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7 ottimi consigli per le neo mamme (2023)

Tutti i genitori ci sono passati, e tutti i genitori possono relazionarsi con quella che è certamente una delle esperienze che ci cambiano la vita – quella di diventare un nuovo genitore.

7 ottimi consigli neo mamme
7 ottimi consigli neo mamme

Ecco 7 ottimi consigli per le neo mamme e in generale i nuovi genitori.

1. Segui il tuo istinto

Non fare paragoni, fidati solo del tuo istinto.

Ci saranno sempre informazioni contrastanti… su ogni argomento! Il meglio che possiamo fare è ascoltare/imparare da entrambe le parti e poi decidere cosa è meglio per la nostra famiglia e cosa c’è nel nostro cuore. Il più grande trucco per la maternità è non sentirsi in colpa o sentirsi come se si dovesse spiegare una qualsiasi delle decisioni che si prendono.

Abbiamo sentito così tante linee guida contraddittorie su se e per quanto tempo lasciare che il bambino “pianga” all’ora di andare a letto. Ci siamo sentiti piuttosto in colpa a lasciar piangere nostra figlia, ma una volta che abbiamo provato, è diventata rapidamente una bambina che poteva addormentarsi da sola in modo affidabile. Abbiamo dovuto imparare a fidarci del nostro istinto sulla strada giusta nella nostra situazione.

Alcune decisioni possono essere bianche o nere, ma la maggior parte dovrebbe essere guidata dalle priorità e dai valori dei genitori piuttosto che da internet o da amici benintenzionati.

2. Sii gentile con te stessa

Abbraccia il disordine e il caos, perché nessuno si ricorderà di una casa pulita o del bucato fatto, ma tu ricorderai i ricordi divertenti.

Fate molte passeggiate con il passeggino: fanno bene ai genitori e al bambino. Un ulteriore vantaggio è che i bambini dormono sempre meglio all’aria aperta.

Inizialmente ho resistito al consiglio di “dormire quando il bambino dorme” perché pensavo che mi avrebbe dato più tempo per fare le cose. Mi sono presto resa conto che l’opportunità di essere (semi)riposata era il miglior regalo che potessi fare a me stessa.

3. Cerca opportunità per legare con il tuo bambino e fare ricordi

Amali ogni volta che puoi. Sorridi molto. Fissa i loro occhi. Apprezza ogni momento.

Date ai vostri figli molti e molti ricordi.

Fate tutte le foto e assicuratevi che qualcuno faccia delle foto anche a voi. Scrivete le cose che volete ricordare.

Godetevi ogni momento possibile, anche quelli difficili. I bambini crescono troppo in fretta, e se vi preoccupate troppo delle cose che non contano, perderete le opportunità di godervi quelle che contano.

A volte i genitori si eccitano troppo per la “prossima” fase di sviluppo. Prendetevi del tempo per godervi ogni pietra miliare della crescita.

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4. Regola le tue aspettative di mamma

Imparare a stare bene con tutto ciò che richiede 10 volte più tempo di prima di avere figli. Preparati a vivere nell’incertezza e cerca di essere più flessibile con le tue aspettative. Sii d’accordo con il fatto di non essere d’accordo a volte.

Cercate di fare pace con la vostra nuova vita e il vostro nuovo ruolo – come genitore e come co-genitore. Ho sentito qualcuno dire che è come se un interruttore venisse girato da “coppia romantica” a “squadra tattica”. I soprannomi che io e mio marito ci siamo dati in quelle prime settimane erano “Sacco di cibo” e “Ragazzo delle pulizie”. Abbiamo cercato di ridere attraverso la nostra stanchezza per i nostri nuovi ruoli.

Ricorda che le mamme e i papà fanno le cose in modo diverso l’uno dall’altro e che tutti vogliamo avere successo. Mettetevi d’accordo sulle cose grandi e lasciate perdere quelle piccole.

5. Trova il tuo gruppo ideale

Ho capito presto che era importante avere una tribù di altri neo-genitori, per scambiare storie su questo periodo unico, e per aiutare con il babysitting, i pasti e le faccende di casa. A distanza di anni, sono ancora buona amica di molte di queste persone!

Delega i compiti a familiari e/o amici disponibili. Se non avete familiari/amici locali disponibili (per aiutarvi a fare la spesa, cucinare e fare il bucato), considerate la possibilità di esternalizzare questi compiti durante i primi giorni e le prime settimane.

6. Arruola l’aiuto di esperti

Prendete lezioni per genitori in anticipo e assumete un aiuto. Raccomando di fare formazione molto prima che i bambini siano qui, e lungo tutte le loro fasi di sviluppo.

Mi sono unita a un gruppo di genitori attraverso Parents Place che ha aiutato me e mia figlia a socializzare e a trovare risposte alle mie domande sui genitori.

7. Sappi che le cose diventeranno più facili col tempo

Il primo mese sembra un giorno molto, molto lungo. I mesi 2 e 3 sono piuttosto duri, ma migliora mese dopo mese. L’allattamento al seno è più impegnativo di quanto si pensi, ma anche questo diventa più facile nel corso dei primi mesi. Fare il genitore è il lavoro più difficile ma più gratificante di sempre.-Tati, MomWifeLadyLife

Ricordate: anche questo passerà. Per quanto estenuante possa sembrare questa fase, è solo una fase. Prima che tu te ne accorga, il tuo bambino ti guarderà e sorriderà… e ti renderai conto che quelle dure prime settimane ne sono valse la pena.

