Nepal, ovvero il socialismo in alta quota. Meno peggio un re!

di MATTEO CORSINI

Il Nepal, Paese a me molto caro, è diventato repubblica dopo anni di guerra civile che ha posto fine alla monarchia. Dal 2015 è in vigore una costituzione che viene messa da tempo in discussione.
Il Paese ha una struttura federale, ma le capacità amministrative scarseggiano ovunque. Non credo che il problema in sé sia la forma federale, ma oggi sta crescendo il consenso per un ritorno della monarchia e nelle apparizioni pubbliche dell’ex re Gyanendra ci sono folle a seguirlo. Per inciso, si tratta del fratello del re Birendra che fu ucciso assieme ad altri membri della famiglia reale nel 2001, in un episodio che ancora ha elementi non chiari. Fatto sta che Gyanendra, a differenza del fratello defunto, non era amato dalla popolazione nepalese. Ma adesso pare che le cose siano cambiate.
Su un quotidiano nepalese ho letto un commento inintenzionalmente grottesco:
  • “In un Paese come il Nepal, dove gli organi che controllano l’economia di mercato non sono forti, dovrebbe essere introdotta un’economia mista, così come un sistema politico basato su socialismo e pesi e contrappesi. I sistemi importati dall’estero non hanno funzionato in Nepal.”
Ora, da quando è divenuto repubblica, il Nepal è sempre stato governato da coalizioni di partiti variamente comunisti, quindi l’economia di mercato è solamente quella informale. Viene invocato il socialismo, quando solo quello c’è stato da quando è finita la monarchia. Non per dire che il modello federale funzioni, ma tutto si può pensare che sia mancato in Nepal tranne una buona dose di socialismo.
Forse sarebbe hoppeianamente meno peggio il re, per lo meno ci sarebbero meno persone al potere da mantenere.

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Censura: non c’è limite allo schifo che fanno i politici!

di PIETRO AGRIESTI

Non c’è limite allo schifo che può fare un politico e non c’è limite alla capacità di questa gente di presentare una cosa sostenendo sia l’esatto contrario. Sono capaci di presentare la libertà di espressione come neonazismo e il più platealmente illiberale e antidemocratico controllo politico dell’informazione come difesa della libertà di espressione e della democrazia. E questo è solo un esempio, non c’è motivo di credere che su ogni altra questione la politica funzioni diversamente.

Ecco cosa propone per esempio Mario Voigt, politico tedesco di centrodestra (CDU) per “proteggere la democrazia”:

  • “Come possiamo proteggere la democrazia nell’ambito dei social media? Ci sono cinque approcci:
  • 1- Idealmente, dovremmo concordare di vietare i bot e di rendere l’uso di profili falsi un reato penale.
  • 2- C’è anche la questione di richiedere alle persone di usare i loro veri nomi, perché la libertà di espressione non dovrebbe essere nascosta dietro pseudonimi.
  • 3- C’è poi la questione se creare licenze revocabili per i social media per ogni utente, in modo che le persone pericolose non abbiano spazio online.
  • 4- Dobbiamo valutare come regolamentare gli algoritmi in modo da rivitalizzare la diversità delle opinioni nei social network.
  • 5- E dobbiamo anche migliorare le competenze mediatiche.”

Ma se la gente avesse competenze mediatiche (capacità di comprensione critica di ciò che legge e ascolta) sufficienti da capire proposte come queste, chi le fa si ritroverebbe infilato dentro un cassonetto un minuto dopo averle fatte.

 

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Inchiesta / Scurati, l’antifascismo e la censura nazicomunista di Lula e Maduro

di LEONARDO FACCO Oltre ad essere “trinariciuti”, ovvero ottusi come ben spiegava Giovannino Guareschi, i comunisti sono mentitori seriali, ipocriti, assassini e criminali. Da quando governa Giorgia Meloni – per la quale, chi mi legge lo sa, non provo alcuna stima – le cariatidi rosse gridano alla censura e al regime dell’informazione, loro che monopolizzano…

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Sondaggio Eumetra (18 aprile 2024): Europee 2024

Sondaggio Eumetra (18 aprile 2024): Europee 2024

Durante la puntata di Piazzapulita (La7) del 18 aprile 2024 è stato pubblicato un nuovo sondaggio realizzato da Eumetra sulle prossime elezioni europee.

Le intenzioni di voto

Sondaggio Eumetra (18 aprile 2024): Europee 2024
Sondaggio Eumetra (18 aprile 2024): Europee 2024
Sondaggio Eumetra (18 aprile 2024): Europee 2024

Per consultare l’elenco dei sondaggi Eumetra ripubblicati su Scenaripolitici.com potete andare nella sezione “Gli altri istituti”, oppure qui.

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“Sondaggio Eumetra (18 aprile 2024): Europee 2024” è stato scritto da The Watcher e pubblicato su Scenaripolitici.com.

Carla Filosa – I “Concilianti”

di Carla Filosa

 

A chi sarà stato in Piazza dei Partigiani la mattina del 25 aprile sarà stato offerto un volantino con su scritto “Riconciliazione”. E’ diventato di moda, nel dibattito televisivo, ma anche altrove, porre la necessità di una riconciliazione nazionale, come avvenuto in Germania. Dal dopoguerra a oggi, in Italia ciò non è avvenuto come esito della guerra civile, o come si preferisca chiamare l’intervento della Resistenza nella sconfitta del nazi-fascismo. I giovani volantinanti in questione hanno suscitato tenerezza, sebbene con un po’ di disappunto per la loro fresca ingenuità, mentre sul contenuto del volantino c’è di che argomentare.

Se la riconciliazione venisse proposta con le persone che furono protagoniste 79 anni fa dello scontro bellico, ben pochi anziani troveremmo ancora in grado di condividere la proposta di una stretta di mano, che nell’arco di tutta la loro vita è mancata, o non è mai stata una priorità, un desiderio, un bisogno reale vissuto da una società civile, condotta a scelte politiche per lo più insabbiate o comunque obbligate a negare verità scomode. Gli amministratori e i funzionari del periodo fascista furono in molti casi reintegrati nei loro posti, o amnistiati.

Con i morti, sopraggiungerebbe poi una valutazione storica, necessariamente priva di interlocuzione, guidata da criteri quanto più possibile oggettivi, legata a circostanze, eventi e condizioni umane irripetibili, che non darebbero adito a “conciliazioni” rese ineseguibili dal mutamento incommensurabile e irreversibile del tempo trascorso.

La conciliazione ipotizzabile è dunque solo nel presente, con i coevi, ma qui si pone il problema centrale. Rispetto a cosa dovrebbe avvenire una conciliazione e in funzione di che, a favore di chi? Se il focus è l’essere o meno fascisti, prima di ogni dichiarazione di maniera, di appartenenza od anche di ideale sposato, bisogna definire cosa sia stato e soprattutto sia ancor oggi il fascismo, nella misura in cui se ne riconosce l’esistenza e pertanto la necessità di tenerne conto, e in che modo. Secondo una formazione culturale in cui si legge la storia per enuclearne criteri, categorie, leggi di mutamento, concetti che danno vita alla differenziazione di epoche, modi di produzione, classi sociali, culture, mentalità, ecc., gli individui appaiono solo come agenti umani, anche inconsapevoli, soggetti a forze sociali complesse che ne trainano movimenti e scelte.

 Per completezza di ciò che si cerca di chiarire, si segnala un testo di Luciano Canfora, ed. Dedalo, 2024, “Il fascismo non è mai morto”, in cui si può trovare un’analisi dettagliata dei suoi tempi di formazione, compresi quelli dell’antifascismo nel ’20 – ’21, prima cioè del suo costituirsi come governo nazionale. Solo per citare alcuni punti condivisi, vi si trova che la cronaca ha accelerato il consolidamento in Italia delle radici nel Msi, che il fascismo non è finito nel ‘45, nel senso che non ne basta la caduta a segnalarne la fine. A conferma di ciò, e in un’ottica internazionale, nel ‘60 fu realizzato il governo Tambroni, nel ‘67 in Grecia fu instaurato il governo dei colonnelli, in Cile il golpe nel ’73, in Argentina la dittatura di Videla, la formazione di neofascisti nella Germania federale, ecc. Analogamente al giacobinismo, non finito con la testa ghigliottinata di Robespierre, i concetti politici hanno 2 vite, la seconda concerne la valutazione di valori profondi. Se è vero che il fascismo fu inventato in Italia, il suo concetto è stato ampiamente dilatato nello spazio e nel tempo fino ad oggi. L’ultima fase relativa alla Repubblica di Salò, avrebbe dovuto poi scalzare la rivoluzione del ‘17 in Russia, mediante l’accentuazione del nazionalismo, del razzismo esportato anche negli Usa nel suprematismo bianco del Kkk. Infine, l’ambiguità ideologica che lo ha caratterizzato ha falsificato la restaurazione per rivoluzione, movimento di popolo invece di collusione con la piccola borghesia, nell’opposizione gerarchica, anti-egualitaria e anti-liberale a cancellazione delle idee propugnate dalla Rivoluzione Francese.

In tal senso allora, il fascismo va analizzato non solo nella sua complessiva dimensione storica, ma soprattutto nella sua funzione di movimento e regime di classe. Governo cioè di un’organizzazione statale di coesione e consolidamento imperialistico del capitale finanziario monopolistico delle multinazionali, formatesi a livello mondiale. Fascismo è allora, culla l’Italia, un modello di regime autoritario funzionale allo schiacciamento del lavoro (abbassamento salariale, eliminazione dei sindacati nella formazione del sindacato unico corporativo tra imprenditori e lavoratori, violenze a danno di questi ultimi, connivente la polizia, eliminazione fisica o carcerazione di intellettuali dissidenti e oppositori politici, ecc.), per la sicurezza dei profitti colpiti dalla crisi economica di sovrapproduzione, irrisolta sin dalla I° Guerra Mondiale. Questo modello fu subito esaltato negli Usa, usato nel New Deal da Roosevelt, poi in Germania da Hitler, mentre negli altri paesi europei e non (Giappone), incluse le cosiddette “democrazie occidentali”, in cui si doveva rafforzare l’esecutivo in ottemperanza alle esigenze egemoniche dei capitali più forti, in competizione per la rapina, allora coloniale, delle materie prime.

