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7 ottimi consigli per le neo mamme (2023)

Tutti i genitori ci sono passati, e tutti i genitori possono relazionarsi con quella che è certamente una delle esperienze che ci cambiano la vita – quella di diventare un nuovo genitore.

7 ottimi consigli neo mamme
7 ottimi consigli neo mamme

Ecco 7 ottimi consigli per le neo mamme e in generale i nuovi genitori.

1. Segui il tuo istinto

Non fare paragoni, fidati solo del tuo istinto.

Ci saranno sempre informazioni contrastanti… su ogni argomento! Il meglio che possiamo fare è ascoltare/imparare da entrambe le parti e poi decidere cosa è meglio per la nostra famiglia e cosa c’è nel nostro cuore. Il più grande trucco per la maternità è non sentirsi in colpa o sentirsi come se si dovesse spiegare una qualsiasi delle decisioni che si prendono.

Abbiamo sentito così tante linee guida contraddittorie su se e per quanto tempo lasciare che il bambino “pianga” all’ora di andare a letto. Ci siamo sentiti piuttosto in colpa a lasciar piangere nostra figlia, ma una volta che abbiamo provato, è diventata rapidamente una bambina che poteva addormentarsi da sola in modo affidabile. Abbiamo dovuto imparare a fidarci del nostro istinto sulla strada giusta nella nostra situazione.

Alcune decisioni possono essere bianche o nere, ma la maggior parte dovrebbe essere guidata dalle priorità e dai valori dei genitori piuttosto che da internet o da amici benintenzionati.

2. Sii gentile con te stessa

Abbraccia il disordine e il caos, perché nessuno si ricorderà di una casa pulita o del bucato fatto, ma tu ricorderai i ricordi divertenti.

Fate molte passeggiate con il passeggino: fanno bene ai genitori e al bambino. Un ulteriore vantaggio è che i bambini dormono sempre meglio all’aria aperta.

Inizialmente ho resistito al consiglio di “dormire quando il bambino dorme” perché pensavo che mi avrebbe dato più tempo per fare le cose. Mi sono presto resa conto che l’opportunità di essere (semi)riposata era il miglior regalo che potessi fare a me stessa.

3. Cerca opportunità per legare con il tuo bambino e fare ricordi

Amali ogni volta che puoi. Sorridi molto. Fissa i loro occhi. Apprezza ogni momento.

Date ai vostri figli molti e molti ricordi.

Fate tutte le foto e assicuratevi che qualcuno faccia delle foto anche a voi. Scrivete le cose che volete ricordare.

Godetevi ogni momento possibile, anche quelli difficili. I bambini crescono troppo in fretta, e se vi preoccupate troppo delle cose che non contano, perderete le opportunità di godervi quelle che contano.

A volte i genitori si eccitano troppo per la “prossima” fase di sviluppo. Prendetevi del tempo per godervi ogni pietra miliare della crescita.

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4. Regola le tue aspettative di mamma

Imparare a stare bene con tutto ciò che richiede 10 volte più tempo di prima di avere figli. Preparati a vivere nell’incertezza e cerca di essere più flessibile con le tue aspettative. Sii d’accordo con il fatto di non essere d’accordo a volte.

Cercate di fare pace con la vostra nuova vita e il vostro nuovo ruolo – come genitore e come co-genitore. Ho sentito qualcuno dire che è come se un interruttore venisse girato da “coppia romantica” a “squadra tattica”. I soprannomi che io e mio marito ci siamo dati in quelle prime settimane erano “Sacco di cibo” e “Ragazzo delle pulizie”. Abbiamo cercato di ridere attraverso la nostra stanchezza per i nostri nuovi ruoli.

Ricorda che le mamme e i papà fanno le cose in modo diverso l’uno dall’altro e che tutti vogliamo avere successo. Mettetevi d’accordo sulle cose grandi e lasciate perdere quelle piccole.

5. Trova il tuo gruppo ideale

Ho capito presto che era importante avere una tribù di altri neo-genitori, per scambiare storie su questo periodo unico, e per aiutare con il babysitting, i pasti e le faccende di casa. A distanza di anni, sono ancora buona amica di molte di queste persone!

Delega i compiti a familiari e/o amici disponibili. Se non avete familiari/amici locali disponibili (per aiutarvi a fare la spesa, cucinare e fare il bucato), considerate la possibilità di esternalizzare questi compiti durante i primi giorni e le prime settimane.

6. Arruola l’aiuto di esperti

Prendete lezioni per genitori in anticipo e assumete un aiuto. Raccomando di fare formazione molto prima che i bambini siano qui, e lungo tutte le loro fasi di sviluppo.

Mi sono unita a un gruppo di genitori attraverso Parents Place che ha aiutato me e mia figlia a socializzare e a trovare risposte alle mie domande sui genitori.

7. Sappi che le cose diventeranno più facili col tempo

Il primo mese sembra un giorno molto, molto lungo. I mesi 2 e 3 sono piuttosto duri, ma migliora mese dopo mese. L’allattamento al seno è più impegnativo di quanto si pensi, ma anche questo diventa più facile nel corso dei primi mesi. Fare il genitore è il lavoro più difficile ma più gratificante di sempre.-Tati, MomWifeLadyLife

Ricordate: anche questo passerà. Per quanto estenuante possa sembrare questa fase, è solo una fase. Prima che tu te ne accorga, il tuo bambino ti guarderà e sorriderà… e ti renderai conto che quelle dure prime settimane ne sono valse la pena.