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Politica del doppio standard: l’Occidente e la sua incoerenza nel caso Israele-Iran

Nei nostri articoli ci troviamo, nostro malgrado, a dover denunciare l’insopportabile pratica tutta occidentale del doppio standard. 

Un concetto che troviamo applicato in maniera perfetta dal ministro degli Esteri del Regno Unito David Cameron per commentare la risposta dell’Iran al mortale attacco di Israele contro la propria ambasciata a Damasco in Siria. 

In un’intervista con Sky News all’inizio di questa settimana, Cameron ha criticato aspramente l’Iran per i suoi attacchi militari contro il regime israeliano, ma si è affrettato ad aggiungere che il Regno Unito avrebbe reagito in modo simile se una delle sue ambasciate fosse stata attaccata.

Come noto, nella giornata di sabato l’Iran ha lanciato una raffica di droni e missili direttamente contro i territori occupati da Israele in risposta all’attacco al consolato iraniano a Damasco che ha portato all’assassinio di sette persone, tra cui tre comandanti del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica.

L’attacco israeliano è avvenuto in flagrante violazione del diritto internazionale e la Convenzione di Vienna del 1961, poiché le ambasciate sono considerate inviolabili e suolo del paese che le occupa, quindi in questo caso dell’Iran.

Durante l’intervista, quando il giornalista di Sky News gli ha chiesto come reagirebbe la Gran Bretagna se una delle sue ambasciate venisse “rasa al suolo”, Cameron ha risposto senza alcun tentennamento: “Agiremo in modo molto forte”, spiegando quindi perfettamente che cos’è il doppio standard occidentale. 

Il 57enne ex primo ministro britannico ha tentato di giustificare le sue osservazioni distinguendo tra le azioni di Israele a Damasco e l’attacco dell’Iran su suolo israeliano. “Direi che c’è un enorme grado di differenza tra ciò che Israele ha fatto a Damasco e, come ho detto,” riferendosi a “301 armi”, “36 missili da crociera” e “185 droni” lanciati dall’Iran contro obiettivi militari nel territori occupati.

Nel fare il confronto, Cameron ha faticato a distinguere tra le vittime iraniane e quelle israeliane negli attacchi. L’attacco del regime israeliano contro l’ambasciata iraniana in Siria ha ucciso sette persone, mentre non ci sono notizie formali di vittime nell’attacco iraniano.

Inoltre, non è riuscito a distinguere tra gli avvertimenti pre-attacco di entrambe le parti. Israele ha preso di mira il consolato iraniano senza alcun preavviso, poiché l’intenzione era quella di assassinare i diplomatici iraniani in violazione del diritto internazionale, mentre l’esercito iraniano intendeva prendere di mira le strutture militari del regime sionista. 

George Galloway, membro del Parlamento britannico, ha messo in guardia dai doppi standard dell’Occidente nei confronti di Israele e dell’Iran. 

Esponendo l’incoerenza degli atteggiamenti occidentali, Galloway ha affermato che se gli standard internazionali fossero stati applicati in modo uniforme, i governi occidentali avrebbero condannato il “palese” bombardamento di Israele dell’edificio dell’ambasciata iraniana in Siria, e non solo la risposta dell’Iran alle azioni del regime israeliano.

“Il mantra secondo cui Israele ha il diritto di difendersi non si applica chiaramente all’Iran. Il mantra secondo cui esiste un ordine basato sulle regole, che esiste una Convenzione di Vienna che protegge l’inviolabilità delle sedi diplomatiche di ogni Paese in ogni altro Paese, è chiaramente un’assurdità”, ha affermato il parlamentare britannico.
“Non si applica a coloro che l’impero occidentale disapprova. Altrimenti, ogni governo occidentale avrebbe condannato la sfacciata distruzione dell’ambasciata iraniana a Damasco da parte di Israele. Lo avrebbero fatto anche se si fosse trattato di chiunque altro, non è vero?”.

Nel frattempo, continuando a sostenere militarmente il regime israeliano, le autorità britanniche hanno affermato che la Royal Air Force (RAF) è intervenuta in difesa del regime israeliano durante gli attacchi di sabato sera.

Nell’ambito dell’Operazione Shader, nome in codice degli interventi militari britannici in Asia occidentale dal 2014, sono stati inviati nella regione diversi jet e aerocisterne di rifornimento, secondo quanto dichiarato dal primo ministro Rishi Sunak, che ha confermato che i jet della RAF hanno intercettato e abbattuto “un certo numero” di droni iraniani.

Parlando alla Camera dei Comuni lunedì, Sunak ha detto che “i nostri piloti si sono messi in pericolo” per proteggere il regime e ha riconosciuto il contributo del Regno Unito di “un importante supporto di intelligence, sorveglianza e ricognizione per i nostri partner”.

Il ministro della Difesa britannico Grant Shapps ha inoltre confermato il dispiegamento di ulteriori mezzi militari nei territori occupati come dimostrazione di solidarietà con il regime israeliano.

“In risposta all’escalation nella regione e in collaborazione con i nostri alleati, il Primo Ministro ed io abbiamo autorizzato il dispiegamento di ulteriori mezzi della Royal Air Force”, ha dichiarato Shapps.