Non potendo essere eliminato il conflitto reale capitale/lavoro, questo poteva almeno essere dissimulato a vantaggio di un altro conflitto – quello che porterà alla II° Guerra Mondiale – altrettanto ineliminabile, tra capitali competitivi a livello internazionale. Gli stati moderni – nell’analisi del 1917 da parte di Lenin che qui si riporta – svolgono la funzione di “assoggettamento alla volontà altrui”, “apparato di costrizione, di violenza secondo il livello tecnico di ogni epoca”, “mutamento delle forme del dominio di classe”, “giustificazione all’esistenza dello sfruttamento del capitalismo”.

Già Engels (1894) aveva messo in guardia sulla mistificazione di un concetto di stato quale “organo della conciliazione delle classi”, invece di essere quello che mediava gli interessi interno alla classe borghese, ne costituiva l’ordine dominante e oppressivo in quanto forma di legalizzazione; e ancora, quello che sembrava al di sopra della società, super partes, e, nella forma democratica, “il miglior involucro possibile per il capitalismo”. L’inconciliabilità degli opposti interessi entro lo stato del capitale – “comitato d’affari” lo definirà Marx – condurrà a un primo passo nella “conquista della democrazia” per il proletariato e la maggioranza della popolazione, tagliata fuori dalla politica e dalla società nell’impoverimento progressivo. Ciò che successivamente la democrazia dovrebbe gradualmente e spontaneamente consentire, o almeno favorire, è un percorso di libertà dallo sfruttamento, ossia da un lavoro erogato e non pagato a formare i profitti che si avvalgono del dominio per la riproducibilità del sistema di capitale.

La disuguaglianza e pertanto l’ingiustizia sociale sono, non solo il presupposto di questo modo di produzione, ma la permanenza del diritto borghese alla diseguaglianza, riverberato nei cosiddetti “diritti” sociali o civili. La finzione massima diventa così il “diritto al lavoro” – invocato ancor oggi nonostante la sua inconsistenza rivendicativa e la sua irrisione nell’ironico scritto di P. Lafargue “Il diritto all’ozio” (1883). Non si ha mai chiaro che il lavoro, infatti, o meglio l’occupazione, si ottiene solo se si è produttivi, ovvero nelle condizioni di creare plusvalore, altrimenti si ingrossano le file di una sovrappopolazione stagnante o da mandare al macero.

Il non-senso del chiedere lavoro da parte di chi ne dipende, si concretizza nell’illusione di una parità – formalmente assicurata e sbandierata – ma sostanzialmente negata, irreale, tra lavoratori e capitalisti. L’unica libertà reale, in regimi autoritari o sedicenti democratici, è quella del capitale che dirige la produzione o la rapina di plusvalore nella speculazione e nella acquisita spartizione del mondo.

Il fascismo si è inoltre presentato come «terza via» tra democrazia e reazione, sul modello bonapartista, che in realtà altro non è che la stessa «seconda via» (la reazione) in forme moderne e pseudo-rivoluzionarie. A sua volta il modello originario è stato il «cesarismo» di sicura fascinazione per l’incultura procurata nelle masse. Per quanto riguarda poi il suffragio universale maschile – che fu ottenuto col sistema proporzionale in Italia solo dopo la guerra, per le elezioni del 1919, senza le limitazioni della legge giolittiana e a favore di socialisti e popolari – fu prontamente abrogato dal governo Mussolini mediante la suddetta legge Acerbo del ’23, in vista delle elezioni del 1924.

Non casualmente, questa legge fu usata a modello per la cosiddetta “legge truffa”, riproposta ma sventata nel 31 marzo 1953, durante il governo De Gasperi. A 20 anni di distanza, a fascismo storico “superato”, il meccanismo della legge elettorale (introduzione di un premio di maggioranza che avrebbe assegnato il 65% dei seggi della Camera a chi avesse raggiunto il 50% più uno dei voti validi) si ripresentava come arbitrio istituzionale della minoranza governativa per escludere la maggioranza del paese dalla partecipazione al potere. Ciò che conta sarà il suffragio dei mercati, non quello degli elettori.

Altro aspetto da non sottovalutare, l’origine del fascismo va ricercata nella forma economica della crisi strutturale del capitale ormai imperialistico, che ha trovato la sua soluzione definitiva nella guerra del 1914. All’Italia viene imposto l’entrata in guerra l’anno successivo mediante la fortunata formula del “colpo di stato” monarchico, che di fatto esautora l’attività parlamentare soprattutto in merito all’“affare” guerra. L’Europa sperimenta così lo sterminio delle popolazioni trascinate nel conflitto per la “ripresa” del capitale nell’industria bellica, e la ridefinizione egemonica mondiale degli Stati Uniti d’America sul declino dell’Impero britannico. Sul piano politico si affaccia la trasformazione in chiave autoritaria di diversi stati (in Germania la dittatura del generale Ludendorff), che si avvantaggiano della mancanza di controlli da parte dei parlamenti e in particolare dell’arresto dell’avanzata socialista. Francia, Germania, Spagna, Austria, Ungheria hanno fatto cadere i regimi parlamentari e in Italia Mussolini viene chiamato al governo da un re pago di sostituire il popolo con un populismo nazionale.

Per concludere, questo breve schizzo di quello che fu il fascismo, questo mostra la sua natura coerentemente saldata al destino delle oscillazioni delle fasi del modo di produzione capitalistico, la cui aggressività, criminalità o forma antisociale è direttamente proporzionale alla sua necessità di sopravvivere e riprodursi. In tale ottica nessuna conciliazione è pensabile tra esseri umani e la materialità immateriale di un meccanismo economico-politico. E’ invece assolutamente plausibile, da parte del potere, l’obiettivo propagandistico di obliterare il conflitto reale, oggettivo, al fine di distruggere capitali altrui e forza-lavoro in eccesso attraverso guerre ormai di “basso profilo”, “bassa intensità”, “per interposta persona”, e così via depistando, per giungere all’annientamento soggettivo della coscienza del relativo, consustanziale conflitto sociale. Se il conflitto non viene agito, si crede, non esiste. L’ideologia dell’armonizzazione, della pacificazione sociale è sempre stato il refrain di un potere che, su modello delle holding economiche internazionali, gestisce le filiere dipendenti di partiti, sindacati, associazioni, ong, ecc.

 Quello che nel 25 aprile è stato definito “tensione” in piazza, sedata dal provvido intervento di polizia, non è stato un “fascismo” di ritorno, ma un procedere dell’imperialismo verso nuove, attuali distruzioni, genocidi, minaccia nucleare riattivata. Il motivo per cui le bandiere con la stella di Davide e quella palestinese non si siano “conciliate” non dipende da chi le innalzava, ma dall’orrore genocida scatenato dall’imperialismo armato dei nostri giorni. Non riusciamo nemmeno a contare i morti tra russi, ucraini, palestinesi, israeliani, iraniani, siriani, yemeniti, ecc., tanto per citare alcune nazionalità a noi più prossime. Chi intende pacificare mentre continua a uccidere, cerca solo la cancellazione della verità in questo tempo e soprattutto in quello futuro. Chiamare “fascismo” l’attuale governo italiano può essere legittimo nell’evocare tratti comuni, e ce ne sono: l’Italia anche oggi è impegnata nella guerra (sebbene ancora in forma defilata), tende a impedire la libertà di pensiero, di stampa, di manifestazione, attua un pesante revisionismo storico nell’equiparazione arbitraria di fascismo e comunismo, nelle indicazioni dello studio della storia, nella disinformazione di massa, nel tentativo di riformulare la Costituzione, di controllo della magistratura, ecc. Riconoscere che però sussiste ancora una seppur fragile democrazia è fondamentale per individuare anche, attraverso i non pochi scivoloni di questo governo, una sua strutturale confusione reazionaria che si può contrastare e forse eliminare.       

A tutto ciò non deve inoltre mancare un’analisi del dominio tecnologico, di cui la centralizzazione del capitale ormai dispone e di cui, “il fascismo che c’è”, ne è espressione. Non è scontato, infatti, che la putrescenza imperialistica debba mantenere per molto ancora il dispotismo di una gang nascosta ma ancora dominante, senza perdita di controllo per effetto della concorrente conflittualità transnazionale, cui si aggiunge la precarietà del degrado planetario. Chi cerca la pace non basta che la invochi pronunciandone le sillabe, deve dire anche di chi e per chi. Deve lottare per conquistarla, come soprattutto la Resistenza ci ha insegnato.   

Intelligence Usa: Putin non ha ordinato la morte di Navalny (Esclusiva WSJ)

di Piccole Note

La comunità dell’intelligence degli Stati Uniti ha escluso che Putin abbia ordinato di uccidere Navalny, anche se la formula che usa il Wall Street Journal nel rivelare tale conclusione resta aleatoria, riferendo cioè che è “improbabile” un ordine di Putin in tal senso et similia, per evitare di disturbare eccessivamente la narrativa di guerra.

La morte di Navalny ha offuscato la vittoria elettorale di Putin

Nel tentativo di sminuire la notizia, il WSJ riporta anche voci dissonanti da tale valutazione, nonostante abbiano meno autorevolezza e meno informazioni dell’intelligence Usa. E il primo a essere interpellato a tale scopo è Leonid Volkov, che il giornale presenta come sodale di lungo corso di Navalny.

Sull’affidabilità di Volkov basta ricordare che, da presidente della Fondazione fondata da Navalny, inviò due missive riservate al ministro degli Esteri della Ue Josep Borrell per chiedere la remissione delle sanzioni per alcuni oligarchi russi.