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“Tales from the Loop”: una tragedia non riconosciuta

di Lorenzo Graziani

Da anni ho smesso di leggere dopo cena. Posso dare la colpa alla pigrizia, o magari alle difficoltà di digestione; comunque, da quando è arrivata la rivoluzione dell’intrattenimento on-demand, anch’io ricerco la quiete della sera attraverso una massiccia dose di streaming. Qualsiasi sia la piattaforma, la regola aurea che orienta la scelta è sempre la stessa: se sei in dubbio, scegli fantascienza. Non è infallibile, ma sicuramente rodata: mi conosco abbastanza bene da sapere che preferisco un mediocre show di fantascienza a un mediocre show di qualsiasi altro tipo. Mi piace pensare che sia perché la fantascienza è il genere più speculativo e vicino alla filosofia, come sostengono Deleuze e Chalmers; ma forse è solo perché appartengo a quella generazione di nerd svezzati all’ombra di George Lucas.

È proprio in conseguenza dell’applicazione della regola aurea su Amazon Prime Video che ho scoperto Tales from the Loop. Le immagini dell’anteprima hanno catturato inesorabilmente la mia attenzione: goffi robot e misteriosi macchinari dall’appeal retro-futuristico si dividono la scena con vecchi furgoni Volkswagen. Leggo la trama. Siamo negli anni Ottanta, in una regione rurale dell’Ohio, dove è stato realizzato un imponente acceleratore di particelle, noto come “Loop”, che si snoda per decine di chilometri sotto la campagna circostante. La popolazione del luogo conduce una vita apparentemente tranquilla e ordinaria intorno al Loop, immersa nelle routine quotidiane e nei legami di comunità. Tuttavia, questa serenità è spesso scossa da eventi straordinari e paradossali legati alla misteriosa installazione, che si rivela così una presenza capace di sovvertire ogni certezza. Cercando in rete, scopro che lo sceneggiatore Nathaniel Halpern si è ispirato a un albo illustrato dell’artista svedese Simon Stålenhag, specializzato in scenari di storia alternativa. Per realizzare la serie, ha coinvolto non solo attori e registi di alto livello, ma anche musicisti del calibro di Philip Glass e Paul Leonard-Morgan. Non potevo chiedere di meglio.

Nel giro di qualche giorno vedo l’intera prima stagione che, con sorpresa, scopro essere anche l’unica. Certo, non tutte le puntate sono ugualmente riuscite, ma il livello mi sembra nettamente sopra la media. La serie è del 2020, e mi chiedo come sia possibile che in quattro anni tutto sia rimasto fermo e che l’algoritmo di Prime Video – pur conoscendo i miei gusti – non me l’abbia mai suggerita. Incuriosito, mi metto a cercare alcune recensioni, e le risposte alle mie domande non tardano ad arrivare. Salvo rare eccezioni, la maggior parte dei pareri disponibili in rete concorda nel dire che, nonostante il buon cast, l’ambientazione evocativa e il “tocco artistico” delle inquadrature, Tales from the Loop “is, all in all, a pretty terrible series” (James Guild). Dal “Guardian” ai blog, le ragioni sono evidenti e sempre le stesse: trama esile, ritmo lento, carenza di “sostanza” narrativa e troppe, troppe domande inevase.

Tra le critiche, spicca quella che, pur scorrendo sottotraccia un po’ ovunque, emerge con particolare evidenza da un pezzo di Serena Nannelli, pubblicato su “il Giornale” in piena crisi pandemica. Il difetto di Tales form the Loop è il seguente: in ogni episodio “all’indiscussa bellezza estetica si accompagna il sentimento costante d’impotenza e d’incomprensione vissuto dai personaggi”. Qualcosa – avverte Nannelli – da evitare accuratamente, soprattutto in un periodo in cui gli spettatori sono “già in balia di notevoli incertezze”: “l’immensa sensazione d’attesa che non conduce da nessuna parte è troppo simile a quella vissuta in massa da chi oggi cerca di evaderne di fronte alla tv”. In altre parole, la serie di Halpern tradisce le aspettative che si hanno oggi verso qualsiasi opera di mass art: che ci intrattenga senza farci pensare troppo, che ammazzi il tempo prima che lui ammazzi noi.

Ora, non c’è dubbio che la serie sia triste e lenta. Di sicuro esistono metodi migliori per anestetizzare il sistema nervoso e prepararlo al recupero notturno delle energie necessarie per essere svegli e produttivi il giorno dopo. Credo però che in questo caso si possa fare appello anche a un’altra ragione per spiegare l’insuccesso di questa serie: Tales from the Loop è una tragedia non riconosciuta.

