Quello che Bersani e Fini avrebbero dovuto imparare da Rachid, Sajad, Arun e Jimi

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Sì, l’ho rifatto. Ieri sera mi sono messo davanti alla TV e ho guardato il programma di Fazio e Saviano “Vieni via con me”. Lo ammetto, non sono stato costante perchè ho avuto bisogno di interruzioni per ristabilire momenti di attenzione. Si tratta, ovviamente, di gusti personali che stimolano la personale concentrazione.
Non mi sono distratto durante gli elenchi delle cose di sinistra (sic!) e di destra pronunciati rispettivamente da Bersani e da Fini. Devo essere onesto: le differenze si sono notate. Bersani parla di mondo mentre Fini di Italia, per esempio, e non è questione di poco conto. E non è poca cosa il concetto di generosità per la destra, così come detta da Fini: ¬´per la destra sono generosi innanzi tutto i nostri militari che in Afghanistan ci difendono dal terrorismo¬ª. Sembra proprio che nonostante gli sforzi, la destra non riesca a sottrarsi all’eredità guerrafondaia dei loro padri fascisti.
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Poi, grosso modo per entrambi, un elenco di valori buoni un po’ per tutti: lavoro, uguaglianza, Falcone e Borsellino, accoglienza. Un elenco di buoni propositi che non esalta ne offende nessuno. D’altronde lo si dice, non proprio a ragione ma comunque in ogni occasione, che le elezioni si vincono al centro e lì i suoni conosciuti sono quelli dei colpi dati insieme al cerchio e alla botte. Voglio dire che se l’occasione era buona per Bersani per tentare di risollevare il morale ad un elettorato di sinistra (dico elettorato, perchè a quello è capace di rivolgersi la politica ridotta a votificio), beh… quell’occasione non è stata sfrutatta. Mentre Fini ha riscoperto qualche parola d’ordine di un passato buio, mai abbastanza lontano nonostante da quelli ci separino oltre 60 anni. Il richiamo alla patria ed ai cittadini italiani considerati tali quando sono nativi sull’italico suolo, oltre all’esaltazione militarista già ricordata, dovrebbe far riflettere chi cominciava a farsi ammaliare dalle parole del presidente della Camera.
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Ci hanno pensato i migranti scesi dalla gru a Brescia a mettere in chiaro quali storture democratiche e umane si nascondano dietro le parole d’ordine della destra. Ma hanno anche suggerito quali dovrebbero essere i valori di sinistra da elencare e da praticare: lotta per il lavoro; dignità della persona umana; inviolabilità dei diritti, pubblici e personali; tanto per fare qualche esempio.
Rachid, marocchino di 35 anni; Sajad, pakistano di 27 anni; Arun, pakistano, 24 anni; Jimi, egiziano di 25 anni, dovrebbero aver fatto capire ad una sinistra troppo presa dalle equazioni dell’economicismo, ancora una volta e se ce ne fosse ancora bisogno, perchè un partito che voglia definirsi di sinistra non può tenere una posizione di equidistanza tra impresa e lavoratori. Quei quattro giovani migranti, hanno ribadito per l’ennesima volta, che nei rapporti di lavoro c’è una parte debole che va difesa e che sono i lavoratori e non l’impresa. Hanno mostrato di nuovo che capitale e lavoro, nonostante i tanti proclami di pace sociale, sono e saranno ancora in lotta tra loro e che se un partito politico vi si pone in mezzo, inevitabilmente avrà favorito la parte più forte. Tutte queste cose, Rachid, Sajad, Arun e Jimi le hanno fatte capire dall’alto di una gru di un cantiere edile, luogo di lavoro che in Italia uccide troppe volte perchè manca il rispetto delle più elementari norme di sicurezza e salute a tutela dei lavoratori e che dovrebbero essere messe in atto dalle imprese, mentre il lavoro nero e lo sfruttamento dell’emarginazione sociale alla quale troppe persone sono relegate, costringe in genere ad accettare passivamente rischi e umiliazioni.
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Quando ieri a Brescia quattro giovani lavoratori migranti sono scesi dalla gru, Fini e Bersani avevano già pronunciato la loro idea di destra e di sinistra. Il primo aveva già detto che ¬´lo Stato deve essere efficiente ma non invadente¬ª e che ad essere pagato di più dovrebbe essere chi più lavora, cioè efficientismo e produttività alla base dell’economia; e pochi minuti prima Bersani aveva già detto che ¬´Ci vuole un mercato che funzioni, senza monopoli, corporazioni e posizioni di dominio¬ª, perchè ¬´se pochi hanno troppo e troppi hanno poco l’economia non gira perché l’ingiustizia fa male all’economia¬ª ponendo perciò quest’ultima al centro e ribaltando il rapporto tra economia di mercato e giustizia sociale, come se fosse la seconda a determinare la prima e non il contrario. E si dovrebbe presumere sottinteso che l’ingiustizia fa male a donne e uomini in carne ed ossa.
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Beh, no, proprio non ci siamo. Quell’efficientismo proposto da Fini e quell’attenzione alle ingiustizie per il bene dell’economia, parlano uno stesso linguaggio, al di là di evidenti differenze nelle parole d’ordine e nei termini adoperati. Quel linguaggio che riesce ad accomunare la destra con questa sinistra, e che è l’accettazione di un modello economico che continuerà a costringere dei lavoratori a salire su delle gru o sui tetti delle fabbriche per vedersi riconosciuti i propri sacrosanti diritti.