Il Regno Unito è uno strenuo alleato di Israele e sostiene il regime sionista con una serie di armi letali. 

Doppi standard come residuo del passato coloniale e imperialista

Il concetto di doppi standard nella politica occidentale è persistente nel corso della storia ed è spesso visto come un residuo di un’epoca passata. Una delle origini della politica occidentale del doppio standard può essere fatta risalire all’era coloniale, quando le potenze europee imponevano i propri valori e convinzioni ad altri paesi e popoli. Questo senso di superiorità e di diritto ha continuato a plasmare gli atteggiamenti politici occidentali, portando alla tendenza a mantenere standard diversi per se stessi e per gli altri.

Un’altra ragione della prevalenza dei doppi standard nella politica occidentale è l’influenza delle dinamiche di potere. I paesi che detengono (detenevano?) il maggior potere, come gli Stati Uniti e le nazioni europee, si considerano in grado di dettare i termini delle relazioni internazionali e di stabilire l’agenda della politica globale. Inoltre, l’eredità dell’imperialismo e del colonialismo ha lasciato un impatto duraturo sugli atteggiamenti occidentali nei confronti delle altre culture e società.

La persistenza di doppi standard nella politica occidentale può avere gravi implicazioni per la stabilità e la sicurezza globale. Quando i paesi potenti agiscono impunemente per imporre la propria volontà agli altri, provocano risentimento e reazione da parte di coloro che si sentono emarginati e oppressi. Come stiamo vendendo in questa epoca di passaggio a una fase multipolare dove i paesi del cosiddetto sud del mondo hanno ormai abbandonato il declinante ordine occidentale a guida anglosassone, studi della loro tracotanza e delle loro angherie. 

Questi doppi standard hanno finito per minare la credibilità e la legittimità delle istituzioni e dei valori occidentali. Perché i paesi occidentali stessi non riescono a essere all’altezza degli standard che sostengono per gli altri. Così facendo hanno portato al crollo della cooperazione e della diplomazia internazionale.

Per affrontare la questione dei doppi standard nella politica occidentale, è importante che i paesi occidentali riflettano sulle proprie azioni e si ritengano responsabili del proprio comportamento. Ciò significa riconoscere i propri limiti e sforzarsi di sostenere i valori di uguaglianza, giustizia e rispetto per tutti i popoli. Significa anche impegnarsi in un approccio più inclusivo e collaborativo alle relazioni internazionali, in cui tutti i paesi siano trattati con dignità e rispetto.

Mondo multipolare: rispetto e sovranità

Uno dei segreti del successo di Russia e Cina sulla scena mondiale è che questi paesi comprendono perfettamente che la cooperazione deve basarsi sul rispetto reciproco e sull’uguaglianza.

 Un mondo multipolare si riferisce a un ordine mondiale in cui il potere è distribuito tra diverse grandi potenze, anziché essere concentrato in un’unica superpotenza. Questa distribuzione del potere consente un sistema internazionale più equilibrato e stabile, poiché ciascuna grande potenza può controllare e bilanciare le altre.

Uno dei principi chiave di un mondo multipolare basato sul rispetto reciproco e sulla sovranità è il riconoscimento e il rispetto della sovranità di tutti gli Stati. La sovranità è il principio secondo cui ogni stato ha il diritto di governarsi senza interferenze da parte di altri stati. In un mondo multipolare, ciascuna grande potenza riconosce e rispetta la sovranità degli altri Stati, consentendo la coesistenza e la cooperazione pacifica. Viene così a crearsi  un sistema internazionale più stabile e prevedibile, poiché gli Stati possono impegnarsi nella diplomazia e nel dialogo basati sul rispetto reciproco.

In un mondo multipolare, le grandi potenze si trattano reciprocamente da pari a pari e si impegnano in un dialogo e in una cooperazione basati sul rispetto reciproco. Questo rispetto reciproco consente la risoluzione dei conflitti attraverso mezzi pacifici, piuttosto che ricorrere alla coercizione o alla forza. Trattandosi reciprocamente con rispetto, le grandi potenze possono costruire fiducia nelle loro relazioni, portando a una maggiore cooperazione e collaborazione su questioni globali.

Un altro aspetto chiave di un mondo multipolare basato sul rispetto reciproco e sulla sovranità è il riconoscimento della diversità degli stati e delle culture. Le maggiori potenze devono riconoscere e rispettare le storie, le tradizioni e i valori unici degli altri Stati, invece di imporre le proprie convinzioni e norme. Per intendrci bene, non esistono eccezzionalismi o superiorità di culture su altre. 

Per costruire un mondo multipolare basato sul rispetto reciproco e sulla sovranità, le grandi potenze devono anche essere disposte a impegnarsi in istituzioni e accordi multilaterali. Il multilateralismo consente agli Stati di lavorare insieme su sfide comuni, mettendo in comune risorse e competenze per raggiungere obiettivi condivisi. Partecipando a istituzioni multilaterali come le Nazioni Unite, le grandi potenze possono creare un quadro di cooperazione e dialogo che promuova la pace e la stabilità nel sistema internazionale.

Gaza, più di 34.000 i palestinesi uccisi da Israele dal 7 ottobre

 

Almeno 34.012 palestinesi sono stati uccisi e 76.833 feriti negli attacchi israeliani a Gaza dal 7 ottobre, secondo il Ministero della Sanità dell’enclave assediata.

