamente produrre.
Chi paga?
Quelli che, approfittando dell’obbligo di consumazione dei coscritti, vedono ridotto il rischio d’impresa e garantiti gli utili.
Con quale moneta?
Ridotto il rischio di non smerciare il prodotto, si deve ridurre il profitto che remunera quel rischio: quelle moneta va redistribuita!
Onorevoli politici tocca a voi.
Questo è il vostro mestiere: datevi da fare, il tempo stringe.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

www.professionalconsumer.splinder.com
www.professioneconsumatore.org

Moderazione salariale: pi√π lavoro meno reddito?

tiny frog
Creative Commons License photo credit: kekremsi

Moderazione salariale e flessibilità del lavoro, recita la BCE nel bollettino mensile.
Dicono: ‚Äúesiste il rischio che la creazione di posti di lavoro risulti insufficiente a ridurre la disoccupazione per un periodo di tempo significativo se la moderazione della dinamica salariale non sarà sufficiente a stimolare l‚Äôofferta di lavoro.‚Äù
La Banca Centrale Europea sembra intendere che solo redditi moderati e flessibilità possono dar corso ad occasioni di occupazione. Si, insomma, chi deve produrre produrrà perchè ha un costo del lavoro al minimo e la flessibilità al massimo.
La regola: bassi redditi, gente disposta a tutto pur di lavorare; così si produce, si cresce.
Altro giro, altra corsa.
Draghi, governatore della Banca d‚ÄôItalia, intravvede: ‚Äúconsumi insufficienti ed investimenti deboli perché i redditi ristagnano e le prospettive di occupazione sono incerte‚Äù. Insomma, non si cresce.
La regola: occorrono redditi adeguati per far consumare quanto prodotto; così si cresce, si investe, si produce, si crea occupazione.
Ricapitolando: per la prima, si cresce se il costo e la flessibilità della forza lavoro rendono conveniente produrre; per il secondo si cresce se i redditi da lavoro sono sufficienti a smaltire quanto prodotto.
I banchieri europei chiedono che si produca anche se verranno a mancare i redditi adeguati per acquistare quanto prodotto; il banchiere italiano auspica redditi adeguati che faranno consumare ma appesantiranno il costo delle merci prodotte rendendole poco appetibili.
Fiuuuuu: contraddizioni.
Due ipotesi di scuola, due mezze verità.
Essipperchè nell‚Äôeconomia dei consumi – quel sistema circolare e continuo dello scambio offerta/domanda che genera ricchezza – produzione e consumo legati da un patto di necessità hanno l‚Äôobbligo, l‚Äôuno di sacrificare il reddito al costo del lavoro per rendere competitivo il prodotto; l‚Äôaltro disporre del reddito adeguato che consenta di acquistare quanto prodotto.
Per uscire dall‚Äôassillo occorre individuare il punto di equilibrio tra cotanto contrasto: si può contenere il costo del lavoro di produzione per mantenere i margini di utile e continuare a produrre; si deve retribuire altresì quel lavoro di consumazione che smaltisce e fa nuovamente produrre.
Il costo di questo equilibrio deve essere ascritto alla voce profitto dei bilanci aziendali.
Già, il profitto, quella forma di reddito che remunera le incertezze ed il rischio di impresa.
La pratica di consumazione retribuita, assume l‚Äôonere dello smaltimento del prodotto et voilà meno incertezze, meno rischio d‚Äôimpresa.
Essì, redistribuiti i rischi ed i carichi di lavoro, stessa sorte tocca ai redditi: un riequilibrio economico tra le parti, insomma. Tutto qui.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

www.professionalconsumer.splinder.com
www.professioneconsumatore.org

Si può uccidere e morire per un licenziamento?

La perdita del lavoro è una delle più gravi fonti di stress. Essa è un fattore così importante da minare alle fondamenta la nostra salute mentale. Non sono affermazioni gratuite ma dichiarazioni rilasciate, all’indomani della strage di Massarosa, ad un quotidiano romano da un eminente psichiatra e coordinatore scientifico dell’Università Cattolica di Roma.

Dice inoltre lo psichiatra occupazionale: “Un licenziamento influisce su più livelli simultaneamente. In modo diretto perché compromette la situazione economica di un individuo e in modo indiretto perché va a minare il ruolo sociale che una persona si è costruito con il proprio lavoro”.

