Voi non siete cattivi…

 …ne sono certo (almeno per quanto concerne quelli di voi che conosco, o conoscevo). Sono assolutamente certo che certe cose non le fate con animus nocendi: anzi! Se vi comportate in un certo modo è, in tutta evidenza, perché pervasi dal sacro fuoco del fare qualcosa, del servire la causa, perché posseduti, inebriati dall’entusiasmo di avere compreso, e conseguentemente (?) di detenere la chiave di lettura che può aiutare gli altri a leggere il mondo nel modo giusto (?).

Questa chiave ha un nome che inizia per “v” e finisce per “erità”.

Ora, è vero che più di una volta mi è capitato di farvi notare che la verità non è una categoria politica (ad esempio qui, parlandovi del Partito Unico della Verità), così come non lo è l’onestà (cha cha cha), tema quest’ultimo che affrontammo a suo tempo (nel 2012). Quindi in teoria se molti di voi (quasi tutti) pensano di poter affrontare un ragionamento politico brandendo come una clava la Verità (che poi, in generale, sarebbe quello che pensano di aver capito leggendo me e qualcun altro), non dovrebbe essere colpa mia: io, che non funziona così, ve l’ho detto! Tuttavia, siccome in pratica è probabile che qualcuna delle mie considerazioni sfugga (ad esempio, qualcuno di voi potrebbe essersi perso il post sul Partito Unico della Verità), e d’altra parte è certo che fra guardare (come una mucca guarda un cartello stradale) e leggere una differenza c’è (e voi non sempre siete dalla parte giusta di questo spartiacque), poi capita che succedano incidenti, la cui conclusione, invariabilmente, è di far passare quello che da tredici anni sta cercando di aiutarvi a ragionare in modo critico (io, non so se ci avete fatto caso…) per uno che vi irretisce con teorie astruse, e voi, che, in fondo, non siete cattivi, per dei decerebrati adepti di una setta!

Potremmo per cortesia evitarlo?

Non che mi interessi quello che voi o altri pensino di me: non vorrei stucchevolmente tornare sul mio programmatico rifiuto del consenso, che comunque resta l’unica genuina garanzia per chi questo consenso decide di darmelo! Ma siccome voi non siete cattivi, mi dispiace che altri pensino male di voi. Per evitarlo, dovreste forse unire alcuni puntini che ho cercato di fornirvi nel corso del nostro comune cammino. Proviamo a farlo, o rifarlo, partendo da un esempio, questo:

Il tizio della Biblioteca d’Alessandria non so chi sia, anche se, secondo me, non lavora male, e a me piace seguirlo in alcuni dei suoi racconti (molto interessante, ad esempio, la serie sull’esperienza coloniale italiana). L’altro immagino che sia l’idolo di molti di voi (ne ho piena contezza solo nel caso di alcune amanti tradite!), non ho mai ascoltato un suo video, e mi sembra un perfetto interprete di quella che potremmo chiamare “la banalità del sensazionale”. Non è però su questa valutazione comparativa che vorrei soffermarmi, o per lo meno non ora. Le considerazioni che ho fatto non implicano che mi sembrino più plausibili le versioni dell’uno o dell’altro: sarebbe veramente idiota addentrarsi in questo ragionamento in un post che parte dal presupposto che alla fine la “Verità” (o forse dovremo chiamarla veritah) non sia una categoria politica! Alla fine, quello che vale per Report vale anche per Luogo comune (che intuisco essere il sito di Mazzucco).

Ciò su cui vorrei invece attirare la vostra attenzione sono i primissimi minuti del video del bibliotecario d’Alessandria, quelli in cui cataloga i commenti ricevuti sotto un suo altro video riguardante (a quanto capisco) l’Ucraina (e che mi interessa il giusto perché su questo, come su altri temi, la mia opinione me l’ero fatta una decina di anni fa e resta quella). Il povero bibliotecario, che sembra una persona civile, bersagliato da commenti di questo tenore: “Guarda questo video e troverai la verità!” giunge a una conclusione: “Io quel video non l’ho mai visto e non ho nessuna intenzione di vederlo, nessunissima intenzione di vederlo!”

So che sarete scandalizzati, ma secondo me la sua conclusione non è solo legittima (perché ognuno ha diritto di vedere quello che gli pare), non è solo naturale (perché chiunque venga aggredito istintivamente si difende), ma è anche, in un senso più profondo, giusta.

Strano come la parola che finisce per “erità” vista dall’altro lato finisca per “affanculo”…

E voi mi direte: “Sì, va bene (forse…), ma perché senti il bisogno di dircelo?”

Perché molti, troppi di voi (a mio avviso sarebbe troppo anche uno) si comportano come i commentatori “assertivi” del povero bibliotecario, cioè si comportano, non scientemente e scientificamente (perché non siete cattivi!), ma oggettivamente, in modo da allontanare qualsiasi lettore indifferente, o anche lievemente prevenuto a favore o contro i nostri argomenti critici, dalla lettura dei contenuti che propugnate con tanta veemenza, in modo da suscitare in chi non vi si sia ancora imbattuto un viscerale disgusto per la vostra “veritah” (che poi sarei io).

Analogamente, molti, troppi di voi, intervengono su quelli che ritengono essere troll (e che magari lo sono, in base ai parametri oggettivi che conosciamo o dovremmo conoscere) agendo da troll, cioè insultando, insistendo, ecc.

