Pei malati c’è la china, pe’ mattoni non c’è medicina

 (…a orecchio mi pare che fosse così, forse potrei sbagliarmi, ma certamente di poco…)

(…non voglio farla troppo lunga, ma ci sono alcuni punti che secondo me vale la pena di approfondire. Ovviamente quelli che “senatore, ma perché perde tempo con questi personaggi?” sono già stati bloccati su Twitter e saranno sbloccati solo se si recheranno di persona al giubileo del 16 novembre…)

Riassunto delle puntate precedenti

Nel post su “Gli epigoni” vi avevo fatto vedere che un tale Matteo Brandi aveva ripreso, con una didascalia inadeguata, un grafico del nostro post di fine anno:

Il perché una simile didascalia sia inadeguata è ovvio: qualsiasi eurista di passaggio potrà facilmente obiettare che nel grafico lo scostamento del Pil dalla sua traiettoria tendenziale diventa apparente dal 2009, per cui non si capisce che diavolo c’entri l’euro. Per la sciura Maria l’euro è iniziato da quando se l’è trovato in tasca (nel primo gennaio 2002), per i midwit è iniziato nel 1999, e per gli esperti nel 1997 (per i motivi esposti ad esempio qui: il percorso verso l’euro prevedeva nei due anni precedenti la valuta nazionale mantenesse il proprio cambio con l’ECU/EUR entro una banda di oscillazione estremamente ristretta, sicché de facto nell’euro ci siamo dal 1997). Questa totale mancanza di correlazione conduce a un autogol facilmente evitabile (sotto ve ne darò una dimostrazione). Del resto, un disastro simile sarebbe tranquillamente potuto succedere anche ai tempi della lira, se si fosse deciso di tagliare del 33% gli investimenti pubblici. Il problema è far capire come mai in un regime di cambi fissi, e quindi, a fortiori, in una unione monetaria, l’aggiustamento degli squilibri esterni si scarichi sull’assorbimento, cioè sulla domanda interna. Ma questo con quel grafico non lo fai capire e quindi ti metti inutilmente in una posizione dialettica debole. La posizione dialettica forte la conquisti se intitoli il grafico “Il successo dell’austerità”. Che l’austerità sia iniziata durante la Grande crisi finanziaria se lo ricordano un po’ tutti, ma che danni abbia fatto non lo sa quasi nessuno.

Ricordate il concetto più volte espresso che se si è in condizioni di inferiorità numerica bisogna scegliere con attenzione il campo di battaglia? Ecco: il simpatico film maker vi forniva un esempio di come fare il contrario!

Per motivi imprecisati il dibattibecco su Twitter ha però preso un’altra strada, che a me interessava molto meno: quella sulla paternità del grafico. A me i dibattibecchi divertono quando so come vanno a finire, e questo è andato a finire come vi illustro rapidamente.

Brandi dice che la fonte non ero io ma un post di tal Trombetta del 13 luglio 2023, questo:

dove noterete il commento, che esemplifica la cosa che mi infastidiva (l’autogol).

Io facevo notare due cose:

  1. che il commento a questo grafico era molto dilettantesco (ci torno dopo);
  2. che comunque, visto che il tema della proprietà intellettuale appassionava, questo grafico era ripreso da un mio post del 22 maggio.
E fino a qui per la puntata precedente. Poi la cosa è andata avanti (si fa per dire) su due filoni: proprietà intellettuale e interpretazione del grafico. Che è come dire Dumb and Dumber.

Fermate l’inutile strage!

Ribadito (e dopo ve lo proverò) che la proprietà intellettuale non era il tema, dopo questa sportellata una persona normale si sarebbe fermata. Ma qui abbiamo a che fare con individui eccezionali! Il Trombetta a questo punto accusava me di aver plagiato un lavoro dell’amico Gennaro Zezza risalente al 2019 e che Trombetta aveva citato, riportandone la fonte, il 24 luglio di quell’anno:

A questo punto non potevo che rispondere così:

citando un mio antecedente post del 2018 che effettuava questa analisi “a futura memoria”, e specificando che molto probabilmente Gennaro non mi aveva copiato! Purtroppo a questi qui mancano #lebbasi, e una delle basi è che NIHIL EST IN INTELLECTU QUOD PRIUS NON FUERIT IN GOOFYNOMICS.