Caro Saviano, ogni tua inesattezza può essere un lubrificante della macchina del fango

Roberto Saviano

Caro Saviano,

ho ascoltato il tuo monologo di lunedì scorso 8 novembre, nella trasmissione “Vieni via con me”. A distanza di qualche giorno, ancora mi tormento ripassando a mente quello che avevi da dire. La tua narrazione, come sempre accade, schiaccia sguardi e orecchie sui televisori, attenti a recepire le tue parole ed i tuoi gesti, le tue espressioni ed i tuoi messaggi.
Il titolo sul tuo monologo era già un messaggio abbastanza chiaro e condivisibile nel principio: gli effetti della “macchina del fango” sulla democrazia. Certo che quotidianamente democrazia e libertà sono sottoposte a dure prove, infangate non dalla diffamazione ma dalla restrizione degli spazi civili e di partecipazione alla vita sociale e politica. Ma non c’entra con quello che voglio dirti e perrciò non mi ci dilungo.
Dicevo che il messaggio essenziale del tuo discorso non può che essere condiviso. Ma un problema nasce proprio dall’essenzialità, la riduzione ai minimi termini di argomenti che hanno bisogno di approfondimenti ben maggiori. Ovvio che quando si parla di lotta alle mafie nessuna persona perbene può dirsi contraria. Ma la lotta alle mafie ha bisogno di verità, che non può essere attribuita ad una voce solo per ciò che rappresenta. Tu, oggi, in qualche modo, rappresenti la lotta alla mafia. Sei il simbolo mediatico di quella lotta. Sei, tuo malgrado, il catalizzatore di un sentimento di giustizia ed insieme la giustificazione alla delega. Sei diventato anche per questo, la voce della verità, qualunque sia il tema della discussione. “L’ha detto Saviano” in calce ad un’affermazione, lascia intendere la sua inconfutabilità. E’ per questo, caro Saviano, che non puoi permetterti superficialità in quello che dici, o inesattezze nell’esposizione dei fatti, specie se quello che racconti scuote i sentimenti di chi ti ascolta e condiziona i giudizi che perdono la necessaria obiettività.