Vi risparmio esempi per carità di patria (e anche perché non ho tempo di cercarne, ma se non vi date una raddrizzata sarò costretto a farlo), come pure vi risparmio esempi di best practice (direi che Claudio può valere come repertorio di riferimento).

Mi piace invece commentare un episodio di qualche giorno fa, perché è particolarmente indicativo del fatto che voi non siete cattivi. La cosa è iniziata così:

(dal basso verso l’alto).

Sintesi: il 9 e il 10 gennaio avete disperatamente cercato di fare una cosa che non vi avevo chiesto, quando non ve l’avevo chiesta (non avendovela chiesta mai), e in un modo che vi avrei sconsigliato perché palesemente controproducente: mandare #goofynomics in tendenza.

Quello che avevo chiesto io era una cosa diversa: usare l’hashtag #goofynomics se si postava un contenuto di Goofynomics. Questa cosa un senso poteva averlo: ad esempio quello di aiutare chi fosse incuriosito dal contenuto di un post o di un tweet a trovarne di analoghi e magari ad atterrare qui. Ma mandare #goofynomics in tendenza per il gusto di farlo era controproducente sotto almeno un paio di profili, piuttosto evidenti (duole rimarcare l’ovvio). Uno è evidenziato già dallo scambio qua sopra, ma per maggior chiarezza vi fornisco un altro esempio:

Secondo voi, uno che non sa che cosa sia #goofynomics, quale interesse può provare ad approfondirlo se si trova a contatto con una simile bolla di sciroccati autoreferenziali!? Io scapperei a gambe levate, e considerate che Goofynomics c’est moi! Aggiungo una cosa più tecnica, ma se vogliamo ancora più ovvia: l’algoritmo, come è ovvio (mi ripeto) penalizza lo spam. Come si fa a essere così… così “non cattivi” da pensare che un algoritmo si faccia forzare dallo spam!? Se per andare in tendenza bastasse ripetere un hashtag sessanta volte in un tweet tutti potrebbero andare in tendenza! Ma ovviamente (insisto, perché è ovvio, com’è ovvio che non siete cattivi) l’algoritmo penalizza lo spam, da cui questo saggio consiglio:

che, permettetemi di sottolinearlo, fa un po’ specie dover dare a persone che come voi sui social ci vivono!

La risposta alla domanda “perché #goofynomics non è in tendenza” era quindi molto semplice: perché voi spammando questo tag lo stavate mandando in blacklist:

Quindi, non per cattiveria (perché voi non siete cattivi), stavate conseguendo un fine che era l’opposto delle vostre intenzioni, e soprattutto delle mie (che infatti non vi avevo chiesto niente, e se vi avessi chiesto qualcosa non vi avrei chiesto questo): penalizzare l’hashtag che vi avevo chiesto di utilizzare in modo corretto (e non di provare a mandare in tendenza a genitale esterno di carnivoro).

Eggnente, voi non avete capito dove siete: eppure ho cercato di farvelo capire in ogni modo! Siete a casa di uno che non tifa per Faust.

Quelli di voi più familiari con le lingue sanno che a Roma, quando si dice di uno che non è cattivo, è perché si vuole dire che è un “cojone” (l’ortografia corretta è questa). Se ho dedicato una serata che avrei dovuto dedicare ad altro a reiterarvi la mia profonda convinzione che voi non siate cattivi, è per enfatizzare il mio sofferto e partecipato auspicio che diventiate, o almeno sembriate, meno “cojoni”, perché questo non fa bene né a voi, né a me, né al supremo interesse del Dibattito.

Se poi voleste anche diventare cattivi, lo apprezzerei. In qualsiasi opera drammatica il cattivo magari perde, ma è senz’altro più affascinante e piacevole da frequentare del “cojone”. E siccome, nonostante siano già passati tredici anni, siamo solo all’inizio del nostro percorso, capirete che preferirei proseguirlo senza annoiarmi…

Ma soprattutto, insisto su questo concetto, vi chiedo un minimo di coerenza con la retorica bellicista che tutti vi penetra e vi permea, la retorica dello scontro decisivo, la retorica del nemico, la retorica dell’eterna lotta del Bene (voi?) contro il Male. Prendiamo come convenient working hypothesis che si sia effettivamente in guerra e che voi siate qualcosa di simile a dei soldati. Bene. Allora io sono il vostro sergente Foley, dal che discende che dovete fare quello che dico io, quando lo dico io e come lo dico io, che è un po’ il contrario di quello che avete fatto: fare una cosa che non vi avevo detto di fare, quando non vi avevo detto di farla, e come non vi avevo detto di farla!

Lo dico nel vostro interesse, non nel mio! I social sono un gioco, la vita è altrove. Ma a voi piace vincere. Secondo voi #borghidimettiti e #bagnaiarrogante sono andati in tendenza per caso? 

Secondo me no.

E allora limitatevi a fare quello che vi chiedo, o a ignorarmi. Preferisco perdere da solo che vincere in compagnia, ma se c’è una cosa che mi dà al cazzo è perdere in compagnia per colpa degli altri!

Soprattutto quando non sono cattivi…

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“Voi non siete cattivi…” è stato scritto da Alberto Bagnai e pubblicato su Goofynomics.