A scanso di equivoci ricordavo anche che la prima analisi del genere di cui mi ricordassi l’avevo fatta per criticare il compianto Saccomanni nel 2013, e che quindi forse potevamo anche piantarla lì.

A questo punto il Trombetta poteva squillare solo fuori tema, e quindi la risposta diventava “gnegnegnè hai votato la fiducia a Draghi!”:

(…e meno male, altrimenti oggi sarebbe Presidente della Repubblica!…).

Appurato il fatto che il Trombetta i grafici non li sa scrivere, restava da appurare l’altro punto, quello più rilevante, ovvero il fatto che non li sa leggere. Fatto gravissimo perché ha indotto all’errore il fratello Brandi!

Interludio “matematico”

Qui sotto vi metto due serie di dati: una che cresce linearmente, e l’altra che cresce a tasso di crescita costante del 5%. Vi ricordo che il tasso di crescita si calcola sempre nello stesso modo:

Date un po’ un’occhiata:

e qui c’è il grafico:

Che cosa notate? Dovreste notare una cosa su cui ho sempre attirato la vostra attenzione: 1 è il 10% di 10, ma anche il 5% di 20, ma anche l’1% di 100. Cosa intendo dire? Intendo dire che se una serie cresce con incremento costante, cioè aumenta linearmente (nell’esempio, aumenta di 1 in ogni intervallo temporale, per cui passa da 20 a 21, da 21 a 22, ecc.), il suo tasso di crescita è decrescente perché la stessa grandezza costante x(t) – x(t-1), nell’esempio uguale a 1, viene divisa per un x(t-1) progressivamente crescente.

Viceversa, se una serie cresce a tasso di crescita costante, i suoi incrementi sono via via più grandi, perché il 5% di 20 è sempre 1, ma il 5% di 40 è 2, il 5% di 100 è 5, ecc. Ci arrivate, voi, vero? Perché siete persone normali, quindi capite che:

  1. una serie che segue una tendenza lineare avrà un tasso di crescita decrescente;
  2. una serie che ha un tasso di crescita costante segue una tendenza esponenziale.

Non è un’enorme novità. Qui, ad esempio, abbiamo notato spesso che il tasso di crescita di pressoché tutte le economie europee è stato decrescente, come conseguenza di un fisiologico processo di convergenza (catch up). Lo avevamo fatto notare ai cialtroni del declino, e la conseguenza di questo dato fisiologico è che il Pil reale delle economie europee segue una tendenza? Lineare! Bravi! (grazie).

E infatti, nel post sulla crescita negata abbiamo visto in particolare che una tendenza lineare offre un’approssimazione (descrittiva) sufficientemente accurata per il Pil di Francia, Germania e Italia, col solo problema che in Italia nel 2009 la tendenza si spezza e diventa piatta (e abbiamo visto che questo dipende sostanzialmente da un crollo degli investimenti pubblici). Ma finché le serie rimangono in tendenza lineare, questo non significa che il loro tasso di crescita sia costante: significa che è decrescente. Se invece il tasso di crescita restasse costante, necessariamente osserveremmo un esponenziale.

Jim Carey e Jeff Daniels

…e torniamo al dibattibecco di ieri.

Nel mio post avevo fatto notare che la descrizione che l’amico Trombetta (sed magis amica veritas) fornisce del “suo” grafico è profondamente ingannevole. Lui dice infatti testualmente:

Il tasso di crescita medio annuale del PIL reale dell’Italia è stato del 5,7% tra il 1946 e il 1991, dello 0,6% dall’ingresso nell’Unione Europea e dello 0,4% dall’adozione dell’euro. Se il tasso di crescita [da quando? Dall’ingresso nell’UE, sembra di capire…] fosse rimasto quello precedente all’ingresso nella UE e nell’Eurozona [cioè al 5.7%, sembra di capire], oggi il PIL dell’Italia sarebbe più grande di quasi 500 miliardi di euro.

(lo potete controllare sopra).

Questa, mi spiace farlo notare all’amico Trombetta, è una gigantesca sciocchezza! Se il tasso di crescita fosse stato costante dal 1992 al 5.7% avremmo infatti osservato l’andamento della spezzata arancione:

per gli ovvi motivi descritti sopra. Non si doveva quindi dire “Se il tasso di crescita fosse rimasto quello precedente”, ma “se il Pil fosse rimasto sulla sua tendenza precedente” (e quindi avesse continuato a svilupparsi con tasso di crescita decrescente, non costante e uguale al valore precedente all’ingresso nell’UE).