Il ministero ha aggiunto che 42 persone sono state uccise e 63 ferite nelle ultime 24 ore.

Secondo l’agenzia UN Women, quasi un terzo delle persone uccise nella guerra di Gaza – almeno 10.000 persone – erano donne.

Di queste donne, 6.000 sono madri, la cui morte ha lasciato 19.000 orfani,si legge nel report di UN Women.

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L’AntiDiplomatico e LAD edizioni sono impegnati a sostenere l’associazione “Gazzella”, in prima linea nel sostegno della popolazione di Gaza. 

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WSJ: Biden valuta invio di armi a Israele per 1,3 miliardi di dollari

 

Gli accordi sulle armi, se approvati, fornirebbero a Israele 700 milioni di dollari in munizioni per carri armati, 500 milioni di dollari in veicoli tattici e meno di 100 milioni di dollari in colpi di mortaio, secondo funzionari statunitensi citati dal Wall Street Journal.

Questi trasferimenti di armi proposti andrebbero ad integrare quelli presentati in un disegno di legge separato dai repubblicani della Camera, che stanzia 26 miliardi di dollari in ulteriori aiuti militari a Israele.

Biden ha dovuto affrontare una crescente reazione negativa, anche da parte di figure di spicco del suo stesso partito, per aver continuato a fornire armi a Israele, pur sollevando preoccupazioni sulla condotta bellica di Israele e sul peggioramento del bilancio umanitario a Gaza.

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Tech house e pulsione di morte

di Lorenzo Graziani

Che la quota di oscurità nella popular music – ascoltata in solitudine o ballata in compagnia – sia in costante crescita è un fenomeno sotto gli occhi di tutti. E non serve lambiccarsi troppo il cervello per notare la connessione con il ripiegamento nichilista che ha segnato la storia della controcultura: dagli inni soul per i diritti civili degli afroamericani e dal il rock pacifista dei primi Settanta, nel giro di dieci anni si è passati al punk, il cui spirito antisistema è stato ben presto assorbito dal mercato (discografico e dell’abbigliamento), capitalizzato e quindi disinnescato; poi è stato il turno dell’associazione a delinquere del gangsta rap, che del mondo se ne fregava e del ribellismo manteneva solo l’aspetto criminale; ora ascoltiamo le sbrodolate autotunizzate della trap in cui la reificazione capitalista raggiunge il suo culmine e la liberazione sessuale degli anni Sessanta sembra essere stata fagocitata dai circuiti neurali neoliberisti per generare la Perversa Equazione (PE) “sesso = soldi”, secondo cui il potere d’acquisto è tutto e si manifesta sotto forma di potere di fottere.

Stessa storia per la cultura della droga. Certo, le porte della percezione sono state aperte e poi sbattute in faccia già negli anni Settanta, in cui il riflusso dell’ondata psichedelica di dieci anni prima sembrava imprigionato in un terrorizzante flashback da LSD: “Siamo stati costretti a smettere da cose terribili” sono le amare parole della Nota dell’autore che chiude Un oscuro scrutare di Philip K. Dick, romanzo dedicato agli amici persi a causa della droga. Ma le sottoculture giovanili non hanno per questo smesso di fare uso di sempre nuove sostanze. Con la rave-culture degli anni Novanta si è diffusa l’ecstasy, e oggi è il turno di analgesici e ansiolitici come Xanax, Percocet e OxyCotin; ed è in particolare la codeina a giocare un ruolo fondamentale nell’informare il suono trap. In pezzi come “Codeine” – appunto – di Playboi Carti lo strumentale e la voce si fondono in un plasma di ricordi infantili liquefatti: tintinnii da camioncino dei gelati, jingle di cartoni animati e gridolini di bambini al parco che sembrano riprodotti da un Hal 9000 a cui David Bowman sta gradualmente cancellando la memoria. Drogarsi non serve più a meditare e nemmeno a medicare: l’irrealtà digitale di questi brani pare ricordarci come non ci sia più nessun altrove, nessuna alternativa all’infantilizzazione della società e alla schizofrenia neoliberista.

Tuttavia, è forse fin troppo facile rintracciare tendenze autodistruttive nella trap, e ancor più facile è metterle in relazione con la PE prodotta dal dominio capitalista dell’inconscio. Per motivi diversi, lo stesso vale per molta EDM (Electronic Dance Music) che, per decenni, pare aver seguito un trend da economie di scala passando dai 125 bpm della house-music ai 200 e rotti della gabber. Gli impulsi autodistruttivi sono palesi soprattutto nei generi più duri e freddi, “tutta macchina”, come la techno. Ciò che li rende meno interessanti dal mio punto di vista, però, è che, sebbene abbiano un certo seguito, rimangono comunque generi di nicchia, tradizionalmente e – almeno in parte – consapevolmente anti-sistema. Ho invece il sospetto che le tendenze autodistruttive siano ben più pervasive. E per trasformare il sospetto in una tesi non conosco metodo migliore che cercare di rintracciarle in luoghi dove non sono evidenti.

Effettivamente, queste tendenze si manifestano in molta (sotto)cultura musicale come vere e proprie pulsioni di morte, emersioni di un rimosso che solitamente sta al di sotto del livello di coscienza. Quindi la mia attenzione si è concentrata sulla tech house, un genere esploso solo di recente, ascoltato da persone che danno tutta l’impressione di essere integrate nel sistema.