Non è tanto questa mossa, forse favorita dai rapporti tra Volkov e gli oligarchi in questione, a suscitare dubbi sulla sua affidabilità, quanto il fatto che, quando l’iniziativa fu resa di pubblico dominio da un dissidente russo, il Volkov negò allo stremo di averla intrapresa, per poi infine ammetterla con scorno, tanto da dover abbandonare la carica di presidente della Fondazione.

Maria Pevchikh Named Chief Of Navalny's Anti-Corruption Foundation After Volkov Stepped Down

A lustrare nuovamente l’immagine di Volkov, l’odiosa aggressione recentemente subita nel suo esilio in Lituania. Ovviamente le autorità lituane hanno subito accusato i russi, ai quali ormai si addebitano anche le liti condominiali, con accuse alquanto improbabili avendo i russi problemi maggiori da risolvere che non quelli (non) posti da un personaggio tanto screditato.

Forse l’aggressione potrebbe spiegarsi come un segnale indiretto contro la nuova presidente della Fondazione di Navalny, Maria Pevchikh, che per prima ha rivelato l’esistenza di una trattativa per liberare il dissidente russo. Rivelazione improvvida, dal momento che minava nel profondo la narrazione di un assassinio voluto da Putin, peraltro giunta proprio mentre montava la riprovazione del mondo contro lo zar.

Ma al di là dell’incidente di cronaca nera e delle sue motivazioni, val la pena riferire che l’articolo del WSJ si chiude riannodando i fili del fallito scambio di prigionieri.

“Solo una settimana prima della sua morte – scrive il media americano – Biden e il cancelliere tedesco Olaf Scholz avevano parlato di una potenziale proposta per uno scambio di prigionieri che avrebbe potuto liberare Navalny e gli americani detenuti in Russia”.

“Tra questi figuravano il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich e l’ex marine americano  Paul Whelan […] In cambio, il Cremlino voleva Vadim Krasikov, un agente dell’intelligence russa condannato in Germania per l’omicidio di un dissidente georgiano”. L’unica condizione posta da Putin era che Navalny non tornasse mai più in Russia, ricorda il media.

Il WSJ non riporta nel dettaglio le motivazioni della conclusione dell’intelligence Usa che scagionano Putin. Fa un solo cenno, ma più che significativo riguardo la tempistica, cioè che la morte dell’oppositore russo ha “oscurato” la vittoria elettorale di Putin appena conseguita.

Il giornale non fa il passo logico successivo, cioè che la liberazione di Navalny avrebbe segnato un altro punto a favore dell’immagine dello zar dopo quello conseguito nelle elezioni.

Una vittoria di immagine che peraltro avrebbe allentato le tensioni con l’Occidente, aprendo forse spiragli per le prospettive di un negoziato di pace, in contrasto con i desiderata del partito della guerra americano, che tali aperture ha affossato più volte con successo.

Le pressioni Usa sull’Ucraina per approvare la leva di massa

Morto Navalny, infatti, la narrazione sulle vicende ucraino-russe è rimasta sui binari consolidati e la guerra ha continuato il suo corso, macinando vite ucraine a maggior gloria del partito della guerra Usa, che ha ottenuto il suo trionfo con l’ultima tranche di aiuti per Kiev (rimandiamo all’intelligente commento dell’ex senatore Usa Ron Paul).

I nuovi aiuti non serviranno a ribaltare le sorti della guerra, come ben sanno tutti quelli che hanno spinto in tal senso, nonostante dicano il contrario. Né a permettere a Kiev di portare una prossima controffensiva, tanto che l’Economist ha rivelato che questa sarà possibile solo nel 2026 o 2027 (date aleatorie per una controffensiva aleatoria… sempre che per allora l’Ucraina esista ancora, si potrebbe aggiungere).

Non importa, tanto a morire in questa guerra per procura della Nato contro la Russia sono gli ucraini. E ne moriranno sempre di più grazie alla nuova legge sull’allargamento massivo della leva, che porterà al fronte altra carne da cannone.

Una legge sulla quale la Rada ucraina ha a lungo tergiversato, ben sapendo cosa avrebbe comportato per i propri concittadini (e temendo proteste), ma che alla fine è stata approvata per le forti pressioni degli Stati Uniti, come ha rivelato il New York Times.

I funzionari american “hanno fatto pressioni sul governo di Kiev” affinché “risolvesse i problemi” sull’approvazione della “legge sulla mobilitazione”, scrive il Nyt.

Ukraine Is Denying Consular Services to Men Outside the Country

Ultimo a esercitare tali pressioni, il sottosegretario di Stato americano per gli affari europei ed eurasiatici James O’Brien, sbarcato a Kiev nella settimana cruciale per l’approvazione della norma. “L’Ucraina deve assicurarsi di avere le persone necessarie per combattere”, ha detto O’Brien in una conferenza stampa.

“Non faremo niente sulla quale l’Ucraina non sia d’accordo” è il mantra che ha usato e abusato l’amministrazione Usa per rifiutare le aperture di Mosca sui negoziati. Mantra che stride con le pressioni su Kiev perché si conformi ai propri desiderata.

Peraltro, mentre gli Usa e la leadership ucraina mandano centinaia di migliaia di uomini verso l’inferno della prima linea, “è in costante aumento il numero di cittadini ucraini disposti a prendere in considerazione l’opzione di adire a concessioni territoriali in cambio della cessazione delle ostilità/pace”, come rivela l’esperto di affari militari ucraino  Alexander Musienko (Strana).

Solo la punta dell’iceberg di un sentimento sempre più dilagante nella società ucraina che i media occidentali evitano di riportare, spesso anzi riferendo il contrario perché tale sentimento stride con la narrativa di guerra alla quale sono consegnati.

 

Sussidi pubblici: l’ipocrisia occidentale verso la Cina è nuda

 

di Pasquale Cicalese 

 

Notizia del 15 aprile sia di Milano Finanza che de Il Sole 24 Ore. Il governo americano dà 6,4 miliardi di sussidi a Samsung per costruire una fabbrica di chip in Texas.

Sappiamo quanti miliardi ha avuto Stellantis dal governo italiano negli ultimi 2 anni (6 miliardi, quanto il costo del reddito di cittadinanza ora abolito) per non parlare del passato. Vi è una lunga lista di sussidi pubblici in Germania, Francia, Inghilterra, Spagna, Polonia ecc. ecc. Ma la Yellen accusa la Cina di sussidiare le sue industrie. Ora, a parte che almeno il 30% della produzione industriale cinese è pubblica (proprio come da noi nella Prima Repubblica, eravamo visti come un Paese “comunista”, ma eravamo moderni e il benessere c’era), faccio una domanda provocatoria. Perché l’Ocse non fa uno studio comparato di quanti miliardi di sussidi pubblici concedono i paesi occidentali e quanti la Cina?

Si scoprirà che il rapporto è inverso, quindi la Cina non ci sta ad essere cornuta e mazziata e giustamente manco risponde alla Yellen o alla Von der Leyen. Semplicemente la Cina è un paese “socialista” con forte apporto di banche pubbliche, imprese pubbliche, servizi pubblici (proprio come eravamo noi, ve li ricordate gli anni settanta o ottanta, per non andare dietro ancora?). Ciò portava gettito fiscale al governo.

Cossiga nel 1969 ebbe a dire: abbiamo tanto gettito che non sappiamo come spenderlo. Ora, con le privatizzazioni che ci sono state negli anni novanta grazie a Draghi, Prodi, Amato, D’Alema, un pò Berlusconi e ora la Meloni, molte di queste imprese oligopolistiche hanno alzato le tariffe, non hanno fatto manutenzione (ogni riferimento ai Benetton è casuale) e soprattutto hanno trasferito la sede legale e fiscale nei paradisi fiscali (vedi Fiat, dopo 100 anni di sussidi pubblici).

Ecco perché la Cina può permettersi spese a favore di industria, servizi alla popolazione a prezzo basso se non politico (vi ricordate quanto costava un biglietto bus da noi negli anni settanta?). E’ salario sociale globale di classe, oltre che salto tecnologico. E’ questo di cui si accusa la Cina, la stessa accusa che sin dal 1917 si fece all’Urss, vale a dire che il governo controlla l’economia. In Cina ci sono miliardari. Tra i miei contatti c’è un architetto che vive in Cina. 4 anni fa, chattando mi disse: “vedi Pasquale, gli imprenditori privati, i miliardari, se il governo lo chiede (e Xi lo ha chiesto due anni e mezzo fa), danno tanti soldi alla comunità per un semplice motivo. Il governo gli ha portato benessere, competività, gli ha permesso di accumulare ricchezze”.

Alibaba due anni fa diede 10 miliardi di dollari alla comunità cinese. E tante altre industrie private. Forse non sarà socialismo, ma il benessere comune, frutto del confucianesimo, lo sentono tutti, quel che i cristiani italiani definiscono distibutivismo. E allora, quanti miliardi di sussidi pubblici regala l’Occidente, e quanti ne dà la Cina? Spesso le aziende cinesi private non hanno bisogno, da almeno 15 anni, di sussidi pubblici perché sono piene di liquidità, grazie a successi imprenditoriali diffusi (i cinesi sono mercanti da millenni).

Elezioni prossime: stanno ricostruendo l’Unione Sovietica, in versione democratica

di LEONARDO FACCO Il fatto che parassiti della politica come quelli di +Europa non perdano occasione per sostenere l’idea di rafforzare, e centralizzare, i poteri di Bruxelles, mi sprona a parlare sempre più male dell’URSE, ovvero dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Europee. Ciononostante, gli europeisti d’accatto, straccioni ideologici illiberali e quinte colonne del centralismo più becero,…

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Discorso sul denaro: la radice di ogni bene

di REDAZIONE*

«E così lei pensa che il denaro sia alla radice di tutti i mali?» disse Francisco d’Anconia. « Si è mai chiesto quali sono le radici del denaro? Il denaro è un mezzo di scambio, che non può esistere se non esistono merci prodotte e uomini capaci di produrle. Il denaro è la forma materiale del principio che se gli uomini vogliono trattare l’uno con l’altro, devono trattare scambiando valore con valore. Il denaro non è lo strumento dei miserabili, che vi chiedono il prodotto con le lacrime, né dei pescecani, che ve lo tolgono con la forza. Il denaro è reso possibile solo dagli uomini che producono. E’ questo che lei chiama male?