Questo voi lo avete capito, perché sarete anche poco preparati, ma almeno non siete di sinistra! Siete quindi immuni dalla filosofia del piddino, il sapere di sapere, senza sapere una beneamata, quella filosofia che avevamo descritto qui, confrontandoci con un sesquipedale cretino secondo cui un aumento del 200% equivaleva a un raddoppio. Non so se ricordate:

Incredibile dictu, ieri sera, a margine di questo dibattibecco futile, ma non inutile (sono sicuro che qualcuno di voi ha capito un po’ meglio la differenza fra lineare ed esponenziale), è arrivato uno quasi peggio!

Il fenomeno, questo qua, prima ha esordito burbanzoso con un tweet di questa fatta:

poi cancellato. Puzza un po’ di ricottina del rigurgitino, di studentello di qualche tipo di fainans, non credo di grandi letture né di studi classici (che comunque non esistono più, quindi in questo è assente giustificato). Lo si capisce dal fatto che invece di tasso di crescita parla di “tasso di rendimento composto annuo” (il rendimento del Pil? Come parli, frate?), ma la domanda non c’entrava nulla, e la potenziale sinistrosità del tipo trapelava dal suo ritenersi portatore della verità, a fronte dell’oscurantismo rappresentato dal coglione fascio legaiolo (io):

Siccome non ho mai visto una persona non capire un cazzo con così tanta intensità, ho ritenuto che fosse interessante per voi vedere lo sviluppo (o meglio, l’inviluppo) del ragionamento di questa anima persa (non filato neanche dai suoi parenti più stretti, va detto):

Delirio purissimo, ma indicativo della temperie culturale “mattonista” e del livello di degrado del cesso nero! Anche da qui, però, un insegnante sa trarre insegnamenti utili. Premesso che a questo delirante saputello era stato chiarito più volte che doveva leggersi il blog e che così avrebbe capito che il profilo esponenziale era quello che scaturiva dal controfattuale dilettantesco del Trombetta (ricordate: “Se il tasso di crescita fosse rimasto quello precedente…):

mi sembra chiaro come qui manchino le basi di qualsiasi cosa: della matematica, della statistica, ma anche della capacità di lettura di un testo!

Lo dimostra il fatto che il porello cerca di interpolare il Pil con un’esponenziale (femminile: funzione esponenziale) dal 1950, il che presupporrebbe che il tasso di crescita del Pil fosse stato costante dal 1950 a oggi (per gli ovvi motivi esposti sopra). E a chi glielo faceva notare, il povero bimbo rispondeva così:

Una cosa però è certa: se lui è intelligente io sono un coglione. Però furbo, perché senza esperienza di studi di funzione sono riuscito a farmi abilitare da ordinario. Non so se il degrado dell’università italiana sia dimostrato meglio dalla mia impreparazione o dalla preparazione di Federico: lascio decidere a voi!

La morale della favola

In trenta minuti scarsi (devo uscire con mia moglie).

Intanto: questi sono irrecuperabili. Hanno però il pregio di essere pochi.

Poi: è sempre la stessa storia. La gente parla ma non ascolta. A me che dicevo chiaramente che non mi importava che si usasse materiale mio purché lo si usasse bene, il film maker rispondeva:

Ora: non lo faccio notare a lui (perché non potrebbe capirlo), ma a voi sì: ovviamente come si fa a rendere un grafico riconoscibile lo so, e per un po’ di tempo l’ho anche fatto. Guardatevi ad esempio questo, tratto da qui:

(…per inciso: post applauditissimo all’epoca, ma testimonianza di un analfabetismo politico a livello quasi mattonista: solo che io avevo speranza di crescere…).

Secondo voi, se usavo i watermark e ho smesso di farlo, mi interessa rivendicare la mia proprietà intellettuale o no? Direi di no, giusto?

E secondo voi, perché ho smesso di farlo?

Qui si entra in un discorso politico che poi è anche un déjà-vu. Molto, molto tempo fa litigai con un amico. Ve ne ho parlato qui. Alla base di quel litigio c’era la sua idea, maturata verso dicembre 2012, di convertire il lavoro del mio blog in un volantino snello, di pochi punti (il puntinismo, malattia infantile della divulgazione), magari con qualche grafico di quelli espressivi (non mi ricordo quale dei grafici del blog lui considerasse espressivi), che poi si sarebbe dovuto diffondere con una specie di operazione di guerrilla marketing per attirare consenso su non so quale partituncolo in vista delle elezioni politiche del 2013.