Che cos’è la tech house?

Se si cerca online, le migliori definizioni disponibili suoneranno così: “La tech house è un sottogenere della house-music che combina elementi stilistici della techno”. Mi sembra una buona definizione perché ha quantomeno il merito di incasellare correttamente questo genere musicale: è un tipo di house che dalla techno prende in prestito soltanto qualche accessorio.

Dal punto di vista ritmico, infatti, è dominata da un classico house-beat four-on-the-floor. Indubbiamente, rispetto al genere di origine, bassi e cassa sono stati sottoposti a trattamento anabolizzante, avvicinandoli così al suono della techno, ma si cercherebbero invano altri procedimenti tipici di quest’ultima, come rumble e poliritmie.

Malgrado i vari generi EDM tendano oggi all’uniformità, tech house e techno vengono solitamente arrangiate diversamente. E, pure in questo caso, la prima mostra chiaramente la sua discendenza house poiché le manca la caratteristica più evidente della techno: la costruzione a strati, ossia l’accumulo graduale di tensione ottenuto attraverso l’aggiunta progressiva di materiale sonoro in loop. Questo rende la tech house un genere a prima vista molto meno ripetitivo della techno (le figure ritmiche e melodiche si ripetono mediamente di meno prima di cambiare). Ma la varietà guadagnata sul singolo pezzo viene meno sul lungo tragitto: se non si pone attenzione al campionamento vocale distintivo o a quell’unico suono dal timbro originale, anche dopo un certo allenamento è difficile distinguere un brano dall’altro tanto ritmo, melodia e arrangiamento si ripresentano invariati. Si tratta quindi di una ripetizione sicuramente meno palese di quella en plain air della techno, ma – forse proprio per questo – ancor più inquietante.

Enter the Freud

Proprio la coazione a ripetere ci mette sulle tracce di Freud poiché è il punto di partenza da cui egli parte per teorizzare la pulsione di morte. Non si può certo dire che colui che riteneva di poter ricondurre tutte le motivazioni umane alla volontà di sopravvivere e accoppiarsi abbia mai mostrato un atteggiamento particolarmente ottimista a proposito della nostra natura e civiltà. Tuttavia, il folle connubio di morte e tecnologia dispiegato sui campi di battaglia della Prima guerra mondiale ebbe un forte impatto sul pensiero di Freud, tanto da indurlo a ritenere che fare appello alle pulsioni sessuali non fosse sufficiente a spiegare l’inclinazione all’ingiustizia e alla sopraffazione che caratterizzano la razza umana.

Sono queste riflessioni a guidare la scrittura di Al di là del principio di piacere, saggio che sin dal titolo allude a un noto libro di Nietzsche di cui condivide il disincanto nei confronti dell’etica ufficiale. Lo scritto risale al 1920 e prende le mosse dalle osservazioni compiute dal medico viennese su di un ampio numero di pazienti sofferenti di nevrosi traumatiche causate dal recente conflitto. Questi ultimi, mentre nella vita vigile si sforzano di non pensare all’evento traumatico da cui scaturisce la loro nevrosi, lo rivivono continuamente nei loro sogni. Si tratta di un fatto che colpisce Freud in quanto sembra contraddire la sua precedente teoria dei sogni che, come è noto, tendono all’appagamento di un desiderio. Ci deve dunque essere qualcosa di diverso dal principio di piacere che disturba e devia la funzione del sogno dai suoi scopi. Ancor più sconvolgente è però la scoperta che la tendenza a ripetere precedenti esperienze anche se spiacevoli è presente pure in soggetti sani. Troppi fenomeni sembrano pertanto a Freud rimanere senza spiegazione a meno di non postulare che la coazione a ripetere sia “più originaria, più elementare, più pulsionale di quel principio di piacere di cui non tiene alcun conto.”

La connessione tra pulsionalità e coazione a ripetere viene esplicitata attraverso quella che Freud chiama la “proprietà universale delle pulsioni, e forse della vita organica in generale”, che non è contraddistinta da una forza propulsiva, bensì conservativa e orientata a “ripristinare uno stato precedente”. In altre parole, la Vita di Freud è l’esatto contrario della Vita di Bergson: se per quest’ultimo la “vita pienamente vivente” è una granata che non cessa di esplodere, per il padre della psicoanalisi è un elastico teso che tende a riassumere la forma di partenza una volta cessata l’azione di forze esterne, o un motore che, esaurito il carburante, procede per inerzia. Data la natura conservativa delle pulsioni, esse non possono spingere le forme di vita verso uno stadio successivo; al contrario, le pulsioni le riconducono alla comune partenza, ossia la morte, in quanto gli esseri privi di vita sono esistiti prima di quelli viventi.

Accanto alle pulsioni sessuali o di vita, fa così la sua comparsa la pulsione di morte che – con linguaggio schopenhaueriano – viene presentata da Freud come “più originaria”. Infatti, nonostante il proclamato dualismo, verso la conclusione dello scritto, l’attenzione viene posta su due caratteristiche delle pulsioni di vita che suggeriscono una loro possibile discendenza da quelle di morte. La prima è la componente sadica delle pulsioni sessuali, che si esprime nella fase orale attraverso l’impossessamento e l’annientamento dell’oggetto erotico; qualora non venga superata, nel corso dello sviluppo diviene una perversione che prevede la sopraffazione del partner nell’atto sessuale. La seconda riguarda il meccanismo regolato dal principio di piacere che in questa sede viene definito – usando l’espressione di Barbara Low – “principio del Nirvana”: poiché ha il compito di scaricare l’energia psichica in eccesso per mantenerla al minimo, esso stesso pare derivare dalla pulsione di morte.