Cerco di spiegarmi con un paio di esempi. Nel quarto episodio, “Echo Sphere”, Russ, direttore del centro e nonno di Cole, ha il gravoso compito di comunicare alla sua famiglia che non gli resta molto da vivere. La parte più difficile è dare la notizia al nipotino Cole. Russ decide allora, nel corso di una delle consuete passeggiate nonno-nipote, di portare il bambino a visitare l’oggetto che dà il titolo all’episodio: una grossa sfera arrugginita che giace abbandonata, poco fuori dall’abitato, in una chiazza di arido terreno. All’inizio Cole è diffidente e non vuole avvicinarsi, ma, rassicurato dalla presenza del nonno, si fa coraggio e i due entrano nella sfera. Russ invita Cole a urlare all’interno della struttura, che risponde riproducendo molte volte l’eco della voce del bambino. Più volte si ripeterà l’eco, più lunga sarà la vita di colui che ha prodotto il segnale originale, spiega il vecchio. E infatti, quando viene il turno del nonno, la sfera non restituisce alcuna eco. A questo punto, Russ si china verso il nipote, l’inquadratura si allarga e nella scena successiva vediamo Cole correre via, nonostante il vecchio lo preghi di fermarsi. Trascorsi alcuni giorni, Cole accetta di parlare con Russ e gli chiede se vi sia un modo per fermare la morte e, quando il nonno sostiene che è impossibile, il nipote gli ricorda le parole che aveva utilizzato per descrivere il suo lavoro al Loop: “se qualcuno dice che qualcosa è impossibile, io dimostro che è possibile”. Dopo un po’ di tempo, Russ viene ricoverato. Cole, convinto di poter trovare un rimedio per salvarlo, si intrufola nell’acceleratore, ma viene fermato dalla madre – alla quale nel frattempo è stata affidata la direzione del centro di ricerca – che tenta a sua volta di far capire al figlio come la morte vada accettata in quanto inevitabile parte della vita. L’episodio si conclude con Cole che, dopo la morte dell’amato nonno, torna alla sfera, ci urla dentro e, a ogni eco, vede trascorrere le decadi della sua vita futura. La sfera si riempie infine di lucciole e partono i titoli di coda.

Il secondo episodio su cui mi voglio soffermare è l’ottavo e ultimo, “Home”, diretto da Jodie Foster. Cole va a trovare il suo fratello maggiore, Jakob, dopo che questo, terminata la scuola, è andato a vivere fuori casa. Jakob però è stranamente freddo e distante. Quando Cole gliene chiede il motivo, il fratello confessa di non essere Jakob, ma Danny, un suo amico: in un episodio precedente, infatti, i due ragazzi avevano trovato un congegno in grado di scambiare le coscienze da un corpo all’altro e Danny, trovandosi a vivere in una situazione familiare molto più svantaggiosa di Jakob, si era poi rifiutato di tornare nel suo corpo. Poiché Danny gli racconta che la coscienza di Jakob è rimasta intrappolata all’interno di uno dei robot che si aggirano nella foresta, Cole parte alla ricerca del fratello con la speranza che la madre possa trovare una soluzione. Dopo averlo trovato, i due si dirigono verso di lei, ma un robot li attacca e il fratello maggiore si sacrifica per salvare il minore. A Cole non resta altro che ritornare, sconsolato, al Loop, ma nel farlo guada nuovamente il ruscello che all’andata aveva trovato congelato, il quale è ora scongelato. Al suo ritorno al centro, trova sua madre molto invecchiata. In una sequenza scopriamo, assieme a Cole, che sono passati molti anni dal momento in cui è partito alla ricerca del fratello; Danny ha confidato l’accaduto ai genitori di Jakob, che hanno ritrovato il “corpo” del figlio morto nella foresta; la nonna, a cui Cole era molto affezionato, se n’è andata, e così anche il padre. È sulla madre, ormai vecchia e sola, che ricade la responsabilità di dirigere il centro e di fornire una spiegazione dell’accaduto al figlio, mentre siede accanto a lui su una panchina pubblica:

Madre: “Il fiume nel bosco. L’hai attraversato quando era scongelato e sei stato via a lungo.”

Cole: “Non mi è sembrato tanto tempo…”

Madre: “Ma è così. Vorrei che tuo padre e tua nonna fossero ancora qui per vederti.”

Cole: “Non è giusto. Voglio che torni tutto com’era.”

La madre allunga la mano e prende quella del figlio, in silenzio. L’episodio si chiude con Cole, ormai adulto, che fa ritorno alla casa d’infanzia insieme alla compagna e al figlio adolescente. Quest’ultimo, osservando la casa, commenta che sembra passato molto tempo da quando suo padre era bambino. Cole, senza distogliere lo sguardo dalla casa, aggiunge: “Un battito di ciglia”. E così si conclude la prima stagione.

Ci troviamo chiaramente di fronte a uno di quei casi in cui, per dirla con le parole di Philip Dick, le trovate fantascientifiche servono solo a “trasferire in un ambiente esterno quello che di solito è un problema interiore”. Sarebbe pertanto fuori luogo lamentare l’assenza di spiegazioni riguardanti il funzionamento della “Echo Sphere” o i motivi degli slittamenti temporali provocati dal cambio di stato del fiume: grazie a essi vengono affrontati temi di interesse umano come lo scorrere del tempo e l’esperienza del lutto. A mio parere, quando i critici accusano gli autori della serie di lasciare troppe domande inevase, stanno in realtà criticando quella che definirei la gratuità inesorabile delle dolorose vicende rappresentate.