Purtroppo è proprio quello che è accaduto (anche) in occasione del tuo monologo in “Vieni via con me”, durante il quale sei caduto nelle stesse storture delle regole democratiche e della libertà di espressione, che stavi denunciando. Mi riferisco, in questo momento, alle tue affermazioni su Alfredo Galasso, che invitava Falcone a lasciare l’incarico a Roma nella procura nazionale antimafia:

¬´La persona che parla è l’avvocato Galasso, che è persona assolutamente per bene, esprime quello che pensava la sinistra e che a volte lo pensa ancora: stai facendo il collaborazionista a stare dentro le cose, a riformarle. La purezza che è stato lo spazio più grande che è stato concesso ai nemici della democrazia e delle organizzazioni criminali. Lo lasciano solo!…¬ª

hai detto commentando lo spezzone della trasmissione Samarcanda-Maurizio Costanzo Show.
Alfredo Galasso è stato amico di Falcone; ha partecipato al maxi-processo contro Cosa Nostra come avvocato di parte civile; sulla sua testa pesano condanne a morte della mafia. Ma da lunedì sera, dopo il tuo monologo, Galasso cosa è diventato per tutti quanti ti ascoltavano a bocca aperta e commossi, senza conoscere la sua storia ed i suoi rapporti di onesta collaborazione con il Pool antimafia? Da lunedì sera dopo il tuo intervento, molto probabilmente Galasso sarà individuato come parte di quella macchina del fango usata per deligittimare Falcone. L’avvocato Galasso, in quell’occasione discuteva con Falcone sull’opportunità di accettare un incarico, che a suo giudizio l’avrebbe schiacciato sotto il peso di un potere che non gli avrebbe garantito la necessaria indipendenza. Ma quel tuo montaggio di parole e video, oggi sono schizzi di fango contro una persona che ha dedicato la sua vita a lottare contro la mafia.
Fango che ha colpito anche la memoria e l’intelligenza di Leonardo Sciascia, tirato in ballo a sproposito anche da te. Sistematicamente, quando si discute di mafia e potere, di antimafia e istituzioni, ecco che l’autore de “Il giorno della civetta” viene ricordato come esempio di intralcio culturale alla lotta alla mafia.
Se parlando di macchina del fango così ti esprimi sullo scrittore siciliano…
¬´Persino un intellettuale come Sciascia ci cascò […] Sciascia ci cascò attaccando Paolo Borsellino, definendolo professionista dell‚Äôantimafia perché aveva vinto il posto di procuratore a Marsala per meriti antimafia e non per anzianità così come avviene in magistratura. Quindi lui [Sciascia] disse, vedete mafia ovunque perché volete mettere il turbo alle vostre carriere¬ª
…lasci intendere che Sciascia fosse in qualche modo un ingranaggio di quella macchina.
Dispiace osservare come ancora una volta, ed anche da parte tua, l’articolo I professionisti dell’antimafia, pubblicato sul “Il Corriere della Sera” del 10 gennaio 1987 sia stato mal utilizzato. Prima di te lo utilizzò in maniera distorta anche il ministro Brunetta. Tanto per dire in quanti modi può effettivamente agire la macchina del fango.

Sciascia, in quel lungo articolo, mostrava la sua insofferenza per l’uso dell’antimafia come strumento per l’esercizio di un potere. Una distorsione della lotta alla mafia, che intuì e denunciò in maniera netta, che forse può essere chiarito da quel passaggio in cui Sciascia prende

¬´per esempio, un sindaco che per sentimento o per calcolo cominci ad esibirsi – in interviste televisive e scolastiche, in convegni, conferenze e cortei – come antimafioso: anche se dedicherà tutto il suo tempo a queste esibizioni e non ne troverà mai per occuparsi dei problemi del paese o della città che amministra (che sono tanti, in ogni paese, in ogni città: dall’acqua che manca all’immondizia che abbonda), si può considerare come in una botte di ferro. Magari qualcuno molto timidamente, oserà rimproverargli lo scarso impegno amministrativo; e dal di fuori. Ma dal di dentro, nel consiglio comunale e nel suo partito, chi mai oserà promuovere un voto di sfiducia, un’azione che lo metta in minoranza e ne provochi la sostituzione? Può darsi che, alla fine, qualcuno ci sia: ma correndo il rischio di essere marchiato come mafioso, e con lui tutti quelli che lo seguiranno¬ª