Quando accetta del denaro in pagamento dei suoi sforzi, lei lo accetta esclusivamente perché sa di poterlo dare in pagamento degli sforzi di qualcun altro. Non sono i miserabili o i pescecani che danno valore al denaro. Non basterebbero un oceano di lacrime né tutti i fucili del mondo per cambiare i pezzi di carta che si hanno nel portafogli col pane che ci servirà domani per sopravvivere. Quei pezzi di carta, che dovrebbero essere d’oro, sono un contrassegno d’onore… il nostro diritto sull’energia degli uomini che producono. Il portafogli è la nostra speranza che in qualche parte del mondo ci siano uomini che non tradiscano il principio morale che è alla radice del denaro. E’ questo che lei considera un male?

Ha mai osservato le radici della produzione? Dia un’occhiata a un generatore elettrico e osi dichiarare che è stato creato dagli sforzi muscolari di bruti senza cervello. Cerchi di far crescere un chicco di frumento senza la conoscenza lasciatale da uomini che l’hanno dovuta scoprire per la prima volta. Cerchi di ottenere il suo cibo solo con movimenti fisici … e scoprirà che la mente dell’uomo è alla radice di tutte le cose prodotte e di tutto il benessere che esiste sulla terra.

Ma forse vuol dire che il denaro è creato dal forte a spese del debole? Di che forza intende parlare? Non della forza dei muscoli o dei fucili. Il benessere è il prodotto della capacità dell’uomo di pensare. Allora il denaro è fatto dall’uomo che inventa un motore a spese di quelli che non l’hanno inventato? Il denaro è fatto dall’intelligenza a spese dell’idiozia? Dalla capacità a spese della incompetenza? Dall’ambizione a spese della pigrizia? Il denaro è fatto … prima che possa esservi tolto dai piagnistei o dai fucili … fatto dallo sforzo di ogni uomo onesto, a seconda della sua capacità. Un uomo onesto sa che non può consumare più di quanto abbia prodotto.

Commerciare per mezzo del denaro è il codice degli uomini di buona volontà.Il denaro poggia sull’assioma che ogni uomo è il proprietario della propria mente e dei propri sforzi. Il denaro non permette di valutare i nostri sforzi se non con la scelta volontaria dell’uomo disposto a commerciare in cambio i suoi sforzi. Il denaro ci permette di ottenere per i nostri prodotti e per il nostro lavoro quello che valgono per gli uomini che li acquistano, non di più. Il denaro non permette alcun affare all’infuori di quelli a beneficio reciproco secondo il libero giudizio dei contraenti. Il denaro ci impone il principio che gli uomini devono lavorare per il propriobenessere, non per la propria sofferenza, per guadagnare, non per rimetterci … il principio che non esistono bestie da soma, destinate a portare il peso della nostra cattiveria … che bisogna offrir loro valori, non ferite … che il vincolo che unisce gli uomini non è lo scambio di sofferenze ma lo scambio di merci. Il denaro ci impone di vendere, non la nostra debolezza alla stupidità degli uomini, ma il nostro talento alla loro intelligenza; ci impone di comprare non quello che ci offrono, ma quello che più soddisfa le nostre esigenze. E quando gli uomini vivono di commercio … avendo la ragione, non la forza, come arbitro finale … è il miglior prodotto che vince, la migliore realizzazione, l’uomo che ha più criterio e più abilità. E il grado della produttività dell’uomo determina la sua ricompensa. Questo é il codice dell’esistenza, il cui simbolo è il denaro. E’ questo che lei considera un male?

Ma il denaro è solo uno strumento. Ci condurrà ovunque vogliamo, ma non prenderà il nostro posto. Ci darà i mezzi per la soddisfazione dei nostri desideri, ma non ci procurerà i desideri. Il denaro è la frusta per gli uomini che tentano di invertire la legge della causalità

… per gli uomini che cercano di rimpiazzare la mente rubando i prodotti della mente.

Il denaro non comprerà la felicità all’uomo che non sa quello che vuole: il denaro non gli darà un codice di valori, se quest’uomo evade la conoscenza di ciò che deve valutare, e non gli procurerà uno scopo, se evade la scelta di quello che cerca. Il denaro non comprerà l’intelligenza allo sciocco, né l’ammirazione al codardo, né il rispetto all’incompetente. L’uomo che tenta di comprare il cervello di coloro che gli sono superiori, sostituendo il denaro al discernimento, finirà con l’essere vittima di quanti gli sono inferiori. Gli uomini intelligenti lo sfuggiranno, e gli imbrogli e le frodi si ritorceranno su di lui, spinte da una legge che non ha scoperto: che l’uomo non può essere più piccolo del suo denaro. E’ per questa ragione che lei lo chiama un male? Solo l’uomo che non ne ha bisogno, è adatto a ereditare il benessere … l’uomo capace di farsi una fortuna anche se non l’avesse. Se un erede è uguale al suo denaro, il denaro lo servirà: altrimenti lo distruggerà. Ma voi che guardate gridereste che è stato il denaro a corromperlo. Davvero? Non è stato lui, invece, a corrompere il suo denaro? Non invidiate un erede che non vale niente; la sua fortuna non è vostra, e voi non avreste agito meglio di lui. Non pensate che dovrebbe venir distribuita fra voi; gravare il mondo di cinquanta parassiti, invece che di uno, non farebbe rimanere la virtù che ha creato quella fortuna. Il denaro è una potenza vivente che muore senza le sue radici. Il denaro non servirà la mente incapace di esserne degna. E’ per questa ragione che lei lo chiama un male?

Il denaro è il mezzo per sopravvivere. Il verdetto che pronunciamo sulla nostra fonte di guadagno è un verdetto che pronunciamo sulla nostra vita. Se la fonte è corrotta, avremo dannato tutta la nostra esistenza. Abbiamo ottenuto il denaro con una frode? Sfruttando i vizi o la stupidità degli uomini? Imbrogliando gli sciocchi, in modo da ottenere più di quanto la nostra abilità meriti?

Scendendo a compromessi con i nostri principi? Facendo un lavoro che disprezziamo per gente che non stimiamo? Allora il denaro non ci darà un attimo né un centesimo di gioia. Allora le cose che acquisteremo diverranno non un tributo, ma un rimprovero. Non una conquista, ma il ricordo di una vergogna. Allora grideremo che il denaro è un male. Un male, solo perché non ci aiuterà a trovare il rispetto in noi stessi? Un male, perché non ci permetterà di goderci la nostra depravazione? E’ questa la radice del suo vero odio per il denaro?

Il denaro rimarrà sempre un effetto e si rifiuterà di divenire una causa.Il denaro è il prodotto della virtù, ma non ci darà la virtù né redimerà i nostri vizi. Il denaro non ci procurerà quello che non abbiamo guadagnato, né in materia né in spirito. E’ questa la radice del suo odio per il denaro?

O ha detto che é l’amore per il denaro, la radice di tutti i mali? Amare una cosa vuol dire conoscerne e amarne la natura. Amare il denaro vuol dire conoscere e amare il fatto che il denaro è la creazione di quanto di meglio abbiamo in noi, il mezzo di scambiare i nostri sforzi con gli sforzi di quanto di meglio c’é negli uomini. La prima a proclamare il suo odio per il denaro è proprio la persona disposta a vendere la propria anima per un centesimo … e ha tutte le ragioni per odiarlo. Quelli che amano il denaro sono disposti a lavorare, per procurarselo. Sanno di meritarselo.

Lasciate che vi dia un consiglio che vi aiuterà a capire il carattere degli uomini: l’uomo che detesta il denaro è quello che l’ha ottenuto in modo poco onorevole; l’uomo che lo rispetta se l’è guadagnato.

Sfuggite gli uomini che vi dicono che il denaro è un male. Questa frase è il campanello d’allarme, vi avvisa che c’è un pescecane in arrivo. Finché gli uomini vivranno insieme sulla terra e avranno bisogno di qualcosa per commerciare gli uni con gli altri … l’unico surrogato, se scartano il denaro, è il calcio di un fucile.

Ma il denaro esige da noi le più alte virtù, se vogliamo guadagnarcelo e mantenercelo. Gli uomini privi di coraggio, di orgoglio e di stima in se stessi, gli uomini che non hanno alcun senso morale del loro diritto al denaro e che non sono disposti a difenderlo come difenderebbero le loro stesse vite, gli uomini che chiedeono scusa perché sono ricchi … non rimarranno ricchi a lungo. Essi sono la preda naturale dei pescecani che stanno nascosti sotto gli scogli per secoli, pronti a saltar fuori al primo odore di un uomo che chiede di essere perdonato perché possiede il benessere. Si affretteranno a liberarlo della colpa … e della vita, come si merita.

Allora assisteremo al cammino degli uomini di due tipi … degli uomini che vivono con la forza, pur contando su quelli che vivono di commercio perché creino il valore del loro denaro … e degli uomini che vivono secondo virtù.

In una società morale, questi sono i criminali, e i codici sono fatti apposta per difenderci da loro. Ma quando una società stabilisce dei criminali-per-diritto e dei pescecani-per-legge, uomini che usano la forza per appropriarsi del benessere di vittime disarmate, allora il denaro diventa il vendicatore di colui che lo ha creato. Questi pescecani pensano che non ci sia pericolo a derubare degli uomini indifesi, una volta approvata una legge che li disarmi. Ma il loro furto diventa un magnete per gli altri ladri, che ruberanno il denaro a coloro che l’hanno a loro volta rubato. E così la gara continua non per quelli che sono i più abili a produrre, ma per quelli che posseggono la maggior dose di spietata brutalità. Quando si agisce secondo forza, l’assassino vince sul borsaiolo. E allora la società scompare, in un nuvolo di rovine.

