Eolico: cui prodest? (Addendum a “I Golgota”).

(…il post precedente, in cui mettevo a confronto due Golgota, l’originale, simbolo della redenzione dell’umanità dal male, e la sua parodia, simbolo della redenzione dell’umanità dal fossile, ha prodotto alcuni commenti interessanti, che ci avvicinano, ovviamente, al cui prodest. Perché un cui prodest, se sei stato scolarizzato nel XX secolo, sai che ci deve essere, e per trovarlo devi seguire i soldi…)

Enrico Pesce ha lasciato un nuovo commento sul tuo post “I Golgota”:

La questione delle pale eoliche mi inquieta da quando comparvero le prime a Collarmele, alla fine degli anni ’90. Quando ancora la follia green non era comparsa nell’orizzonte dei media, quei giganti sui crinali, visibilissimi dall’autostrada, deturparono da un giorno all’altro il paesaggio cui da sempre ero abituato. E vedendole quasi sempre immobili, solo qualcuna in lentissimo movimento, mi chiedevo già allora perché si fossero disturbati così i monti, per un risultato che sembrava risibile. Fu il primo impianto eolico dell’ENEL in Italia. Da allora si sono moltiplicate. Ci furono anche proteste, ma i soliti Don Chisciotte persero su tutta la linea.

Dalle analisi, un po’ datate, della Regione sembra che i miei dubbi fossero fondati. Quei primi impianti pesano molto paesaggisticamente e producono poco. Definiti obsoleti già dopo 10 anni, continuano però a essere bruttissimi come il primo giorno, testimoni di una transizione prematura e irragionevole.

Pubblicato da Enrico Pesce su Goofynomics il giorno 26 ago 2023, 21:56

Il documento, sì, è datato, ma tuttora interessante. Attirerei la vostra attenzione sulla Tabella 4.2:

A mero titolo di estemporaneo aggiornamento: nell’impianto di Tocco le pale nel frattempo sono passate da 2 ad almeno 5 (se non ricordo male: ci passo ogni volta ma preferisco guardare la strada, è anche più prudente…).

Viceversa, le cinque pale nel sito Palena-Sangro sono quelle, inattive e definite “archeologia industriale” da un mio amico sindaco della zona, ben visibili dalla cresta della Porrara, e sono le uniche a deturpare il Sangro-Aventino, grazie all’opposizione di un altro sindaco coraggioso che ho conosciuto e che non voglio nominare (perché non posso associarlo alla mia blasfemia, ovviamente). Va detto che come archeologia il Sangro-Aventino (l’altopiano fra Aventino a Nord e Sangro a Sud) offrirebbe di molto meglio:

e va anche detto che, purtroppo, se il Sangro-Aventino non è stato deturpato oltremodo, sono però stati devastati i suoi orizzonti meridionali, quelli del Trigno-Sinello.

(…incidentalmente: i Romani costruivano sopra i mille metri di altezza perché nonostante non avessero spazzaneve né abbigliamento tecnico non temevano il freddo per motivi che di quando in quando i media involontariamente spifferano, come in questo e in questo caso, conseguendo un fine che non è parte delle loro intenzioni terroristiche…)

Ma al netto di questi lievi anacronismi, la tabella è molto utile perché ci chiarisce che su 282 pale all’epoca installate, il 72% erano tedesche (Enercon e Gamesa) e il 9% danesi (Vestas). Avvertendovi che ho fatto i conti in fretta (magari verificateli), credo che si capisca sufficientemente bene perché mai dall’UE a trazione tedesca giungano così sollecite pressioni per sostituire la fede in Cristo con quella in Eolo.

San Bonifacio ha fatto, e l’UE disfa.

La storia non è rettilinea, ma quando si ripassa dal via si paga pegno…

(…p.s.: leggetevi questo…)

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“Eolico: cui prodest? (Addendum a “I Golgota”).” è stato scritto da Alberto Bagnai e pubblicato su Goofynomics.