Cosa succede all’Esquilino

Questo pezzo è uscito su Gli Asini, che ringraziamo

di Bruno Montesano

Dieci senzatetto sono morti a Roma nelle ultime settimane, ma a essere inaccettabile per alcuni cittadini perbene è il degrado sotto i portici di Piazza Vittorio, nell’Esquilino, a pochi passi dalla stazione Termini. In una diffida inviata al Comune e al Municipio, firmata da circa settecento persone, si mettono insieme sporcizia e persone – secondo una catena logica che collega polizia e pulizia. Sull’onda del limitato clamore mediatico locale, e sotto la solita squallida retorica del decoro, c’è stato uno sgombero e diverse “ronde” della polizia. Per mantenere lo status quo, la funzione performativa delle forze di polizia è uno degli strumenti più efficaci.

All’Esquilino c’è spaccio e piccola criminalità ma di questa – come è banale osservare ma difficile capire – non possono essere colpevolizzati tutti i senza tetto in quanto tali. Rilevarlo non significa negare l’esistenza di problemi materiali e concreti che esistono – e sarebbe sciocco negare – ma semplicemente affrontarli e qualificarli in modo diverso. Pochi si chiedono quali siano le condizioni di vita e le regole delle strutture dove potrebbero andare le persone prive di una casa. Certo è difficile fare queste valutazioni se si entra nella paranoia da “ostaggi in casa propria” – come detto in un appello del rione di qualche mese fa.

La frustrazione di chi vive nei condomini sopra i portici della piazza umbertina è comprensibile, meno lo è la violenza ideologica con cui si disumanizzano così tante persone. Violenza temperata – e spesso contraddetta – dalle azioni di alcuni tra gli stessi estensori della diffida che, dopo aver chiesto l’allontanamento forzato dei senzatetto, si sono trovati alcune notti a cercare soluzioni abitative per i medesimi, scontrandosi con la carenza di strutture del Comune.

Contemporaneamente, nel parco di Piazza Vittorio è stato inaugurato un presepe pensato da Guillermo Mariotto al fine di “ritornare alle nostre radici”, “recuperare i nostri valori”, come si leggeva nella presentazione, e il senso di comunità nazionale indebolita dal momento pandemico. Ma, dato che nell’inaugurazione alcune figure sono state inserite da un altro artista, con un riferimento alla necessità di salvare i migranti in mare, l’opera è stata definita da alcuni residenti come blasfema e antioccidentale. Anche perché l’artista aveva descritto Gesù come un profeta.

La comunità è doppiamente sotto attacco, sia come comunità di cristiani che di proprietari.

Come noto, l’Esquilino è un quartiere dove vivono diversi cittadini e non cittadini stranieri, e già vent’anni fa il dibattito su sicurezza e xenofobia nel quartiere non era molto diverso da quello odierno. Il processo di rivalutazione del valore degli immobili – iniziato diversi anni fa con l’arrivo di nuovi cittadini benestanti, e proseguito con l’apertura di diversi nuovi locali e culminato oggi con la riapertura dei giardini di Piazza Vittorio e della vicina Piazza Dante – ha bisogno di un’operazione di polizia sulla composizione della popolazione del quartiere e sull’aspetto dei marciapiedi. Non a caso, la diffida è stata firmata anche da chi non vive nel quartiere ma possiede una seconda casa. La comunità di proprietari dietro alla diffida si appella al “Diritto”, alla “sicurezza”, al “decoro”. Si lamenta perché deve vigilare sulle istituzioni e stimolarle ad agire per riportare l’ordine.

Dalla lettura della diffida sembra che il diritto dei privati sia assoluto. Dato che il suolo dei portici appartiene ai proprietari dei condomini che lo danno in servitù al Comune, gli estensori della diffida possono affermare il diffuso individualismo proprietario – a volte moderato dalla rivendicazione di essere anche tra coloro che portano coperte. Pur se in modo contraddittorio, diventa così legittimo chiedere che i poveri vengano spostati altrove e internati coattamente – come proposto dal deputato di Fratelli d’Italia Mollicone, il quale ha chiesto che anche gli extracomunitari, in quanto tali, vengano rinchiusi. Nella diffida si individua anche una persona che viene qualificata come attivista politico, quasi a criminalizzarne l’impegno.  Tuttavia, il diritto, che è un rapporto sociale e non una mera istanza disciplinare, rimane quello di escludere e perimetrare, non un campo di tensione in cui operare per espandere libertà e sicurezza sociale per i non-cittadini.

D’altro canto, ci sono tantissime associazioni che lavorano sul territorio – ad esempio la rete di Portici Aperti – che suppliscono alle mancanze delle istituzioni ma a “Il Giornale”, “Tempo”, “Corriere della Sera” e ai vari programmi scandalistici della destra televisiva non interessa. Se è vero che il primo Municipio governato dal Pd non ha preso le distanze dalla diffida, ma al contrario ne ha parzialmente legittimato le istanze, è anche vero che ha avviato un patto di comunità con diverse associazioni e stanziato delle risorse per fornire l’alloggio ad alcuni senzatetto, secondo percorsi personalizzati. Oltre a un profondo ripensamento del tema e della politica della sicurezza, c’è bisogno di interventi articolati che riguardano la salute, l’abitare, il welfare, l’illuminazione, le attività commerciali, sociali e culturali. Non certo per accentuare la violenza dell’esclusione, attraverso i Daspo del Decreto Minniti-Orlando – invocati dai firmatari, ma al contrario per creare nuovi spazi di solidarietà.

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