Volete sapere se questo giorno arriverà? Attenti al denaro. Il denaro è il barometro delle virtù di una società. Quando vi accorgerete che il commercio é fatto non per consenso, ma per costrizione, quando vedrete che per poter produrre avete bisogno di un permesso da parte di uomini che non producono, quando vi renderete conto che il denaro vi sfuma dalle mani non per merci, ma per favori, quando osserverete che gli uomini diventaono più ricchi rubano e costringendo che lavorando, e che le leggi non vi proteggono contro di essi, ma proteggono loro contro di voi … quando vedrete che la corruzione viene ricompensata e l’onestà diventa un olocausto … allora capirete che la vostra società è condannata. Il denaro è una cosa tanto nobile che non scende a patti con i fucili o con la brutalità. Non permetterà ad una società di sopravvivere fra i pescecani e i ladri.

Ogni qualvolta fra gli uomini appaiono dei distruttori, cominciano prima di tutto a distruggere il denaro, perché il denaro è la protezione degli uomini e la base di un’esistenza morale. I distruttori si impossessano dell’oro, dando in cambio un mucchio di carta. Questouccide tutti i principi obbiettivi e consegna gli uomini al potere arbitrario, un arbitrario giudice dei valori. L’oro era un valore oggettivo, un equivalente della ricchezza prodotta. La carta é un’ipoteca su una ricchezza che non esiste, appoggiata da un fucile puntato su coloro che devono produrre. La carta é un assegno rilasciato dai pescecani legali su un conto che non é il loro: sulle virtù delle vittime. Attenti al giorno in cui l’assegno vi sarà rimandato indietro con sopra scritto: “Per mancanza di fondi”.

Quando avrete fatto del male un mezzo per sopravvivere, non vi aspettate che gli uomini rimangano buoni. Non vi aspettate che rimangano morali per far cuscino agli immorali. Non vi aspettate che producano, quando la produzione viene punita e il ladrocinio ricompensato. Non chiedetevi: “Chi distrugge il mondo?” Siete voi.

Siete in mezzo alle più grandi conquiste della più grande civiltà produttiva e vi chiedete perché vi cade a pezzi intorno, mentre condannate la sua linfa vitale … il denaro. Considerate il denaro come lo consideravano i selvaggi prima di voi, e vi chiedete perchè la giungla sta man mano inghiottendo le vostre città. Nella storia dell’uomo, il denaro è sempre stato rubato da pescecani di un tipo o dell’altro, i cui nomi cambiavano, ma i metodi rimanevano gli stessi: impossessarsi della ricchezza con la forza e tenere i produttori legati, diffamati, oppressi, privati dell’onore.

Quella frase sul male del denaro, che pronunciate con tanta virtuosa indifferenza, proviene da un’epoca in cui il denaro veniva prodotto dal lavoro degli schiavi … schiavi che continuavano a ripeterla, dopo che fu scoperta dalla mente di qualcuno, e rimasta così per secoli. Finché la produzione veniva regolata dalla forza e la ricchezza veniva conquistata con la violenza, poteva andar bene.

Però, attraverso secoli di miseria e di fame, gli uomini hanno continuato a esaltare i pescecani, a considerarli aristocratici della spada, aristocratici per nascita, aristocratici della burocrazia, e a disprezzare i produttori, a considerarli schivi, commercianti … e industriali.

Per la gloria dell’umanità, c’é stata, per la prima e ultima volta nella storia, una nazione del denaro

e non trovo miglior tributo da offrire all’America, perché questo significa: una nazione di ragione, di giustizia, di libertà, di produzione, di conquista. Per la prima volta, la mente dell’uomo e il denaro furono liberati e non esistevano più fortune-per-conqusta, ma fortune-per lavoro, e al posto degli uomini con la spada in mano apparvero i reali costruttori del benessere, i più grandi lavoratori, gli esseri umani più evoluti… gli uomini fatti da sé … gli industriali americani.

Se mi chiedete di nominare la più orgogliosa distinzione degli americani sceglierei… perché contiene tutte le altre… il fatto che sono stati loro a creare la frase “far soldi”. Nessun altro popolo e nessun’altra nazione aveva mai usato prima qeuste parole; gli uomini avevano sempre pensato alla ricchezza come a una quantità statica… da ereditare, chiedere, rubare, dividere o ottenere come un favore. Gli americani sono stati i primi a capire che la ricchezza deve essere creata. Le parole “far soldi” contengono l’essenza della moralità umana.

Eppure queste furono le parole per le quali gli americani furono condannati dalla cultura dei continenti dei pescecani. Ora il credo dei pescecani vi ha convinti a considerare le vostre più grandi conquiste come un marchio di infamia, la vostra prosperità come una colpa, gli industriali come delinquenti, e le vostre meravigliose fabbriche com il prodotto e la proprietà di un lavoro muscolare, il lavoro di schiavi, frustati come quelli delle piramidi d’Egitto. Il farabutto che dice di non vedere alcuna differenza fra il potere del dollaro e quello della frusta, dovrebbe imparare la differenza sulla sua stessa schiena … come penso che avverrà.

Finché e a meno che non scoprirete che il denaro è alla radice di ogni bene, sarete voi stessi gli artefici della vostra rovina. Quando il denaro finirà di essere il mezzo di scambio fra gli uomini, allora gli uomini diverranno gli schiavi degli uomini. Sangue, fruste e fucili … o dollari. Fate la vostra scelta … non c’è n’é altra … è giunto il momento”.

*Discorso sul denaro di Francisco D’Anconia (La Rivolta di Atlante, di Ayn Rand, Corbaccio editore)

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“Discorso sul denaro: la radice di ogni bene” è stato scritto da Leonardo e pubblicato su Miglioverde.

Sondaggio Piepoli (19 aprile 2024): Europee 2024

Sondaggio Piepoli (19 aprile 2024): Europee 2024

Sull’edizione del 19 aprile 2024 de Il Giornale è stato pubblicato un sondaggio sulle prossime elezioni europee realizzato dall’Istituto Piepoli.

Le intenzioni di voto

Sondaggio Piepoli (19 aprile 2024): Europee 2024

Per consultare l’elenco dei sondaggi Piepoli ripubblicati su Scenaripolitici.com potete andare nella sezione “Gli altri istituti”, oppure cliccare qui.

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“Sondaggio Piepoli (19 aprile 2024): Europee 2024” è stato scritto da The Watcher e pubblicato su Scenaripolitici.com.

La settimana phastidiosa – 27 aprile 2024

Macron, Draghi e la sindrome italiana della Ue – Gli astenuti in astinenza da debito – Le peggiori prassi e il Superbonus spalmabile – Babbo Natale e la tredicesima primaverile – Elly e il moto perpetuo che fa bene alla salute
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“La settimana phastidiosa – 27 aprile 2024” è stato scritto da Mario Seminerio e pubblicato su Phastidio.net.

Attacco russo colpisce un treno ucraino con armi occidentali

L’aviazione tattica, le truppe missilistiche e l’artiglieria delle Forze Armate russe hanno attaccato un convoglio ferroviario con armi occidentali e attrezzature belliche nei pressi del villaggio di Udachnoye, a nord-ovest della capitale della Repubblica Popolare di Donetsk.

Il treno è stato colpito, così come il personale della 67esima brigata meccanizzata delle Forze Armate dell’Ucraina in un’altra stazione ferroviaria vicino al villaggio di Balakleya, nella provincia di Kharkov, riferisce il Ministero della Difesa russo. Il fuoco delle truppe russe ha colpito anche personale militare ucraino e materiale bellico in 112 aree diverse.

Il Ministro della Difesa russo Sergey Shoigu si è impegnato, durante la riunione ministeriale di martedì, ad aumentare l’intensità degli attacchi ai centri logistici delle forze armate ucraine e alle basi di stoccaggio delle armi occidentali.

Intelligenza Artificiale e lavoro umano

 

Emiliano Gentili e Federico Giusti

Definizione e nascita dell’Intelligenza Artificiale

L’Intelligenza Artificiale è una sottospecie particolare, evoluta e costosa delle tecnologie digitali. Queste vengono dette Information and Communication Technologies (ICT) e sono ad esempio computer, programmi, apparecchi elettronici vari. Rispetto a questo tipo di tecnologia più tradizionale, l’IA si distingue per la capacità di “apprendere da sola”, di sviluppare nuovi dati tramite l’interazione con l’ambiente esterno.

Si basa perciò su due elementi: oltre a una base di conoscenza (dati) fornita all’apparecchio in fase di programmazione, come avviene per altro con ogni altra tecnologia digitale, viè un motore inferenziale[1]che si occupa di interpretare, classificare e applicare i dati. La capacità di acquisire nuovi dati e nuova conoscenza deriva proprio dall’interazione fra le due componenti della macchina.

Infine, per essere tale l’IA dev’essere capace di dimostrare almeno una delle seguenti capacità: percezione (es. riconoscimento vocale); comprensione (es. Natural Language Processing); azione (es. chatbot); apprendimento (es. Machine Learning).

Il primo programma di IA nasce nel 1956 e viene battezzatoLogicTheorist. Serviva a imitare le capacità di problemsolving degli esseri umani. Lo sviluppo dell’IA si arena fra il 1970 e il 1980, a causa delle grosse difficoltà tecniche e di ricerca. Si riparte sul finire del nuovo decennio, grazie alle applicazioni dell’IA nei processi industriali (seppur non tanto connessicon l’organizzazione del lavoro quanto piuttosto con l’organizzazione aziendale[2]). A quel punto si verifica un’ondata di investimenti nel settore dell’IA ma il contesto era prematuro e molte aziende falliscono, non ottenendo i risultati sperati. Alla metà degli anni ’90 si riparte quindi con lo sviluppo di programmi in grado di battere i campioni del mondo umani in alcune discipline[3].