Pulsione di morte, società della performance e tech house

Ora, torniamo alla tech house. Fin dall’iconografia – pasticche, K di ketamina e lingue estroflesse dominano la scena – questo genere musicale si presenta come un inno alla “festa” in cui sballo e sesso sono padroni indiscussi. Nonostante la professata levità, però, dopo un po’ le voci abbassate di tono, i suoni patinati ma aggressivi e l’insistenza di frasi come “You take another” fanno sprofondare questa compulsory happiness in un mare di inquietanti incubi stroboscopici.

“I think I took too much, I can’t feel my bones, I can’t feel my soul, don’t take me home” recita il testo di “Too Much” di TOBEHONEST. Le frasi vengono pronunciate con quel tono a metà strada tra l’inquieto e il narcotizzato che si ha quando si è preoccupati per le proprie condizioni, ma troppo fatti per comprenderne la reale gravità. “I lost my mind”, ma la musica è trascinante; dopo aver ballato per ore, l’effetto ancora non è finito: stai male, eppure il tuo sistema limbico – ancora sovraeccitato – ti impedisce di tornare a casa. L’overdose sarà pure un incidente, un divertimento finito in tragedia, ma l’abuso di droga viene qui invocato con una consapevolezza e un cinismo inquietanti: “You’re not in control” (Beltran, “Warning”). Gli stessi saliscendi ritmici che caratterizzano il genere ricordano la sensazione di disorientamento temporale causata da alcol&MD.

A ben vedere, le pulsioni di morte che scorrono al di sotto della patina lucida sono tutte collegate a un fenomeno fin troppo evidente nella nostra società: la pressione a dare il massimo. In pezzi come “The Game” di Pleight e Bess Maze il processo pare lambire le soglie dell’Io, pur rimanendo almeno in parte inconscio: nell’intermezzo in cui la tensione si rilassa e la cassa picchia di meno si distinguono a stento le parole immerse nel riverbero di quello che verosimilmente è un discorso sulle cause dell’ansia da prestazione (“everybody must join, everybody must work, everybody must belong, then freedom disappears”). La stessa tipologia della droga menzionata così tante da volte da entrare in un certo senso a far parte dell’identità del genere musicale ci fa riflettere su quanto sia forte l’ossessione per la prestazione. Non è la codeina della trap, bensì ecstasy: un eccitante, non un ansiolitico. La droga serve a continuare la festa, a continuare la performance, a far vedere che non ci si ferma mai (non sto dicendo che la trap non sia, a suo modo, un genere esibizionista; qui mi riferisco solamente agli effetti della droga utilizzata).

Sicuramente l’essere riconosciuti dagli altri è una necessità dell’essere umano, animale sociale per eccellenza; ma da dove deriva questo bisogno di mettersi in mostra per far vedere la propria forza? Non credo che nemmeno in questo caso si debba cercare a lungo per trovare la risposta. In una società come la nostra in cui tutto è merce, e deve quindi essere esibito per essere, l’esibizione diventa valore assoluto. La concorrenza è spietata, se non ce la fai è meglio che te ne resti a casa: “You should’ve stayed at home, stayed away” (NightFunk e Ranger Trucco, “In The Club”). Per esibirti devi reggere il confronto e saper sfruttare le tue armi: “Money, power, beauty, fame: choose your weapon to beat the game” (Chris Lake, Grimes e NPC, “A Drug From God”). Ma la concorrenza è spietata: per andare avanti devi “prenderne un’altra”, fino a perdere il controllo.

Secondo il filosofo contemporaneo Byung-Chul Han, la logica neoliberista dell’autorealizzazione è l’arma anti-rivoluzionaria definitiva: se la dialettica materialista prevedeva che l’alienazione del lavoratore dovuta al suo sfruttamento da parte del padrone si trasformasse in desiderio di ribellarsi al dominio di quest’ultimo, ora che il padrone è divenuto evanescente è il lavoratore stesso a sfruttarsi fino alla morte, credendo di realizzarsi. La ricorrente espressione “essere imprenditori di sé stessi” equivale metaforicamente a puntarsi alla tempia la pistola della rivoluzione, e dunque ad annullare ogni spinta anti-sistema insita nello sfruttamento capitalistico. Perciò, se il neoliberismo riduce l’essere umano a soggetto di prestazione che ottimizza sé stesso fino a morire, la tech house ne è il manifesto sonoro.

Pur avendo ragioni socio-econimiche, la tendenza autodistruttiva della società della performance pare dunque confermare la teoria di Freud: la nostra società, che intona peana all’immortalità digitale e si sforza in tutti modi di rimuovere la morte dalla vita, non solo si rivela ossessionata dalla morte (ipocondria e vigoressia sono facce della stessa medaglia), ma più la nega, più pare corrervi incontro. La vita che rimuove la morte, rimuove sé stessa. Si vuole l’estasi (o l’ecstasy) per tentare di dimenticare la paura di morire, e si finisce così per accelerare il processo di autoannientamento, a livello personale e – grazie alle migliorate capacità dell’uomo di influenzare l’ambiente esterno – (inter)planetario: “Moving beyond the Earth, heading for the stars, interplanetary, we’re running out of time” (Walto, “Planetary”).