In (quasi) tutti gli episodi della serie, i personaggi si trovano impotenti di fronte alle forze che plasmano o distruggono le loro vite e si sottraggono al dominio della ragione o della giustizia. Sicuramente il rifiuto di Danny di ritornare nel suo corpo è riprovevole, ma è scarsamente qualificato come antagonista su cui scaricare la responsabilità del male. Il destino di sofferenza che grava sui personaggi appare già segnato e, nella maggior parte dei casi, accettato con olimpica consapevolezza e serenità: si pensi a Russ o allo stesso Jakob, che fa capire al fratello minore di non serbare alcun rancore nei confronti di Danny. A ben vedere, l’origine delle avversità che affliggono gli abitanti del Loop è il Loop stesso: il tentativo di rendere possibile l’impossibile, anziché portare beneficio, non fa altro che acuire le sofferenze. È il caso del congegno scambia-coscienze e delle alterazioni artificiali del flusso temporale, ma anche della “Echo Sphere” in grado di vaticinare la lunghezza della vita; per non parlare del penoso contrasto tra il potere del Loop di rendere possibile l’impossibile e l’incapacità di scongiurare la morte, desiderio che occupa mente e cuore degli esseri umani fin dall’alba dei tempi. In un certo senso, pare che il Loop non abbia altra ragion d’essere se non quella di ricordare come la sfera della razionalità, dell’ordine e dell’equità siano dolorosamente limitate e che nessun avanzamento scientifico o mezzo tecnico possa ampliarne l’estensione.

La necessità del fato, la nobiltà dei personaggi nell’accoglierla, la relazione tra la caduta dell’eroe e una sua debolezza morale (la “colpa”) e la consapevolezza dei limiti umani sono caratteristiche tipiche della tragedia. Il silenzio pieno di dolore della madre nella scena sulla panchina (ep. 8, “Home”) non potrebbe esemplificare meglio le parole con cui George Steiner descrive la concezione tragica della vita: “È inutile chiedere spiegazioni razionali, o pietà. Le cose stanno come stanno, inesorabili e assurde. La punizione è sempre più grave della colpa”. Tales from the Loop, quindi, non è una serie triste, ma una serie tragica, sebbene la sua tragicità non sia stata adeguatamente riconosciuta.

Se fosse stata correttamente identificata, probabilmente non sarebbero sorte critiche sull’assenza di spiegazioni e sul ritmo lento di molte scene, di cui trovo emblematico un esempio. Joel Golby, nel recensire la serie sul “Guardian”, si sofferma sulla scena in cui Russ e Cole vedono per la prima volta la “Echo Sphere” e accusa il regista di annoiare il pubblico con “20 secondi di inquadratura di loro due che camminano verso di essa, in silenzio”: “Don’t waste my time”.

Non credo che la questione si possa licenziare facendo unicamente appello alla scarsa raffinatezza del critico del “Guardian” o del suo lettore modello, oppure alla diminuzione – evidenziata da numerosi studi – della capacità di sviluppare un pensiero “profondo” a causa dell’abuso di internet e dei social. Ciò che sfugge a Golby è la ritualità della scena, e la ritualità è una questione di forma, non solo di storytelling (laggiù c’è qualcosa, ciò che importa è ora capire che cosa sia e che ruolo abbia nella storia). Il lento avvicinamento è profondamente significativo. È l’avvicinamento a un luogo a suo modo sacro, dove vengono fatte delle profezie; dove avviene l’incontro con l’opera del destino che – nonostante gli enormi progressi compiuti nel controllo della materia e nella scienza – l’essere umano non può comprendere né dominare. Ancora una volta, è la voce tragica a non venire compresa.

Che la modernità occidentale abbia assistito a un inesorabile tramonto della tragedia non è una tesi nuova, e proprio Steiner offre uno degli studi più completi sulle ragioni di questa perdita. Oltre ai problemi di ricezione del teatro shakespeariano e alla democratizzazione del pubblico, con il conseguente abbassamento del suo livello culturale, per Steiner un ruolo determinante è svolto dalla scomparsa di alcuni valori essenziali della sensibilità e della vita sociale, che avevano dominato dall’epoca di Eschilo fino a Racine, dunque fino al teatro tragico del Seicento. Con l’Illuminismo prima e il Romanticismo poi, si diffonde una visione più “ottimista”, che considera la condizione umana suscettibile di un radicale miglioramento grazie a trasformazioni nel sistema educativo e nelle condizioni sociali e materiali della vita. Tale concezione porta con sé una nuova visione del male, che “non può essere innato”. Se le cose stanno così, allora non solo la responsabilità dei crimini umani ricade sull’educazione o sull’ambiente, ma si dissolve anche la visione tragica del mondo, fondata appunto sulla gratuità inesorabile del male, ossia sull’idea che le intenzioni degli esseri umani si scontrino con forze misteriose e distruttive che, pur assumendo l’aspetto dell’ira divina, risiedono in realtà nelle pieghe più profonde della coscienza.

Complementare all’ottimismo è il concetto di redenzione, centrale in Cristianesimo, Romanticismo e Marxismo, le tre “mitologie” che, secondo Steiner, hanno forgiato la modernità. La redenzione è incompatibile con la visione tragica del mondo. Se qualunque male può essere sanato, nulla è davvero irreparabile: un riscatto e una ricompensa sono sempre possibili. Magari non in questo, ma in un altro mondo; oppure in un futuro imprecisato, a seguito di una rivoluzione che affranchi l’uomo dall’antica tara dell’egoismo. Vi è dunque spazio per la giustizia, ma non per il sentimento tragico, poiché – osserva Steiner – “la tragedia è irreparabile”.