E’ evidente a cosa si riferisse ed è evidente anche a quanti altri casi, anche oggi, si possano portare ad esempio di professionisti dell’antimafia.
Peraltro, caro Saviano, avresti fatto bene a ricordare che successivamente Borsellino e Sciascia si incontrarono più volte e immediatamente si chiarirono, tanto che il procuratore affermò che Sciascia
¬´Ebbe la gradevolezza di darmi una interpretazione autentica del suo pensiero che mi fece subito riflettere sul fatto che quella sua uscita mirava a ben altro. […] L’uscita fu sfruttata purtroppo all’interno di una pesante corrente corporativa della magistratura che sicuramente non voleva quei giudici e quei pool. E sono probabilmente le stesse componenti corporative della magistratura che si oppongono a che i pubblici ministeri, opportunamente coordinati, funzionino davvero¬ª
Un potere corporativo colpì Sciascia e lo deligittimò. Un interesse diverso dalla onesta lotta alla mafia, qualcosa di meschino che non vedeva di buon occhio il lavoro di Borsellino e del Pool antimafia. Quelli screditarono l’autore siciliano, quelli sfruttarono le parole di Sciascia a proprio uso e consumo.
Anche le parole di Agnese, moglie del procuratore ucciso in Via D’Amelio, pronunciate dopo la strage che lo uccise, chiariscono l’uso strumentale dell’articolo di Sciascia. Disse infatti Agnese che il procuratore e lo scrittore

¬´Si misero a chiacchierare, è come se si conoscessero da sempre. Non è vero che in quella occasione ci fu una riconciliazione: non è vero perché fra i due non ci fu mai una frattura, nemmeno quando uscì quell‚Äô articolo. […] Leonardo Sciascia vent‚Äôanni fa aveva capito tutto prima degli altri¬ª

E’ chiaro, caro Saviano, che la verità storica di quei fatti è stata da te travisata. Immagino, con dispiacere e rabbia, come possano esserne uscite le figure e la reputazione di Galasso e Sciascia. Quest’ultimo ormai non potrà replicare, se non con quanto già scritto ma, come hai visto, ancora frainteso e strumentalizzato a distanza di oltre vent’anni dal quel lucido e attento articolo. Galasso, pur prendendo parola per chiarire la sua posizione di allora, non ha la forza dirompente delle tue affermazioni, che rimarranno come cicatrici indelebili nei pensieri di molte persone.
La mafia, lo sai bene caro Saviano, si combatte sul piano culturale e su quello giudiziario e politico. Tu, in pochi minuti, non hai avuto l’accortezza e la sensibilità di mantenere vivo il lavoro di uno scrittore che con i suoi libri ha dato tanto alla cultura antimafia. Non solo a comuni persone come me, ma anche a eroi civili come Borsellino, che, ricorda sua moglie Agnese, ¬´Paolo lo chiamava maestro, era felice. Gli disse [a Sciascia]: ‚ÄúHo capito la mafia sui suoi libri‚Äù¬ª. Non hai tenuto conto della quotidiana lotta alla mafia condotta da Galasso e gli hai gettato addosso un po’ di quel fango prodotto con modalità che ricordano quelle della macchina che denunci.

Due persone, dopo il tuo monologo a “Vieni via con me” di lunedì scorso, sono state macchiate da quello stesso fango che stavi raccontando. Ricorda, caro Saviano, che ogni tua omissione, ogni tua inesattezza, può facilmente essere un lubrificante per gli ingranaggi della macchina del fango.