Ma quanto può essere più devastante essere licenziati all’età di 51 anni dopo averne vissuti 13 a vendere e reclamizzare prodotti¬† della Gifas Electric tra il Trentino e il Friuli? Molti analisti e cronisti già tendono a dare una spiegazione di preesistente malattia mentale all’origine della decisione di Paolo Iacconi di uccidere i suoi ex datori di lavoro e di tentare di dare fuoco all’azienda per poi togliersi la vita. Alcuni quotidiani si soffermano sullo stato di depressione, precedente al licenziamento, che avrebbe diminuito il suo rendimento lavorativo (capacità di vendere prodotti) tanto da indurre l’azienda a sciogliere il rapporto di lavoro. Forse esiste un bisogno automatico e sistematico di categorizzare e stigmatizzare come morbosi eventi che fanno paura ma soprattutto esiste un grande bisogno di esorcizzare le colpe e le responsabilità di chi, struttura privata o pubblica, non ha saputo prendere in carico il dramma di un uomo profondamente ferito nell’anima, privato del lavoro e del reddito e lasciato solo.

Ci torna in mente un’altra tragedia consumatasi in Liguria nel novembre 2007. Paolo Manca di 45 anni si è impiccato nel garage sotto casa. Il suo corpo è stato rinvenuto esanime dal figlio diciottenne. Paolo, dopo tante peripezie per trovare un lavoro, si era adattato volentieri a fare l’operatore ecologico con un contratto a tempo determinato. Ma il mancato rinnovo del suo contratto a causa del cambio di appalto lo aveva psicologicamente distrutto. Proprio per capire quale sia la linea di confine tra gesti omicidi e suicidi e pre-esistente fragilità psichica è importante rievocare le parole dette su Paolo Manca dal sindaco del comune di Santo Stefano: “ci ha lasciati una persona buona, gentile, educata, dotata di un grande senso civico”.

Di Paolo Iacconi, autore della strage alla Gifas Electric, un suo collega dice  LEGGI TUTTO

Il buon uso del Potere nell’era del rischio…

Il titolo di questa riflessione prende spunto dall’ultimo libro di Salvatore Natoli intitolato “Il buon uso del mondo nell’età del rischio”. Natoli scrive che l’ideale sarebbe che tutti gli uomini potessero fare le cose per cui si divertono. “E ci sono quelli che ci riescono, ma a volte ciò significa rinuncia ad apparenti risultati di profitto”. Dice Natoli:

“servirebbe una politica sociale centrata sulle cosiddette opportunità, dove il lavoro non sia più inteso come “anima laborans”, cioè di salario per vivere meglio dove resta la dimensione servile, ma divenga possibilità soprattutto per i più giovani di esprimere la propria personalità”.

Intanto è fondamentale sentire la professione come una chiamata da parte degli altri perchè qualsiasi lavoro noi facciamo andiamo incontro all’esigenza di un altro. Nella tradizione cristiana in parte c’era. Non significa che io come individuo non possa trovare un lavoro a me più adeguato. Competitore o aggressore dell’altro se non si vive il lavoro, qualunque lavoro, come servizio.

Se si ragiona sempre in termini di bisogni si è sempre in una dimensione di antagonismo mai come relazione. Trovare la gioia nell’opera perchè quando si moltiplica la dimensione della fatica e si trova compensazione nel consumo si diventa schiavi.

Consumatore selettore che non decide il suo bene. Solo con l’ascesi, sottraendosi al meccanismo, si gode di più il mondo e i suoi oggetti. Il gusto dei beni immateriali, dove il godimento suppone la formazione e la distanza. Distacco, quindi, per valutare ciò che vale.

Le buone intuizioni filosofiche di Natoli sottendono alla ottimistica possibilità di cambiamento sociale attraverso l’individuo e il soggettivismo. E’ questa una lettura interpretativa che parte dagli anni 60, ai tempi di Don Milani, del dibattito sull’eutanasia, dei diritti civili individuali, per arrivare ai giorni nostri con l’emblema iconico di Berlusconi.

Ma oggi anche nel Censis, celebre istituto di ricerca socio-economica, barcolla la convinzione che il futuro del mondo sia ancora orientato dal soggettivismo e ci si pone il problema di trovare nuove chiavi di lettura dei fenomeni sociali oggetto di studio. Secondo De Rita, uno dei massimi esponenti del Censis, l’era del soggettivismo, della libertà di essere se stessi, potrebbe…
LEGGI TUTTO