L’analisi di Steiner ha sicuramente i suoi limiti ed è possibile integrarla con altri elementi. Per esempio, ha ragione Terry Eagleton a sostenere che La morte della tragedia emana in alcuni punti un malcelato conservatorismo: la nobiltà dei personaggi tragici e l’accettazione di un male gratuito e inesorabile non ci obbligano infatti a invocare alcuna incompatibilità della tragedia con politiche liberali e radicali; basti pensare alla “social catena” di Leopardi o alle “Note all’Antigone” di Hölderlin, secondo cui la presenza di personaggi come Antigone e Creonte, che hanno, ciascuno sul proprio terreno, insieme ragione e torto, testimonia la natura egualitaria e “propriamente repubblicana” della tragedia. Tuttavia, credo che Steiner abbia ragione nel ritenere di rilevanza capitale, per comprendere il tramonto della tragedia, la progressiva erosione di certi valori essenziali della sensibilità e della vita sociale, in particolare di quei valori che alimentavano il cosiddetto “senso del limite”.

Mi spiego. Steiner non è il primo a individuare nel Settecento una linea di frattura importante per la cultura Occidentale. Dall’Illuminismo in poi si è infatti affermata l’idea di un progresso illimitato, non interrotto da catastrofi ricorrenti, che permette all’uomo di trasformare ciò che prima riteneva immutabile. Questo processo ha contribuito, insieme ad altri cambiamenti dell’epoca moderna, a definire quello che oggi alcuni chiamiamo Antropocene. L’espansione dell’umanità – dalla conquista degli oceani e dei cieli, fino allo spazio – insieme alla globalizzazione, alla creazione di armi nucleari, alla diffusione dei mass media e della democrazia, ha nutrito l’illusione che il raggiungimento del completo dominio della ragione sopra ogni cosa sia solo una questione di tempo. Ecco come il senso del limite, così radicato nel pensiero greco da comparire tra le due iscrizioni del tempio di Delfi (dove accanto al celebre “Conosci te stesso” si leggeva anche “Nulla di troppo”), è stato quasi del tutto cancellato dalla cultura odierna.

Le recensioni di Tales from the Loop testimoniano che la mentalità moderna prova un certo disagio di fronte alle domande senza risposta: la risposta deve essere da qualche parte e, se non si trova, la si inventa. Come ricordato dall’articolo su “il Giornale”, in un periodo di incertezza, guai a chi amplifica le domande anziché fornire risposte!

Non voglio dire che l’arte e la scienza moderne non siano consapevoli del lato oscuro dell’essere umano, sarebbe assurdo pensarlo. Ma la modernità eccelle nella giustificazione del male, che è un modo di dominarlo, rendendolo comprensibile: anche verso il mostro di Düsseldorf non possiamo che provare compassione, malato di mente – vale a dire irresponsabile delle proprie azioni da un punto di vista medico – e, per di più, giudicato da un tribunale di ladri, assassini e prostitute. Il male è controllabile perché è sempre razionalmente spiegabile, fino alle camere a gas.

La tragedia si distingue proprio perché non cerca un’origine del male. Il male è immanente al mondo e al cuore umano. La tragedia – afferma Hölderlin – si riconosce per la “massima imparzialità”. Prendiamo come esempio l’Edipo re e il legame tra Laio ed Edipo: se Edipo finisce per uccidere suo padre e appare quindi condannabile per la sua violenza, Laio non è da meno. È infatti lui il primo a scagliarsi contro il figlio, tentando addirittura di ucciderlo per evitare che si avveri la profezia dell’Oracolo di Delfi. Così, tra padre e figlio, non si trovano differenze nette; vittime e carnefici si mescolano.

È proprio questa reciprocità violenta a costituire il cuore della tragedia. La crisi tragica raffigura un’umanità sconvolta dal dolore, un dolore che però la porta a comprendere l’esistenza di un orizzonte invisibile in cui tutti si trovano parimenti smarriti, anche se spesso non ne sono consapevoli e credono di avanzare con sicurezza. Gli eventi tragici, anche se rappresentano situazioni lontane dalla vita di tutti i giorni, spingono a distanziarsi per guardare le cose da una prospettiva diversa. Da questa nuova angolazione, le ragioni personali, solitamente così rilevanti, appaiono invece relative, e l’essere umano, di solito così certo di comprendere la realtà, si rivela governato da forze che, almeno in parte, sono fuori dal suo controllo.

La tragedia è quindi una lezione di umiltà: ricorda agli esseri umani la fragilità irreparabile della loro esistenza. Un messaggio banale, ma troppo spesso dimenticato, come nel caso della ricezione di Tales from the Loop, i cui personaggi subiscono tutta l’ironica assurdità della parabola umana: sono avvelenati dalle medicine che creano, tutte ugualmente mirate a “risolvere” la condizione umana e tutte immancabilmente destinate a fallire. Certo, la maggior parte dei personaggi non finisce murata viva in una grotta o incenerita nella caldera dell’Etna: muore sola, magari in un Hospice sotto cure palliative. Ma come sostiene Hölderlin in una lettera a Böhlendorff, “questo è il nostro tragico: in assoluto silenzio, chiusi in qualche ricettacolo, allontanarci dal regno dei viventi, anziché, divorati dalle fiamme, subire la fiamma che non abbiamo saputo domare”.