[fonte: postillanea.blogspot.com]

Berlusconi da Seul “Dimissioni? Piuttosto la guerra civile” Foto & Video

 

Scateneremo contro la guerra civile. Berlusconi si sfoga nella notte di Seul con i vertici del partito riuniti dopo l’incontro Fini-Bossi. ¬´Non mi dimetterò mai¬ª, quasi grida al telefono Berlusconi dal ventunesimo piano dell‚ÄôHotel Hyatt, e dall‚Äôaltro capo del filo lo ascoltano tramite interfono tutti i gerarchi del suo partito, riuniti a 8962 chilometri di distanza. Il tono di voce è concitato, ¬´Fini vuole eliminarmi, mi vuole morto fisicamente per la storia di Montecarlo, è convinto che gliel‚Äôabbia montata io. Ma se questi faranno il governo tecnico noi gli scateneremo contro la guerra civile, avranno una reazione come nemmeno s‚Äôimmaginano…¬ª.

News & stralcio dal corrispondente da Seul Ugo Magri from La Stampa.it.

Mpa lascia insieme con Fli & Fini e Bersani ospiti a “Vieni via con me” Lunedì 15 Novembre…

Premier salta conferenza stampa e riparte… from Corriere.it 12 Nov.20110

Foto from LaRepubblica.it 12 Nov.2010

Curre Curre Guagliò Invisibile Arriva la Nuova Democrazia

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/21/Jimmesd_%28cropped%29.jpg

Si chiama Sweden Democratic Youth , il partito che si è piazzato in Svezia, la sua Fetta di Democrazia, testa e corpo di un¬† baldo Giovane,¬† Jimmie Akesson, nato il 17 maggio del 1979.

Non è certo lui l’artefice dei¬† Party notturni, che hanno preso piede in Svezia negli ultimi tempi. Dicono che anche la scorsa notte “come da varie notti, un immigrato è stato preso a fucilate a Malm√∂, città della Svezia meridionale. Nell’ultima settimana sono stati una dozzina gli stranieri che sono stati presi di mira. E una cinquantina dall’inizio dell’anno. Le sparatorie avvengono di notte o dopo il tramonto e le persone prese di mira sono solo ed esclusivamente non svedesi. ¬´Sembra certo che alla base di questi crimini vi siano motivazioni razziali¬ª, ha dichiarato Lars-Haakan Lindholm, portavoce della polizia cittadina. Per adesso non vi sono stati dei morti, anche se alcuni immigrati sono stati feriti, alcuni in modo serio.”

I bersagli non hanno genere, come fossero animali bersaglio di caccia, vengono colti dall’occasione propizia. Ad esempio: “Due giorni fa, due donne di 26 e 34 anni, emigrate da un Paese dell’est europeo, erano in una stanza situata al piano terra di un condominio. Alcuni proiettili, sparati attraverso una finestra, hanno colpito le due donne: la prima al braccio e la seconda alla schiena. Per fortuna, un bambino presente nella stanza è rimasto illeso. Ugualmente alla schiena è stato colpito, la scorsa settimana, un ragazzo di colore di 28 anni che era fermo ad una fermata di autobus. La pallottola ha sfiorato per soli cinque centimetri la spina dorsale.”

Dicono sempre le news dall’estero…che il “Clima sia stato favorito dal¬† successo elettorale alle ultime elezioni politiche del partito Democratici di Svezia guidato dal giovane Jimmie Akesson. Questo partito di estrema destra è entrato per la prima volta al Parlamento conquistando il 5.7% dei voti e venti seggi.”

