Un altro problema della sinistra (i salari)

I commenti sotto al post precedente rivelano un esilarante eccesso di beatitudine in questa eletta schiera di happy few: vedo molto “tu fai trionfalismo perché sei un politico de #aaaaalega e quindi siccome sei #aaaaacasta nun te ne frega ggnente che li salari nun aumenteno e ssi li salari nun aumenteno è normale che o’ccupazzione cresce…”, ecc.

Ora, se, come ricorda Céline, pour que dans le cerveau d’un couillon, la pensée fasse un tour, il faut qu’il lui arrive beaucoup de choses et de bien cruelles, la mia umanità profondamente vissuta e sofferta dovrebbe spingermi ad augurarvi di non capire mai perché una simile reazione è fuori luogo. D’altra parte, i tours della vostra pensée (se c’è) non dipendono né da me né da voi, ma dalla logica dei fatti, ed è da quando sono qui che ogni giorno sfido la prima legge della termodidattica:

nel generoso, ma spesso vano, sforzo di farvi capire le cose prima che siano i fatti a farvele capire.

Mi rendo conto che per gli ultimi (ma anche per molti fra i primi) arrivati questo oggettivamente non sia più il blog di un economista “controcorrente” (cioè allineato alla letteratura scientifica e non al liquame fognario che popola i nostri studi televisivi e la nostra saggistica), ma il blog di un “politico” (sarebbe: di un parlamentare, per la precisione, ma la categoria di #aaaaabolidiga ha fritto l’encefalo un po’ a tutti, è tardi e non voglio entrare in infinite precisazioni). Aggiungo che è oggettivamente difficile realizzare che mentre questo blog è rimasto fermo, il mondo gli è girato intorno, per cui le critiche che ora faccio da #aaaaabolidigo di destra sono e restano quelle che facevo da economista di sinistra, per il semplice motivo che i problemi sono gli stessi e le soluzioni sarebbero le stesse. Il riflesso pavloviano di chi arriva qui pensando di essere di sinistra, o che io sia di destra, posso immaginarmelo. Tuttavia, vi assicuro, nonostante che io abbia e voglia continuare ad avere un buon rapporto verso chi ha avuto parole cortesi per me, che la mia intenzione di mantenere buoni rapporti non potrebbe mai tradursi in “trionfalismo” (mah…)! A me non interessa il vostro consenso (non mi interessava quando eravate lettori, tantomeno ora che siete elettori: liberi voi di crederlo o meno…), come non mi interessa fare propaganda qui, nel blog che non c’è. Se dico che l’incremento del tasso di occupazione è una (positiva) anomalia statistica lo dico per il semplice fatto che esso lo è. Non faccio del trionfalismo perché io non so da oggi che laggente stanno male: lo so dal 2011, quando ho cominciato a sgolarmi perché a sinistra qualcuno capisse questo:

Quindi, come dire, esprimetevi, sentitevi liberi, qui siamo in un gigantesco e diffuso confessionale laico, dove voi, protetti non da una grata, ma dall’anonimato digitale, potete aprirvi, e quindi apritevi e chiaritemi: cosa diamine pensate di poter insegnare sulla deflazione salariale a uno che ve l’ha descritta tredici anni fa?

Il discorso, tuttavia, non si esaurisce qui, naturalmente, come sa chi il percorso l’ha fatto. E allora, se volete inveire contro er #aaaaabolidigo accomodatevi pure. Se invece volete capire che cosa sta succedendo, cominciate dal

Glossario

Retribuzione lorda: salari, stipendi e competenze accessorie, in denaro e in natura, al lordo delle trattenute erariali e previdenziali, corrisposti ai lavoratori dipendenti direttamente e con carattere di periodicità, secondo quanto stabilito dai contratti, dagli accordi aziendali e dalle norme di legge in vigore.

Occupati: vedi il post precedente.

Retribuzione lorda pro capite: retribuzione lorda divisa per il numero di occupati dipendenti.

Deflatore dei consumi: rapporto tra consumi nominali, cioè espressi ai prezzi correnti, e consumi reali, cioè espressi ai prezzi di un anno assunto come base.

Retribuzione lorda pro capite in termini reali (“potere d’acquisto dei salari”): rapporto fra retribuzione lorda pro capite e deflatore dei consumi.

Nota: si potrebbe anche usare un diverso indice dei prezzi al consumo (e magari se interessa vi faccio vedere che cosa cambia), ma preferisco usare queste definizioni di contabilità nazionale perché così, se interessa, possiamo tornare indietro fino al 1970 con dati più o meno coerenti in termini statistici.

I fatti

Indubbiamente gli ultimi anni hanno visto un tracollo del potere d’acquisto, ma:

1) non è la prima volta che succede;

2) in almeno un’altra occasione precedente questo tracollo è stato accompagnato da una diminuzione, non da un aumento del tasso di occupazione;

3) gli ultimi trimestri (quelli del Governo attuale) hanno visto un’inversione di tendenza.

Aggiungo subito che siamo molto lontani dall’aver recuperato il livello dell’ultimo tracollo (quindi ancor più lontani dall’aver recuperato il penultimo) e che la strada sarà lunga e dolorosa, ma passa per la crescita, non per il salario massimo (quello che gli altri chiamano “minimo” perché non sanno come funziona il mercato del lavoro) né per il reddito della gleba.