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““Tales from the Loop”: una tragedia non riconosciuta” è stato scritto da andrea inglese e pubblicato su NAZIONE INDIANA.

Hanno colpito l’uomo Raimo…

Riflessioni semiserie sul provvedimento disciplinare a Christian Raimo

Puossi criticare un USR (Ufficio Scolastico Regionale) che rinuncia a criticare un innocuo insegnante armato di sola visionaria criticità, e lo persegue per aver leso l’immagine del proprio ufficio? Ma veramente, funzionari, cultori improvvisati del De officiis? Quanto zelo profuso e sprecato, invece di dire, direttamente, in piazza, o meglio, a favor di telecamera: “Raimo, non è opportuno, in anni in cui la sede CGIL viene schiavardata da facinorosi marziani, approvare i calci ai nazisti… Raimo, non è coerente, nei mesi in cui un ministro antifascista (almeno!) riflette se far stracciare i lenzuoli che sempre più spesso i marziani, anche nelle scuole, dedicano alla Resistenza, prenderlo a metafore in faccia e paragonarlo alla Morte nera”.

Noi che siamo pacati e prendiamo le distanze da Raimo, siamo con lui proprio perché non la pensiamo come lui, e non tolleriamo che gli si impedisca di spendere il misero obolo di 500 euro per andare, si badi, al cinema, che, come il teatro antico (e ci stupiamo che all’USR, così attenti all’immagine, non lo capiscano, perché sì, il cinema è la vera posta in gioco…) contribuisce alla catarsi delle passioni, cioè a ridurre le probabilità del gesto violento.

Altrimenti, noi che la sostanza della democrazia liberale possiamo oramai solo sognarla, rischieremmo di svegliarci in un incubo. Scopriremmo ad esempio, tra PCTO e Orientamenti, i quali veramente sviliscono l’immagine della scuola, ma anche quella del paziente studio superiore e, ancor di più, sviliscono le complessità dei lavori e delle professioni, scopriremmo che oramai può capitare di assistere in Italia, in piazza si badi, persino ad una singolarissima lezione di educazione civica… una lezione dis-Orientante sulla divisione dei poteri nella città medaglia d’oro all’antimafia,  intonata da una curva di ministri che inveisce contro i giudici sotto scorta di un processo, ammutolendo financo la legittima arringa della difesa… Diciamo però con l’USR la verità vera, garantista, come nell’affaire Raimo: quei ministri non ledevano l’immagine del loro ufficio o l’art. 54 della Costituzione, bensì propagandavano, entrando chiassosamente nel merito del processo, la tesi che persino l’Impero romano sarebbe caduto per colpa dei flussi migratori, pauvre historiographie!!

Caro Raimo, non ti conosciamo se non per aver letto alcuni tuoi interventi militanti, e anche dal non averli tutti condivisi abbiamo trovato motivi per apprezzare il coraggio di chi si espone all’errore. Vorremmo perciò esserti vicino, ma non troppo, se no finiremmo per confonderci con chi, a ben vedere, è fin troppo attratto da te, perché in te rischia di voler vedere, pur essendo tu un innocuo viandante spinoziano, ciò che teme al fondo di essere, un picchiatore di morti nere. Oppure un cultore involontario, marziano, della rivoluzione culturale maoista: rieducarne uno per educarci tutti. Povera patria, veramente, vilipesa e spaurita da un’immaginaria nazione di benofficianti…

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“Hanno colpito l’uomo Raimo…” è stato scritto da Stefano Maschietti e pubblicato su ROARS.

Uomini e Donne, Maria De Filippi allontana Alessio Pecorelli: trono finito

Alessio Pecorelli, a causa del suo atteggiamento che lo ha lasciato senza corteggiatrici, viene invitato da Maria De Filippi ad andarsene

Leggi tutto Uomini e Donne, Maria De Filippi allontana Alessio Pecorelli: trono finito su Notizie.it.

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“Uomini e Donne, Maria De Filippi allontana Alessio Pecorelli: trono finito” è stato scritto da Giulia Gambazzi e pubblicato su Notizie.it.

CAFFÈ AMERICANO DI LUCA MARFÉ – 20 NOVEMBRE 2024

Accuse di fake news, censura persino sui grandi temi delle armi e della guerra, clima social irrespirabile. Un paio di chiarimenti, ma poi la necessità di raccontare un’America che passa attraverso il nome del vicepresidente eletto J.D.Vance. È lui l’uomo da tenere d’occhio per le conferme al Congresso di tutti gli uomini di Donald Trump.

L’articolo CAFFÈ AMERICANO DI LUCA MARFÉ – 20 NOVEMBRE 2024 proviene da ByoBlu – La TV dei Cittadini.

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“CAFFÈ AMERICANO DI LUCA MARFÉ – 20 NOVEMBRE 2024” è stato scritto da Redazione e pubblicato su ByoBlu – La TV dei Cittadini.