A tutta destra dunque? In italiano, verde bianco e rosso, con una musica tra nitriti e spari e mandrie, che assordano se l’aprite…http://www.atuttadestra.net/?tag=jimmi-akesson, ho trovato un bell’articoletto settembrino sul Giovin Signore, che non ha niente a che vedere con certe nostre Trote. Si dice che: “Trentuno anni, capelli scuri, occhiali e abbigliamento all‚Äôultima moda. L‚Äôestrema destra in Svezia non si presenta sotto la forma aggressiva di un vichingo biondo, ma nei panni di Jimmi Akesson, classe 1979, da cinque anni leader dei Democratici di Svezia (Sd), il partito di estrema destra che ‚Äì se saranno confermati gli exit poll ‚Äì si appresta a fare il suo ingresso storico in Parlamento. Militante di Sd dall‚Äôetà di 15 anni, Akesson fu scelto nel 2005 per essere la figura di punta di un partito quasi inesistente alle elezioni precedenti. Alle legislative del 1998, Sd aveva raccolto solo lo 0,37% dei voti, poi l‚Äô1,44% nel 2002. Ma nel 2006, sotto la guida di Akesson, l‚Äôestrema destra ha raggiunto il 2,93% e oggi ha superato la soglia del 4% (al 4,6%, secondo gli exit poll) necessaria a conquistare seggi in Parlamento. Con il suo look rassicurante, Akesson ha modificato la percezione che gli svedesi avevano dell‚Äôestrema destra, attenuando nettamente l‚Äôombra del movimento Bevara Sverige Svenskt (‚ÄôManteniamo la Svezia svedesè) da cui gli Sd sono usciti. Nel 1995, quando quindicenne entrò nel partito, c‚Äôerano ancora militanti vestiti in uniforme nazista: ¬´Oggi siamo diversi ‚Äì ha detto in una recente intervista il giovane leader ‚Äì e gli elettori lo vedono¬ª. Ma Akesson, nato a Solvesborg (nel sud della Svezia) dove è consigliere comunale dal 1998, non ha dimenticato i temi fondamentali del suo partito: l‚Äôimmigrazione, la criminalità e i legami tra le due. ¬´Tutti gli immigrati non sono dei criminali, certo, ma c‚Äôè una connessione¬ª, ha detto, rivendicando un ¬´punto di vista conservatore¬ª e sottolineando come le politiche in merito a immigrazione e criminalità siano ¬´ciò che ci differenzia dagli altri partiti¬ª. Secondo osservatori e oppositori, però, i ‚ÄòDemocratici di Svezià, pur non essendo nazisti, continuano a essere razzisti. Secondo Anders Hellstrom, esperto di neonazionalismo in Scandinavia, Akesson è solo la parte visibile del partito, mentre la direzione ideologica di Sd sarebbe affidata da ¬´una banda di quattro: Akesson, Jomshof, Karlsson e Soder¬ª (quest‚Äôultimo è segretario del partito), i quali tentano di trovare una via ¬´tra l‚Äôestremismo e il populismo¬ª. ¬´Si potrebbe dire ‚Äì ha aggiunto l‚Äôesperto ‚Äì che cerchino di spingere più in là i limiti del legittimo, in equilibrio sul filo dell‚Äôaccettabile¬ª.

Ma tutto questo accade in Svezia, che sta diventando terreno difficile a quanto pare, per gli emigrati, Noi abbiamo lo stesso uno del ’79, un Mito, quale Roberto Saviano è nel riunire la Generazione Bella Politica: ci illustrerà,¬† perchè è ufficiale data la Repubblica delle News, con Fabio Fazio, un magnifico Vieni via con me, che non è la nota canzone di Paolo Conte.

Me ne ricordavo un’ altra:¬† fu cantata il 1 maggio del 2001 a Roma, prima che succedessero tante cosette, dai 99 posse¬† e Pino Daniele.

Guagliò, curre curre, che non c’è nessuna Casa Democratica con Mamma santissima che ti aspetta. La Liberazione è un esercizio quotidiano: Libera Frontiera e Libera Circolazione per Tutti , come in quel luglio del 2001. La Marea Monta, malgrado il fango. Il futuro comincia ora, al presente. Per noi INVISIBILI, che¬† sappiamo cos’è la gioia…

Doriana Goracci



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