Il nome di questo rosso veronese strutturato, Amarone, deriva dalla parola “amaro”, adottata per distinguerlo dal dolce del Recioto della Valpolicella da cui ebbe, seppure involontariamente, origine. Infatti, il recioto è il corrispondente (per zona, uvaggio e tipologia) dell’amarone, ma è un passito dolce a differenza di quest’ultimo che è sempre passito seppur secco.
Il nuovo epiteto Amarone per indicare il Recioto Amaro o Recioto Secco nasce nella primavera del 1936 nella Cantina sociale Valpolicella, al tempo con sede presso Villa Mosconi ad Arbizzano di Valpolicella, ad opera del capocantina Adelino Lucchese, palato e fiuto eccezionali che, grazie al fortunato ritrovamento di una botte di recioto dimenticata in cantina e spillando il Recioto Amaro dal fusto di fermentazione, uscì in una esclamazione entusiastica: “Questo non è un Amaro, è un Amarone”. Il capocantina aveva regalato alla Valpolicella la parola magica e il direttore Gaetano Dall’Ora la usò subito in etichetta.
Ma forse più di ogni altro vale il giudizio emesso da assaggiatori francesi a Parigi nel 1845 su una partita di vino “Rosso Austero Costa Calda” di San Vito di Negrar vecchio di 11 anni: “Supremo vino d’Italia preferibile a diversi Bordeaux ed Hermitage”.
Per trovare la prima etichetta e il primo documento di vendita si deve giungere al 1938, ma il vino venne ufficialmente commercializzato solo a partire dal 1953 dalla cantina Bolla. Ottenne subito un grande successo nonostante le quantità allora limitate.
Nel 1968 si è giunti finalmente all’approvazione ufficiale del primo disciplinare di produzione e al riconoscimento della DOC, protetto con legge dal 2010, e oggi rappresenta uno dei più apprezzati vini italiani, prodotto da speficici produttori locali come ad esempio Amarone Accordini e pochi altri che lo esportano nel mondo celebrando il trionfo dell’enogastronomia italiana.