NETANYAHU PASSEGGIA DA PADRONE A GAZA, MA SENZA GUERRA HA LE ORE CONTATE – Fulvio Grimaldi

Benjamin Netanyahu si è fatto ritrarre mentre passeggia nella Striscia di Gaza, come se fosse ormai casa sua. In Israele però sempre più persone non lo sopportano. Ne abbiamo parlato con il giornalista Fulvio Grimaldi.

L’articolo NETANYAHU PASSEGGIA DA PADRONE A GAZA, MA SENZA GUERRA HA LE ORE CONTATE – Fulvio Grimaldi proviene da ByoBlu – La TV dei Cittadini.

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“NETANYAHU PASSEGGIA DA PADRONE A GAZA, MA SENZA GUERRA HA LE ORE CONTATE – Fulvio Grimaldi” è stato scritto da Redazione e pubblicato su ByoBlu – La TV dei Cittadini.

REFERENDUM SU OBBLIGO VACCINALE: AL VIA L’ITER PER ABROGARE LA LEGGE LORENZIN

Avviato l’iter amministrativo che potrebbe portare, tramite il voto popolare, alla cancellazione della Legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale per i bambini tra zero e 16 anni.

L’articolo REFERENDUM SU OBBLIGO VACCINALE: AL VIA L’ITER PER ABROGARE LA LEGGE LORENZIN proviene da ByoBlu – La TV dei Cittadini.

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“REFERENDUM SU OBBLIGO VACCINALE: AL VIA L’ITER PER ABROGARE LA LEGGE LORENZIN” è stato scritto da Elisabetta Barbadoro e pubblicato su ByoBlu – La TV dei Cittadini.

L’ETERNO RITORNO DELL’ESCALATION – ORSOBRUNO | 20 NOVEMBRE 2024 | FRANCESCO BORGONOVO

Dopo quasi tre anni di guerra l’Occidente continua a pensare che alzare il livello dello scontro possa portare qualcosa di buono. La realtà mostra una situazione molto diversa.

L’articolo L’ETERNO RITORNO DELL’ESCALATION – ORSOBRUNO | 20 NOVEMBRE 2024 | FRANCESCO BORGONOVO proviene da ByoBlu – La TV dei Cittadini.

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“L’ETERNO RITORNO DELL’ESCALATION – ORSOBRUNO | 20 NOVEMBRE 2024 | FRANCESCO BORGONOVO” è stato scritto da Redazione e pubblicato su ByoBlu – La TV dei Cittadini.

Il fascismo “Verde” che piace tanto alla sinistra nazicomunista

di PIETRO AGRIESTI

In Germania i Verdi sono il partito della repressione del dissenso e della libertà di espressione. Il ministro dell’Economia Robert Habeck, dei Verdi appunto, ha presentato per anni denunce contro i suoi critici online.

Ad agosto 2024, aveva presentato 805 denunce di questo tipo – ben oltre la metà del totale delle denunce presentate da tutti i ministri dal settembre 2021. La maggior parte delle altre (513) sono state presentate dalla sua collega dei Verdi, il ministro degli Esteri

Annalena Baerbock, co-leader of the German Greens party.

Annalena Baerbock. Questi loro atti di repressione sono stati parte di una campagna molto più ampia da parte del defunto governo e dei suoi alleati ideologici per zittire i critici, e nell’insieme i casi sono stati troppo numerosi per tenerne traccia.

La polizia ha perseguito gli agricoltori che avevano affisso cartelli in cui si rifiutavano di fare affari con gli elettori dei Verdi. Hanno perquisito la casa di un uomo d’affari bavarese perché esponeva manifesti satirici che prendevano in giro Habeck, Baerbock e altri esponenti di spicco dei Verdi.

Dare del “cretino” a Habeck sui social media può costare 2.100 euro di multa; dare del “ministro degli Esteri più stupido del mondo” a Baerbock può costare 6.000 euro. Tutto questo fa parte della nuova politica tedesca post-Covid.

Nel 2020, la stampa tedesca poteva ancora denunciare Vladimir Putin per aver osato multare chi lo derideva su Internet. “In Germania”, potevano ancora dire i giornalisti, “le osservazioni sprezzanti sui politici sono protette dal diritto alla libertà di espressione”.

Ecco per esempio cosa scriveva Ntv nel 2020:

  • “Lo slogan «Putin è un ladro» è uno dei più diffusi gridi di battaglia dell’opposizione in Russia. Una formulazione «assolutamente offensiva», come ha detto una volta Dmitry Peskov, portavoce del leader del Cremlino Vladimir Putin. Ma l’espressione è ancora una delle più innocue. Soprattutto sui social network, gli insulti selvaggi contro il presidente sono molto diffusi”.
  • In risposta, nella primavera del 2019 il Parlamento ha approvato una legge che rende più facile punire gli insulti contro il presidente e i simboli dello Stato. È passato un anno da allora e, dal punto di vista degli attivisti per i diritti umani, la legge è servita soprattutto a reprimere la diversità di opinione, a perseguitare politicamente le persone, a incutere loro paura e a promuovere l’autocensura. «La legge è stata promulgata per proteggere l’onore e la dignità del presidente», afferma Stanislav Selesnev, avvocato dell’organizzazione per i diritti umani Agora… Ha trovato 51 casi in cui sono stati avviati procedimenti a causa di commenti sprezzanti su Putin. Il pensionato Anatoly Lileykin ha definito Putin un «criminale» che si mantiene al potere falsificando le elezioni. Per questo, un tribunale … gli ha imposto una multa di 70.000 rubli (circa 850 euro). …In Germania e in altre democrazie occidentali, le osservazioni sprezzanti sui politici sono protette dal diritto alla libertà di espressione…
  • Secondo l’analisi di Agorà, i commenti dei cittadini su Internet… vengono tracciati. E le denunce sono molto diffuse. Informatori fedeli al Cremlino setacciano Internet per scovare chi critica Putin. Finora sono state comminate multe per un totale di oltre 1,6 milioni di rubli, di cui più di due terzi per commenti su Putin, come ha calcolato Selesnjow… «Sono convinta che questa legge esista per creare autocensura e paura tra la gente», afferma l’esperta di media Galina Arapova. «Si sta facendo di tutto per far sì che le persone si mordano la lingua – e se si lamentano, dovrebbero farlo a casa nelle loro cucine, ma mai in pubblico», afferma la direttrice del Centro per la protezione dei mezzi di comunicazione di massa di Mosca. La nebulosa formulazione della legge non pone limiti. Esperti come Arapova ritengono che l’obiettivo fin dall’inizio fosse quello di arginare le crescenti critiche… Grazie a questo genere di sanzioni dissuasive, il provvedimento sotto questo aspetto è stato un successo. L’attivista per i diritti umani Selesnev sospetta che, vista l’insoddisfazione diffusa causata dalla crisi economica, aumenteranno anche le critiche al Cremlino. In tal caso, in futuro le pene saranno ancora più severe”.

Cosa possiamo dire? Stiamo diventando più simili alla Russia di Putin, stiamo adottando misure per monitorare la discussione online, vagliarla e censurarla, degne della Russia e direi anche della Cina. Stiamo tornando ai reati d’opinione che eravamo orgogliosi di avere ormai quasi del tutto abolito.

Molte voci critiche durante il Covid hanno attaccato l’atteggiamento sottomesso della stampa mainstream, rilevando che in un periodo di poteri straordinari usati a più non posso sull’onda dell’emergenza e di governi di unità nazionale quasi senza opposizione, la stampa avrebbe dovuto essere all’opposto particolarmente vigile, per esercitare almeno lei un ruolo di controllo su cosa si combinava con questi super poteri senza opposizione. Avevano evidentemente ragione.

L’esperienza insegna che da ogni emergenza si esce con meno diritti civili e politici e meno libertà individuale, che ad ogni emergenza i governi si arrogano una serie di poteri straordinari “temporanei” che in realtà non se ne vanno più, o approfittano della situazione per fare passare provvedimenti che normalmente incontrerebbero una forte opposizione. Anche dall’emergenza Covid come previsto siamo usciti con meno libertà. Il Covid ha sdoganato la repressione del dissenso mascherata da lotta alla disinformazione, giustificata con ragioni di salute pubblica. Finito il covid – al netto di qualche tentativo della stampa igienica di resuscitarlo – tutto questo è in gran parte rimasto. Fra le eredità del Covid c’è un grado di controllo politico della discussione pubblica online prima considerato inaccettabile. Il Covid ha modificato la sensibilità diffusa e smantellato quel poco di difese che avevamo su questo piano. Quello che diciamo viene tracciato, monitorato, censurato e persino sanzionato, molto molto più di prima.

Inoltre ha fatto scuola anche in questo senso: si è diffuso l’uso di un gergo sanitario, per presentare altri problemi come epidemie, infezioni, virus, etc.. necessari di provvedimenti per limitare il contagio e bloccare la propagazione della malattia. Tra questi proprio la disinformazione, che viene descritta continuamente con questo tipo di linguaggio, nonostante sia completamente fuorviante pensarla in questi termini. Ma si tratta di una mossa funzionale a presentare la questione come se fosse tecnico scientifica, e dunque da risolvere consultando gli appositi esperti e seguendo i loro dettami, rispetto a cui ogni opposizione è terrapiattismo.

Come in Russia e come in Cina, la politica riduce l’autonomia e l’indipendenza delle imprese private e ne dispone come di un apparato per implementare le politiche desiderate, in un sistema sempre più dirigista e fascistoide. Il paradosso è che politiche che modificano in senso russo o cinese il nostro sistema politico vengono presentate come anti russe e anti cinesi. Politiche chiaramente antidemocratiche e illiberali vengono presentate come per difendere la democrazia.

La resistenza a queste politiche fascistoidi viene presentata come estremismo di destra e fascismo. Il sostegno a queste politiche viene dalla sinistra sedicente antifascista. È tutto molto orwelliano. Non è un caso poi che in cima alla lista dei sostenitori di nuovi reati d’opinione e della criminalizzazione del dissenso ci siano i Verdi, cioè i sostenitori di politiche green che possono avanzare solo sull’onda di imposizioni autoritarie, perché appena si lascia un qualsiasi grado di libertà quasi tutti girano i tacchi e si precipitano in direzione contraria.

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“Il fascismo “Verde” che piace tanto alla sinistra nazicomunista” è stato scritto da Leonardo e pubblicato su Miglioverde.