Nella società della performance essere non è essere percepito, ma essere esibito. Questo genera odio verso sé stessi, mai all’altezza di ciò che pensiamo ci venga richiesto, oltre a un’angoscia strisciante eppure insostenibile, ben rappresentata da pezzi come “Don’t Wanna Be” di Broken Future (un moniker molto appropriato). Qui viene adoperato un sample vocale in cui soggetto e completamento del verbo sono talmente distorti da non risultare intellegibili. E non è un caso, allora, che il titolo della canzone li elimini completamente, restituendo all’ausiliare il suo significato proprio di esistere e alla proposizione il suo contenuto esistenziale: il desiderio, acefalo e adespota, di non essere.

*

PLAYLIST

Trap

  1. Playboi Carti, “Codeine”: https://www.youtube.com/watch?v=Pxw6s4iMG7c
  2. Lil Gotit, “Uzi Anthem”: https://www.youtube.com/watch?v=q5IhSiiewNE
  3. X-Kappe, “Lalah”: https://www.youtube.com/watch?v=rGnWTVqfJJg

Techno

  1. ABYSSVM, “Achtung”: https://www.youtube.com/watch?v=7_OQU1xk1Ac
  2. Znzl, “As The Fire Consumes Us”: https://www.youtube.com/watch?v=OsixURKSBUw
  3. BXTR e NN, “Asimov’s Law”: https://www.youtube.com/watch?v=6rBtwoOqcTk
  4. NTBR: “Eskalation”: https://www.youtube.com/watch?v=wPaexaXDUCs
  5. Minus Magnus, “inside Pax”: https://www.youtube.com/watch?v=d4sqV2kXsfg

Tech house

  1. TOBEHONEST, “Too Much”: https://www.youtube.com/watch?v=nfGzHERR9Tg
  2. Beltran, “Warning”: https://www.youtube.com/watch?v=k9FiwBYjwdc
  3. Pleight e Bess Maze, “The Game”: https://www.youtube.com/watch?v=Fdoiixwcc1k
  4. NightFunk e Ranger Trucco, “In The Club”: https://www.youtube.com/watch?v=RdveZ3jeL5M
  5. Chris Lake, Grimes e NPC, “A Drug From God”: https://www.youtube.com/watch?v=nsmvBR37xps
  6. Walto, “Planetary”: https://www.youtube.com/watch?v=ItheVZ3F9sA
  7. Broken Future, “Don’t Wanna Be”: https://www.youtube.com/watch?v=Dmhc681oixw
  8. Maximo, SCHMIDT e Ben Yen, “Back Then”: https://www.youtube.com/watch?v=HzjuJubb4mY
  9. Roddy Lima, “Guzman”: https://www.youtube.com/watch?v=urTZ-qNbg70
  10. Dead Space e G. Felix, “Mighty Real”: https://www.youtube.com/watch?v=lYivFOI3HUQ
  11. James Hype, “Say Yeah”: https://www.youtube.com/watch?v=JE4WUGzU76I
  12. TOBEHONEST, “Conga”: https://www.youtube.com/watch?v=cf4PPS_2fhw
  13. House Divided, “Get Twisted”: https://www.youtube.com/watch?v=Vtqf7SqH244

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Immagine: Illustrazione editoriale di Norberto Filotto Design

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“Tech house e pulsione di morte” è stato scritto da andrea inglese e pubblicato su NAZIONE INDIANA.

Les nouveaux réalistes: Luigi Macaluso

 

 

L’Ovarola o la Moglie del Serpente

di

Luigi Macaluso

 

Narrano le cronache non scritte di Trizzulla, paese dell’entroterra madonita, che all’indomani della legge Merlin l’arrivo del nuovo parroco don Basilicò fu accompagnato dalla presentazione d’un prodigio: la nipote Lina, meglio nota alla memoria dei fedeli come l’Ovarola o la Moglie del Serpente. Appena salito sul pulpito l’ecclesiastico liquidò i convenevoli di rito con l’apocalittico annuncio: la giovane, ricevuta in sogno la conoscenza biblica del biblico rettile, aveva ottenuto il carisma di porre fine all’altrui procreazione sessuata. “Partenogenesi la chiamano gli scienziati. Ma io vi dico che il Serpente si è congiunto in Spirito alla mia diletta parente per lasciare un segno dell’imminente redenzione cosmica. Il nostro gregge non avrà più bisogno di sporcarsi le coscienze per dare la vita”. La vita, assicurava il teologo, sarebbe sgorgata grazie alla fede degli aspiranti padri che, uniti in preghiera alla devota erede, avrebbero fatto ritorno a casa con un uovo. Un uovo comparso ex nihilo come lógos spermatikós dall’oscurità feconda della Santa che, se usato con temperanza teologale per soffocare i tormenti labiali del Dio di carne celato all’ombra crurale delle pretendenti madri, le avrebbe ingravidate. Prima o poi. Prima gradita una libera offerta di 4.000 lire. La resistenza eretica da parte maschile fu spenta quando Lina si rivelò: contorta nelle sue forme emiliane, limpida come solo l’afa, era la migliore puttana mai apparsa a Nord dello stretto di Magellano.