I costi dell’IA

            Da quanto detto si può dedurre che, oltre alle difficoltà di una ricerca tecnologica che era e rimane sperimentale, lo sviluppo, la diffusione e l’applicazione di sistemi di IA presenti costi ingenti, tanto che un ciclo di investimenti serio e duraturo sta partendo soltanto oggi, col nuovo millennio. È questo forse il principale motivo per cui l’IA si diffonde principalmente nei paesi economicamente più potenti e, per quanto riguarda il lavoro dipendente, in quei settori delle filiere produttive che consentono maggiori profitti e quindi investimenti più grandi. Tali settori sono principalmente localizzati in quegli stessi paesi, ma con importanti differenze:probabilmente, infatti, non ci sarà paragone tra il livello di diffusione che l’IA potrà incontrare negli Stati Uniti o da noi, in Italia.

            L’IA, dunque, incontra una diffusione parziale, relegata ad alcuni ambiti dell’economia produttiva (oltre che finanziaria) e limitata soprattutto ai paesi capitalistici più avanzati. Le categorie più toccate potrebbero essere collocate principalmente nei settori della commercializzazione del prodotto, della produzione e dell’assemblaggio hi-tech (es. settori farmaceutico e cinematografico), così come del ceto impiegatizio in generale (dalle fasce dirigenziali, in misura maggiore, alle categorie inferiori)[4].Esempi di una diffusione meno invasiva o, talvolta, più localizzata di queste tecnologie possono farsi in riferimento anche agli operai della logistica, della manifattura e dei servizi (es. call center, fast food). Tuttavia, per il momento questa parzialità non ci sembra politicamente rilevante. Vediamo perché.

Gli effetti delle nuove tecnologie sui lavoratori

            Dal punto di vista degli effetti sulle condizioni e modalità di impiego del lavoratore dipendente, le ICT e l’IA non si differenziano poi tanto, se non per la natura estremamente più pervasiva e pericolosa della seconda fra le due. Questo vuol dire che tali effetti si stanno producendo già da diverso tempo – decenni – e che sono osservabili, almeno parzialmente.

In base agli studi nostri e di altri compagni, oltre che a un’inchiesta condotta fra circa cinquanta lavoratori e alcuni manager, l’immissione di tecnologia in azienda conduce a problematiche di tre tipi: intensificazione del lavoro; ergonomia del lavoro; controllo sul lavoro.

L’intensificazione indica un generale aumento dei ritmi lavorativi e la riduzione di pause e tempi morti (alcuni secondi fra un’operazione e l’altra, il tempo di scambiare due parole col collega, ecc.), nonché l’eliminazione di tutte quelle azioni che non producono direttamente un guadagno economico per l’imprenditore, dette Not Value AddedActions, come ad esempio gli spostamenti inutili (es. “camminare” o “allungarsi” per prendere un attrezzo che avrebbe invece potuto essere posizionato più vicino alla postazione di lavoro[5]).

Questa situazione di sfruttamento del lavoro è causa di alcune problematiche sulla salute psico-fisica (analogamente, del resto, a quanto accaduto nelle varie fasi di rinnovamento industriale dei secoli scorsi).Tra gli effetti sulla salute psicologica troviamo un aumento generalizzato di stress, ansia, depressione, ecc., documentato ormai da molte ricerche accademiche. Tra le conseguenze fisiche segnaliamo l’aumento degli infortuni da usura prolungata nel tempo, in luogo di quelli da trauma; nello specifico crescono i problemi agli arti superiori e, secondariamente, a schiena e gambe. La riduzione dei tempi morti e l’adozione di posture di lavoro sempre più fisse e immobili giocano un grande ruolo in questa dinamica, ma anche l’aumento dei ritmi in sé pone il lavoratore nella condizione di rinunciare spontaneamente a quelle posture ergonomiche spesso insegnate nei corsi di formazione che seguonol’assunzione, specie quando la persona è stanca per la giornata di lavoro.

Dal punto di vista del controllo, le nuove tecnologie favoriscono il monitoraggio dei comportamenti e delle performance del lavoratore, permettendo quindi di rendere economicamente più efficace l’impiego di un dipendente, mettendo “l’uomo giusto alla mansione giusta” e obbligandolo all’osservanza di una disciplina più rigorosa[6].

            Per completezza citiamo poi un’ultima applicazione dell’IA che può rafforzare tutte le problematiche appena citate: quella relativa al supplychain management, ossia alla sincronizzazione, standardizzazione e snellimento non delle singole operazioni di lavoro quanto, stavolta, dei singoli passaggi produttivi che la merce percorre fino a diventare un prodotto finito.

Esempi di tecnologie IA e ICT a confronto

            Esempi di tecnologie tradizionali sono tutti quelli connessi al processo di informatizzazione della produzione industriale, avvenuto grossomodo a partire dagli anni ’80. Computer ed e-mailrendevano i ritmi delle comunicazioni tra colleghi più serrati, permettevano tempi di circolazione dei documenti molto ridotti e riducevano il tempo necessario per eseguire i calcoli, portando i lavoratori a incrementi di ritmi. Nella manifattura, quest’aumentata capacità di calcolo a disposizione del capitalista ha fatto sì che si potesse calcolare il tempo necessario ad aprire o chiudere una mano, allungare un braccio, alzare lo sguardo… in modo da calcolare il tempo totale di tutti i movimenti di lavoro necessari e ideali (con una precisione del decimillesimo di secondo) e costringere i dipendenti ad aderire a quei ritmi. Oggi è possibile simulare al computer l’esecuzione dei movimenti e ottimizzare la simulazione applicando programmi di IA che calcolino le maniere per eliminare ogni spreco di risorsa o di tempo, ogni errore, ogni inefficienza.

Un esempio di tale tecnologia è costituito dal famoso OverallEquipmentEffectiveness (un misuratore dell’efficacia complessiva dell’impianto). I calcolatori informatici alle casse dei fast-food consentono già da tempo di ottimizzare le operazioni di fila e ridurre la manodopera necessaria, ma i sistemi di IA in grado di monitorare ogni operazione svolta dal singolo e di calcolare qual è il lavoratore con maggiori capacità socio-relazionali, in grado di far comprare di più i clienti, quello più bravo a stare in “linea di montaggio” durante la preparazione del pasto, e via dicendo, spingono i livelli di ottimizzazione delle operazioni (e quindi di aumento dei ritmi di lavoro) alle stelle. Un’azienda che produce software in grado di misurare i livelli di produttività giornalieri del singolo è la multinazionale europea Systeme, Anwendungen, Produkte in derDatenverarbeitung (SAP). Per quanto concerne il controllo, se le telecamere ampliavano le capacità di sorveglianza e controllo dell’imprenditore già all’epoca delle tecnologie ICT, oggi con l’uso combinato di GPS e IA si può fare di più: Digital SafetyAdvice, ad esempio, è uno strumento wearable con GPS che monitora se il lavoratore esce dall’area consentita, si toglie il casco o adotta altri comportamenti anomali. L’utilizzo di questo strumento difficilmente sarà circoscritto e disciplinato a livello contrattuale, determinando con ciò, più che un supporto alla sicurezza, uno strumento di controllo.

            Facciamo solo alcuni esempi: le applicazioni di IA attualmente in uso presso i posti di lavoro di categoria inferiore sono decine o centinaia e sono, probabilmente, già abbastanza diffuse. Spesso, tuttavia, operano in modo silenzioso, dietro le quinte, per potenziare sistemi ICT già in uso e che, pure, spesso i lavoratori (e i sindacati) conoscono poco. In particolare è piuttosto comune la cosiddetta “gestione algoritmica delle operazioni”, ossia l’organizzazione del lavoro in azienda sulla base di algoritmi che mutano e si adattano in base alle circostanze di contesto (IA). «La gestione algoritmica e? una caratteristica distintiva delle piattaforme di lavoro digitali, ma e? anche pervasiva nelle industrie offline, come i settori dei magazzini e della logistica»[7];«L’implementazione di sistemi di gestione algoritmici, in particolare, e? stata associata a un aumento dello stress, dell’esautoramento, della discriminazione, dell’insicurezza e dell’insoddisfazione dei lavoratori (Kellogg et al., 2020; Rosenblat&Stark, 2015)».

Mettiamo in guardia, dunque, dal sottovalutare l’impatto dell’IA sui sistemi produttivi, e allo stesso tempo non crediamo che sia sufficiente dettare un sistema di regole nei contratti nazionali se poi non si ha un reale potere di contrattazione all’interno dell’azienda. Se il grosso “ha ancora da venire” e gli sviluppi futuri potrebbero essere tutt’oggiimmaginabili solo in parte, dal punto di vista politico ICT e IA costituiscono già, attualmente, una “combinazione tecnologica” in grado di aumentare la produttività delle figure di livello inferiore in maniera trasversale a settori economici e categorie lavorative. I software che organizzano rotte per i corrieri in maniera da evitare che stiano fermi o tornino a casa prima del tempo, le applicazioni che impongono una chiamata dopo l’altra al lavoratore del call-center e registrano anche solo pochi secondi di inattività davanti allo schermo, i dispositivi vocali che dicono al magazziniere cosa fare e non lo fanno respirare, e via dicendo… Gli esempi che abbiamo incontrato sono questi e veramente molti altri. È bene diffidare, dunque, da un’interpretazione dell’evoluzione tecnologica in azienda troppo dipendente dai criteri capitalistici: ICT e IA sono due sviluppi tecnologici distinti, corrispondenti a cicli d’investimento diversi nel settore hi-tech, ma dal punto di vista del lavoro dipendente, e quindi dal punto di vista sindacale, costituiscono un continuum.