Quindi: col mio lavoro divulgativo (e col nucleo di lettori del blog) si sarebbe dovuto fare un lavoro politico dai contorni non ben specificati, a beneficio non si sa bene di chi.

La mia posizione all’epoca era molto semplice: siccome il blog era, all’epoca, una fonte terza e quindi in qualche modo relativamente credibile, e siccome, non se ne dolgano gli ottoni e le spade, all’epoca certe cose solo io ero in grado di farle capire in modo convincente (lo dimostrava il consenso del blog, che era poi il branco di pesci attorno cui ruotavano tanti pescicani più cani che pesci), secondo me se c’era da diffondere del materiale, quel materiale andava reso riconoscibile come proveniente da Goofynomics, per portare più gente possibile al Dibattito, e non anonimizzato come se originasse da una galassia di improbabili sfigati (mi ricordo che li chiamavo “i marxiani scalzi della Valnerina”, per una serie di motivi che vi risparmio e che chi c’era ricorda…). Non mi sembrava il caso di associare al  mio lavoro scientifico e divulgativo il discredito di una affiliazione politica folcloristica ed improbabile!

Ovviamente su questo non eravamo d’accordo: da una parte c’ero io, che sono quello che vedete e che dovreste conoscere, dopo tredici anni di colloquio assiduo in cui mi sono aperto a voi, e dall’altra parte c’era la solita storia: l’ambizioncella politica, la fretta, l’urgenza, l’incapacità di elaborazione propria, ecc. Tutte cose che avrebbero comunque condotto al disastro, da cui il mio motto preferito in quel periodo: divisi si vince.

E diviso ho vinto, almeno se valutiamo il mio percorso con la metrica di quelli che avrebbero desiderato farlo loro!

Ora, in effetti, il problema non si pone più, per un motivo molto semplice. Per chi non mi conosce, io sono “er senatore da ‘a Lega”, quindi sono una fonte a priori inaffidabile perché di parte. Se rendessi i “miei” contenuti identificabili come tali, li renderei ipso facto inutilizzabili, perché la persona cui vorreste sottoporli si chiuderebbe a riccio in una corazza di pregiudizi antileghisti. Questo è il motivo razionale per cui non uso più da tempo i watermark (ho smesso in realtà da molto prima di entrare in politica, perché già da quando era un personaggio pubblico visibile ovviamente qualsiasi coglione riteneva di potermi giudicare sulla base delle mie pretese appartenenze ideali).

Ma questo non significa che i materiali, i punti di vista, le elaborazioni di dati che vi metto a disposizione debbano essere usati in modo dilettantesco! Chi lo fa danneggia non solo se stesso, cioè il nulla: danneggia tutti noi, insinuando il discredito verso chi difende certe posizioni. E noi questo non possiamo permettercelo.

Come diceva qualche giorno fa Giulia, e come del resto avevamo previsto, di tutti i “mijoni” autoproclamatisi tali in pandemia è rimasta solo un po’ di morchia antipolitica, i temi veri (la distribuzione del reddito, quindi l’euro, la compatibilità dell’UE con il nostro ordinamento democratico, ecc.) si stanno riaffacciando con prepotenza, e ovviamente i tanti orfani del virus, che non sono solo Burioni e Bassetti, ma anche gli antiBurioni e gli antiBassetti, si riposizioneranno su questi temi facendo un sacco di danni! L’adrenalina dei 100 like sotto al tweet è irrinunciabile: ci si posiziona sui temi che tirano… a rischio di tirarli a fondo!

Vedrete che quanto vi prefiguro qui succederà. Dovremo essere molto bravi a tenere la barra e a ricordare che dietro le nostre conclusioni c’è letteratura e rigore scientifico. Di converso, dalle cialtronate che faranno gli altri potremo retrospettivamente intuire quanto accurato fosse il loro modo di informarci su altri temi.

Il tempo è sempre un utile setaccio, anche se non sempre arreca le trasformazioni che auspicheremmo portasse.

Bisogna sapersi accontentare!

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“Pei malati c’è la china, pe’ mattoni non c’è medicina” è stato scritto da Alberto Bagnai e pubblicato su Goofynomics.