E ora vediamo i dati.

Il monte salari (retribuzioni lorde totali) in termini nominali (a prezzi correnti) è qui:

Credo vediate bene in quali occasioni (tre) le retribuzioni complessivamente erogate sono scese e di quanto, e che sappiate tutti intuirne il perché (crisi Lehman, austerità, pandemia, con la diminuzione più prolungata causata dall’austerità e la diminuzione più visibile causata dalla pandemia.

Vedete anche che dopo la pandemia, alla fine (cioè a destra) del grafico la crescita dei salari nominali è particolarmente rapida, ma… in quel periodo era molto rapida anche l’inflazione! Se dividiamo per gli occupati dipendenti e poi ancora per il deflatore dei consumi (vedete sopra il glossario) otteniamo questo profilo delle retribuzioni pro capite in termini reali:

e qui è ben evidente che l’austerità aveva riportato le retribuzioni lorde in termini reali di fine 2012 al livello di quelle di inizio 1996, con un tracollo di circa 411 euro pro capite a trimestre (137 euro pro capite al mese), mentre l’inflazione post-pandemia (quella di cui parlavamo qui, se ricordate…), ha falcidiato ben 449 euro pro capite a trimestre (circa 150 euro al mese), fra il terzo trimestre del 2021 e il primo del 2023, portandoci ancora più indietro nel tempo. Dal primo trimestre 2023, cioè dall’entrata in vigore della prima legge di bilancio di questo governo, la situazione sta migliorando, sempre troppo lentamente (il recupero, in quattro trimestri, è stato di 72 euro al trimestre), ma meno lentamente dell’ultima volta (il recupero nei quattro trimestri successivi all’ultimo tracollo era stato di 6 euro pro capite a trimestre (cioè due euro pro capite al mese) nel periodo dal terzo trimestre 2013 al terzo trimestre 2014. Per un recupero percettibile bisogna aspettare gli effetti del “bonus Renzi”, introdotto nel secondo trimestre del 2014.

Però…

Non avevate detto che il tasso di occupazione aumenta perché i salari sono diminuiti?

E allora come me lo spiegate questo?

I salari reali, il potere d’acquisto trasferito alle famiglie, sono diminuiti quasi altrettanto con l’austerità, ma allora il tasso di occupazione era anche lui in caduta libera. La correlazione fra tasso di occupazione e livello salariale è stata praticamente sempre positiva: al crescere dell’occupazione cresceva il livello salariale. Fra il 1996 e il 2021 la correlazione è di 0.34. Non è un risultato così strano: se al crescere della disoccupazione i salari diminuiscono, è normale che al crescere dell’occupazione i salari aumentino! Fra il 2022 e il 2023, invece, la correlazione diventa fortemente negativa: -0.66. Questa anomalia in realtà si concentra nel periodo di discesa del salario reale, fra il terzo trimestre 2021 e il quarto 2022 (correlazione: -0.77). Dall’inizio del 2023 la correlazione ridiventa positiva, cioè le retribuzioni ricominciano a obbedire alla legge della domanda e dell’offerta (correlazione: 0.89).

Perché al tempo dell’austerità il calo dell’occupazione (aumento della disoccupazione) portava con sé un calo dei salari (come in effetti dovrebbe essere), mentre al tempo della crisi energetica un uguale calo dei salari è stato associato a un aumento dell’occupazione (diminuzione della disoccupazione)? Perché al tempo della crisi energetica la curva di Phillips non ha funzionato? Un pezzo di questa spiegazione va cercato, probabilmente, nel fatto che al tempo dell’austerità quella che si muoveva era la curva di domanda aggregata, mentre al tempo della crisi energetica si è mossa senz’altro la curva di offerta di breve periodo. Il modello standard, però, quello che vi spiegai qui, non dà pienamente conto di questa dinamica, perché in quel modello una fiammata di inflazione fa diminuire, non aumentare, il Pil e l’occupazione. In termini tecnici la spiegazione va cercata probabilmente tenendo conto della dinamica degli scambi commerciali, ma insomma ora sono veramente cotto e non voglio rivoluzionare la scienza economica (accetto vostre proposte).

A me per ora basta aver portato a casa due punti:

1) se dico che una cosa è anomala, che non si è mai verificata, lo dico a ragion veduta, e infatti un aumento del tasso di occupazione in presenza di un crollo delle retribuzioni reali come quello visto fra 2021 e 2022 prima non si era mai visto;

2) se dico che la sinistra ha un problema, la sinistra ce l’ha, perché una ripresa delle retribuzioni, per quanto insufficiente, rapida come quella verificatasi sotto il Governo di destra sotto la sinistra non si era mai vista.

E questa non è propaganda: è un fatto, e non sto dicendo che il merito sia del Governo: sto dicendo che è così.

Accetto vostre interpretazioni, ma basate sui fatti, non sulla vostra presunzione che chi vi parla voglia convincervi di qualcosa: il mondo in cui vivo è già sufficientemente complesso perché io voglia aggiungervi questo ulteriore livello di complessità…

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“Un altro problema della sinistra (i salari)” è stato scritto da Alberto Bagnai e pubblicato su Goofynomics.