Frammentazione e nuova unità della classe lavoratrice

            In un momento storico in cui la classe lavoratrice non è in grado di elaborare e rappresentare le proprie necessità, per individuare ciò che accomuna le figure più disparate, i contratti più diversi, appalti e sub-appalti, ecc. è necessario osservare dove il nemico di classe indirizzi i suoi attacchi. In questa fase nei paesi di vecchia industrializzazione, come quelli europei, sembra essere relativamente più importante recuperare margini di competitività (sugli avversari “geopolitici”) aumentando la produttività. Laddove gli investimenti tecnologici per realizzare tali incrementi risultino troppo onerosi si può comunque procedere sfruttando eventuali spazi di deregolamentazione normativa del lavoro (es. lavoro nero o grigio, operazioni lavorative non pagate, ecc.) e, in generale, la precarietà contrattuale o le delocalizzazioni.

La situazione di attacco sopra descritta, tuttavia, è comune a gran parte dei lavoratori e delle lavoratrici: l’azienda aumenta la produttività, mentre il lavoratore lavora a ritmi più alti e perde in salute, libertà e autonomia, pur tuttavia senza guadagnare un solo centesimo in più. Eppure i profitti degli imprenditori aumentano e i lavoratori sentono il sacrificio.

Forse, allora, si potrebbe valutare la parola d’ordine di un’indennità di intensificazione del lavoro, indipendentemente dalla figura lavorativa e dall’inquadramento contrattuale. Più che sotto forma di pause o di un nuovo abbassamento dei ritmi, per i settori operai le priorità oggi sono i soldi e il tempo libero: qualunque sindacalista lo sa. Si potrebbe allora provare a rivendicare modifichedell’istituto del premio di produttività, rivendicando che venga maggiormente centrato sugli aumenti produttivi dovuti alle implementazioni dell’organizzazione aziendale (all’interno delle quali rientrano le nuove tecnologie), oltre che sugli sforzi individuali del singolo.

Su questo punto vogliamo essere molto chiari: non proponiamo di accettare lo sfruttamento intensivo e tecnologico scambiandolo con pseudo-incentivi economici. Non saremo certo noi a pensare a qualche indennità contrattuale per addolcire la pillola, né pensiamo che sia sufficiente dettare alcune regole di partenza all’algoritmo o al processo tecnologico: non è certo questa la soluzione, così come la risposta non potrà essere quella del classico luddismo di secoli or sono. Tuttavia, ragionare su possibili rivendicazioni generali che raccolgano le contraddizioni trasversali ai settori lavorativi è, crediamo, un obiettivo politico.

Il contesto normativo

«Ad oggi, gran parte del dibattito sulla regolamentazione dell’IA ha ignorato i suoi possibili effetti sulle condizioni di lavoro (Moore 2023). Laddove si e? discusso, l’attenzione si e? concentrata soprattutto sugli standard volontari di etica dell’IA, ignorando le diseguali relazioni di potere insite nei rapporti di lavoro (Cole et al. 2022)»[8].

L’Artificial Intelligence Act, approvato il mese scorso dal Parlamento Europeo, in questo non fa eccezione: ignorando quasi totalmente il tema dell’utilizzo dell’IA nel mondo del lavoro,stabilisce solamente alcune fasce di rischio con cui categorizzare le varie tecnologie. Inoltre la normativa potrebbe svilupparsi nel senso di definire “rischiosi” più alcuni specifici utilizzi di queste tecnologie, che queste stesse di per sé[9]. Ciò crea la possibilità teorica di uno spazio politico per la contrattazione delle modalità d’impiego delle tecnologie in azienda, qualora i lavoratori e le vertenze sindacali dovessero un giorno orientarsi anche in questa direzione. Del resto,

molti studi sostengono l’idea che i risultati del benessere derivanti dall’uso della tecnologia non sono predeterminati, ma altamente dipendenti dal contesto (Rohenkohl& Clarke, 2023) e sensibili a fattori quali il supporto organizzativo percepito, la cultura manageriale e l’ambiente sociale e politico (Brio?ne, 2017; Lee et al., 2021). In particolare, i benefici sociali e materiali della tecnologia sul lavoro (…)sonospesso legati agli approcci organizzativi istituzionali e strutturali alla progettazione, allo sviluppo e all’impiego di queste risorse piuttosto che alla natura della tecnologia stessa (Gilbert et al., 2022; Hayton, 2023; Soffia et al., 2023). Gmyrek et al. (2023) sottolineano inoltre che gli impatti sociali piu? ampi dell’adozione tecnologica dipendono dalla sua governance, evidenziando l’importanza dell’impegno dei lavoratori, dello sviluppo delle competenze e delle tutele sociali come considerazioni istituzionali essenziali. Ad esempio, Hayton (2023) osserva che gli impatti storici dell’informatizzazione e di altre tecnologie sulla qualita? della vita lavorativa sono stati determinati dalle filosofie manageriali, dall’eredita? delle relazioni industriali dell’organizzazione e dagli investimenti nella formazione che sostiene l’adattamento della forza lavoro.

Nella stessa ottica, Berg et al. (2023) identificano il ruolo dei sindacati come un cruciale fattore tampone tra la robotizzazione e la qualita? del lavoro[10][grassetti nostri].

Sarebbe utile riflettere anche su come si potrebbero rivoluzionare gli orari, i ritmi e i tempi di lavoro, nonché la nostra stessa retribuzione, con l’avvento delle nuove tecnologie. Il problema è quindi ben altro, ossia che il soggettoche governa i processi innovativi e tecnologici è indirizzato al raggiungimento di obiettivi diametralmente opposti a quelli delle classi subalterne.

Fornire nuove rappresentazioni ai lavoratori

Al di là delle occasioni di lotta, pensiamo che dal punto di vista dell’educazione sindacale dei lavoratori sia utile fornire nuove rappresentazioni che trasmettano una visione il più possibile unitaria per le varie categorie che compongono il lavoro dipendente, sia per quanto riguarda gli attacchi portati avanti con le nuove politiche sul lavoro che per l’identificazione di problematiche e sofferenze trasversali, comuni, che possano così andare ad arricchire il concetto generale di una rinnovata identità lavoratrice.Altrimenti, in assenza di una rappresentazione adeguata e condivisa la gran parte delle persone continuerà ad addossarsi la colpa di ogni fallimento o malessere, associandoli alla propria vita privata nel trasporto di un diffuso senso di rassegnazione esistenziale.

[1]In campo informatico viene definito “motore inferenziale” un algoritmo chiamato a simulare le modalità con le quali la mente umana poi trae conclusioni logiche attraverso il ragionamento.

[2]Nasce R1/XCON (1978), programma per la gestione degli ordini di fornitura.

[3] Come ad esempio gli scacchi (nel 1997 l’IA batte il campione del mondo Garry Kasparov).

[4]L’IA si diffonde molto anche nella finanza, ma non ne tratteremo.

[5] La permanenza del lavoratore in una postazione fissa è stata associata «a un rischio maggiore di problemi di salute fisica come il diabete, le malattie cardiovascolari, i disturbi muscoloscheletrici e l’obesita? (Horton et al., 2018; Owen et al., 2011; Waters et al., 2016)».In “M. Soffia – R. Leiva-Granados – X. Zhou – J. Skordis, Does technology use impact UK workers’ quality of life? A report on worker wellbeing, The Pissaridies Review, Febbraio 2024, p. 10”.

[6]In questi anni il controllo è stato rafforzato, per fare degli esempi, attraverso l’utilizzo degli algoritmi nella logistica, tra i riders e i drivers, nelle aziende commerciali e della distribuzione… senza dimenticare la nuova metrica del lavoro impostafin dalla fine degli anni Ottanta, dopo la nascita del modello Toyota, nei cantieri navali e nelle aziende meccaniche.

[7]P. Gmyrek – J. Berg – D. Bescond, Generative AI and jobs: A global analysis of potential effects on job quantity and quality, International Labour Organization, Agosto 2023, p. 43.

[8]Ibidem.

[9] Per un approfondimento si veda: https://cub.it/artificial-intelligence-act-approvato-il-13-marzo-2024/.

[10]M. Soffia – R. Leiva-Granados – X. Zhou – J. Skordis, Does technology use impact UK workers’ quality of life? A report on worker wellbeing, The Pissaridies Review, Febbraio 2024, p. 12.

Politico – Xi avverte Blinken: basta doppiezza

Washington dovrebbe smettere di “dire una cosa e farne un’altra” e di trattare Pechino come un nemico. Il leader cinese Xi Jinping ha lanciato questo appello durante un incontro con il Segretario di Stato americano Anthony Blinken, come riporta Politico.

“I nostri Paesi… devono essere fedeli alle loro parole. Dovremmo aiutarci a vicenda a prosperare, non a farci del male”, ha detto il capo del PCC, che Joe Biden ha ripetutamente definito ‘dittatore’. Allo stesso tempo, il leader cinese ha osservato che ci sono molte questioni tra Cina e Stati Uniti che devono essere risolte.
 
Pechino è irritata dai tentativi di Washington di rafforzare l’alleanza con il Giappone e le Filippine, di fornire sostegno militare a Taiwan e di limitare l’accesso del Celeste Impero alle tecnologie avanzate dei semiconduttori. Nonostante le crescenti polemiche, Blinken ha assicurato alla Cina che gli Stati Uniti si impegnano a sviluppare le relazioni “a beneficio di entrambe le nazioni”, osserva Politico.  

Banche, liquidità e… Non tutto il collaterale ha la stessa qualità!

di MATTEO CORSINI

A seguito della crisi che ha colpito alcune banche regionali statunitensi un anno fa, le autorità di vigilanza hanno impostato una corposa (fin troppo voluminosa) revisione dei requisiti patrimoniali, che però potrebbero non essere risolutivi quando il problema è la liquidità.
Bill Dudley, già presidente della Fed di New York, ritiene che la soluzione alle crisi di liquidità delle banche consista nell’imporre alle stesse di “mantenere in via preventiva una quantità di collaterale (come titoli e prestiti a consumatori e imprese) per coprire tutte le loro passività a vista soggette a corsa agli sportelli“. Il collaterale dovrebbe essere depositato presso la Fed, che potrebbe quindi velocemente prestare alle banche (creandola dal nulla) base monetaria in caso di crisi.
A mio parere il problema non sarebbe risolto completamente, perché un conto è tenere riserve di moneta o titoli di Stato a breve termine (tipicamente con scadenza entro i 12 mesi); altro conto è utilizzare come collaterale titoli a lungo termine o prestiti, il cui valore può diminuire notevolmente in caso di aumento dei tassi di interesse o peggioramento della solvibilità dei debitori.
Silicon Valley Bank entrò in crisi perché aveva comprato grandi quantità di titoli di Stato a tasso fisso a lunga scadenza senza coprire il rischio di tasso (anche per motivi contabili e perché non avrebbe avuto un margine di interesse sufficiente a non operare in perdita) e a fronte di raccolta per lo più a vista e per di più non sufficientemente granulare.
Semplicemente le minusvalenze implicite sul portafoglio titoli rendevano il valore di mercato dell’attivo inferiore a quello del passivo, ossia la banca era divenuta di fatto insolvente, cosa che spinse i depositanti a fare uscire i loro soldi.
Non a caso la Fed istituì poi un programma annuale in cui prestava base monetaria alle banche prendendo titoli come collaterale valutati al valore nominale, e non a prezzi di mercato. Suppongo che il rischio di finire nella stessa situazione anche con la proposta di Dudley non sarebbe irrisorio.
Quindi va bene avere collaterale, ma non tutto il collaterale ha la stessa qualità. Le riserve monetarie dovrebbero essere preferite. Ma aumentarle significherebbe ridurre (fino ad azzerare) il regime di riserva frazionaria. Sarebbe la reale soluzione, ma non è voluta né dalle banche, né dai regolatori.

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“Banche, liquidità e… Non tutto il collaterale ha la stessa qualità!” è stato scritto da Leonardo e pubblicato su Miglioverde.

I post-comunisti non sono mai cambiati, sono rimasti tali e ancora governano

di PIETRO DI MUCCIO DE QUATTRO I postcomunisti, senza mai confessare il peccato di gioventù, per dire, hanno cercato di correggere il loro passato. Con ridicola disinvoltura la classe dirigente del Pci si è rifatta la verginità senza troppi riguardi per la decenza morale e politica. Più trasformisti di Fregoli, sostituendo senza pudore i ritratti…

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“I post-comunisti non sono mai cambiati, sono rimasti tali e ancora governano” è stato scritto da Leonardo e pubblicato su Miglioverde.

La storia dell’essere umano è una lotta continua contro le tasse

di JUAN NAVARRETE Da quando esiste lo Stato esistono le tasse. Oggi il cittadino medio si è abituato ad avere tasse tremendamente aggressive. Finanziare lo Stato attraverso queste imposizioni è diventato naturale come qualsiasi altra azione quotidiana della nostra vita. Ma non è sempre stato così! Anche le tasse comportano reazioni. Quando lo Stato non…

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“La storia dell’essere umano è una lotta continua contro le tasse” è stato scritto da Leonardo e pubblicato su Miglioverde.

Sondaggio Tecnè (20 aprile 2024): Europee 2024

Sondaggio Tecnè (20 aprile 2024): Europee 2024

L’Agenzia Dire ha pubblicato il 20 aprile 2024 sul suo sito internet un nuovo sondaggio elettorale realizzato da Tecnè sulle prossime elezioni europee.

Le intenzioni di voto

Sondaggio Tecnè (20 aprile 2024): Europee 2024

La fiducia nei leader politici

Sondaggio Tecnè (20 aprile 2024): Europee 2024

La fiducia nel Governo

Sondaggio Tecnè (20 aprile 2024): Europee 2024

Per consultare l’elenco dei sondaggi Tecnè riportati su Scenaripolitici.com potete andare nella sezione “Gli altri istituti”, oppure cliccare qui.

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“Sondaggio Tecnè (20 aprile 2024): Europee 2024” è stato scritto da The Watcher e pubblicato su Scenaripolitici.com.

Macron e la sindrome italiana sulla Ue

Nuovo discorso euro-programmatico del presidente francese. Da cui emerge ancora l’identikit di Mario Draghi. Deus ex machina per la rinascita e contro la paralisi o segno dell’euro-declino di rito italiano?
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“Macron e la sindrome italiana sulla Ue” è stato scritto da Mario Seminerio e pubblicato su Phastidio.net.

XIII Vertice ALBA-TCP: per un’alternativa al neoliberismo

Nell’ambito del XXIII Vertice ALBA-TCP, il Presidente Nicolás Maduro ha invitato i suoi omologhi, i leader regionali a procedere nel rafforzamento della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi con l’attuazione di 7 linee d’azione per l’Agenda ALBA 2030.

“Spero che un giorno possiamo avere la forza, la capacità, la volontà, l’indipendenza politica per passare da una potente Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi a una Confederazione di popoli, di Stati, di governi dell’America Latina e dei Caraibi. Una nuova CELAC che includa Porto Rico come nuovo Stato libero, sovrano e indipendente”.

Il leader venezuelano ha aggiunto che “non è attraverso un intervento militare o di polizia che la democrazia, la libertà, la pace e la ripresa sociale arriveranno ad Haiti”, proponendo la costruzione di un modello di fratelli e sorelle dell’ALBA per accompagnare e sostenere Haiti nel salvataggio della sua democrazia.

D’altra parte, ha aggiunto che l’alleanza ALBA ha dimostrato “una grande capacità di essere al centro della verità” e a favore del diritto dei popoli allo sviluppo, alla pace, alla sovranità e alla vita. “L’ALBA è diventata una grande alleanza per la vita”, ha detto a proposito di queste 7 linee.

Questo sono le 7 linee d’azione: 

1) Creazione di un’agenzia di cooperazione e sviluppo ALBA-TCP.

2) Studiare e approvare il piano di rilancio di Petrocaribe.

3) Approvazione del Piano alimentare ALBA.

4) Firmare e adottare definitivamente il Trattato di Commercio dei Popoli.

5) Promuovere un programma speciale di sviluppo scientifico, culturale, comunicativo e accademico condiviso.

6) Rilanciare il piano ALBA Salud.

7) Creazione di un’agenzia ALBA per la mitigazione degli impatti del cambiamento climatico.

Alternativa al neoliberismo

“L’ALBA, nata come alternativa al neoliberismo, è diventata una grande alleanza per la vita del nostro popolo”, ha dichiarato il presidente venezuelano Nicolás Maduro. 

Il Vertice di Caracas si è basato sul consenso raggiunto durante l’Incontro per un’Alternativa Sociale Mondiale, organizzato dall’ALBA-TCP la scorsa settimana, in cui le organizzazioni sociali hanno discusso i problemi comuni ai Paesi del continente.

Inoltre, è stato raggiunto il consenso sull’Agenda strategica 2030 illustrata in precedenza. 

Nel corso del 23° Vertice dei Capi di Stato e di Governo dell’ALBA-TCP sono stati approvati tre documenti concettuali, dottrinali e di azione, noti come la Dichiarazione di Caracas, l’Agenda programmatica per il cammino verso il 2030 e la difesa della causa palestinese.

Infine, per quanto riguarda la solidarietà con il popolo palestinese, è stato deciso di invitare il Paese arabo al prossimo vertice previsto per il 2026 ed è stato approvato un documento in cui i capi di Stato e di governo chiedono una “soluzione globale, giusta e duratura al conflitto israelo-palestinese attraverso il dialogo basato sulla creazione di due Stati che permettano alla Palestina di esercitare il suo diritto all’autodeterminazione come Stato indipendente e sovrano con Gerusalemme Est come capitale all’interno dei confini precedenti al 1967 e che garantisca il diritto al ritorno dei rifugiati”, ha affermato Maduro. 

L’ALBA e la regione sudamericana

Il Presidente Díaz-Canel ha descritto l’ALBA-TCP come “l’alleanza miracolosa che ha reso realtà progetti e imprese apparentemente impossibili da cui hanno tratto beneficio i cittadini nella sfera sociale”. 

Dalla sua fondazione, l’organizzazione ha ottenuto che 5,5 milioni di persone abbiano recuperato la vista grazie a Misión Milagro; che a circa 5 milioni di persone sia stato insegnato a leggere e scrivere e che siano stati impiegati più di 22.000 medici comunitari.

In termini di importanza, i Paesi membri dell’ALBA-TCP hanno una popolazione complessiva di oltre 63 milioni di persone e una superficie di 2,23 milioni di chilometri quadrati. 

Inoltre, l’alleanza ha preso posizione sulla violenza in Medio Oriente, contro il capo del Comando Sud degli Stati Uniti e sull’interventismo ad Haiti, tra le altre cose.

Per il capo di Stato cubano, l’organizzazione è riuscita a dare una risposta alla regione che è stata negata per secoli. “È l’alleanza che ci permette di affrontare insieme le sfide e le minacce”, ha sottolineato.

Come funziona l’ALBA?

Secondo il suo atto di funzionamento, l’ALBA-TCP “è strutturata su tre Consigli ministeriali: politico, economico e sociale, e su un Consiglio dei movimenti sociali. La struttura di base è permanente nel tempo, mentre le strutture specifiche saranno flessibili in base alla realtà che vogliamo cambiare”.

In questo senso, c’è la figura dei comitati, che servono come forma organizzativa di base per affrontare “questioni con più tempo per lo sviluppo e gruppi di lavoro per affrontare questioni a breve termine, la cui formazione termina con l’adempimento del compito”.

Il vertice dei capi di Stato e di governo si tiene ogni due anni, mentre i diversi comitati si riuniscono periodicamente per avanzare nelle linee di lavoro stabilite e affrontare questioni a breve termine, la cui formazione termina con la realizzazione degli obiettivi.