 

La risposta degli accaniti ospiti del Caffè del Corso non si fece attendere: occorreva un piano d’azione e, nel codice militare dei digestivi alcolici o dei calici d’acqua e zammù, ciò equivaleva a mandare in avanscoperta Totino Baiamonte. Totino era un artista e aveva esplorato il mondo. Demiurgo dei fregi del carro di San Calemonio abate – patrono di Trizzulla che, nel 1141, era riuscito a scongiurare un’epidemia di herpes zoster trucidando dozzine di massari sospetti – aveva acquisito maestria nella lavorazione della cartapesta dopo essersi trasferito per qualche tempo a Viareggio. E delle donne del continente non aveva mai smesso di millantare le più mirabolanti prodezze in favore della sua virilità titanica. Tanto più inverosimili in quanto le notti toscane, nella memoria dell’affabulatore, restituivano la scena di lunghe degustazioni di rosolio al rosmarino a casa della zia emigrata. In verità l’espatriato aveva compromesso l’onorabilità della cugina Agata e, per questo, si era affrettato a isolarsi nell’isola, lasciando in pegno una promessa riparatoria. Ma il segreto fu protetto e lo scandalo impedito grazie all’impegno da lui profuso nel ruolo di sensale nel fidanzamento in casa (quantunque a distanza) tra Agata e Arcangelo Marinaro, virgulto della premiata merceria “Saro Marinaro & Figlio”.

 

Come Achille, di cui forse era pure discendente, Totino aveva una gloria da preservare e, indossato il completo bianco d’ordinanza, opportunamente inzuppato di colonia Vallý, acconsentì a farsi accompagnare fino alla porta della Chiesa Madre dagli sguardi ammirati dei suoi Mirmidoni trepidanti. “Che è sto profumo di zagara? Ah, sei tu?”, disse Don Basilicò, per niente sconvolto. “Voscenza, posso avere udienza con la Vostra purissima nipote?”. Il pellegrino stava per giustificare il motivo del suo buen camino di trenta metri quando il prete, incurante del dato che il visitatore non avesse moglie, lo invitò ad accomodarsi nella camera dell’ex perpetua. Difficile descrivere l’eternità, se non come assenza di tempo. Ma il tempo smise di battere davvero nel cuore di Totino dopo che apparve Lina, ammantata di soli simboli alla maniera della verità gnostica, nuda di tutto e del tutto. Quando, genuflessa ai suoi piedi, questa verità sensibile cominciò a scuotere la testa come davanti al muro del pianto, a piangere fu lui, Totino, che finalmente avrebbe vissuto la gioia di spiattellare un segreto autentico.

 

Era Maggio. E un anno passò veloce, schiacciato da una smania di metafisica generazione da parte di tutti gli uomini in età d’erezione, seconda soltanto a quella di Dioniso disceso in India. Per le consorti non fu un gran problema: a parte la seccatura di vedere i mariti titillarle per qualche secondo con un uovo in mano, beneficiarono di una consistente riduzione delle prestazioni appaganti il solo immaginario dei loro baffuti passionnés, unita a un forte incremento del numero di frittate settimanali. Un evento pubblico molto sentito fu invece il ritorno in Sicilia di Agata, convolata a nozze con Arcangelo proprio a inizio estate. Fu un matrimonio che imbavagliò molte malelingue, ree di avere sbandierato la fondata insinuazione che il rampollo in fondo in fondo fosse un po’ troppo francese. La ragazza dal canto suo, avendo ormai raggiunto la veneranda età di ventisette anni, sapeva che, se anche il coniuge transalpino l’avesse sfiorata con il pensiero, cioè con l’unico contatto tattile di cui poteva essere capace, non avrebbe obiettato nulla di fronte alla scoperta della sua natura illibata quanto quella di un pacchetto vuoto di sigarette Macedonia. Questo equilibrio entrò presto in crisi a causa del patriarca Marinaro che reclamava con urgenza un nipotino a cui lasciare in eredità il nome (Saro, proprio Saro, non Rosario nè Baldassare). Il vegliardo era un uomo intensamente religioso che a compieta alternava i grani del rosario alle bestemmie e, preferendo giocare d’anticipo, obbligò il figlio a recarsi dall’Ovarola.

Istruita da Don Basilicò la Moglie del Serpente, tutta contenuta in uno scialle nero, ebbe modo di manifestare la sua sapienza cabalistica. “Mi astegno [mi astengo] dal darle troppo speranze, in questi giorni sono stata ammaraggiata [ho avuto la nausea, come in preda al mal di mare]. Preghiamo, hai visto mai che l’uovo spunta lo stesso”.  Saro Marinaro però aveva fatto fortuna con i filati intrecciati all’ostinazione e non era certo uomo da mollare la presa. Ecco allora che anche Agata fu costretta a partecipare alle riunioni, nella speranza di un travaso di fertilità per osmosi.

 

Gli incontri tra le due donne, l’inseminata dall’Angelo refrattario e l’impenetrata dall’Arcangelo trizzullario, divennero frequenti durante il viaggio di quest’ultimo a Bruges, dove si teneva l’Esposizione Universale di merletti. Il Prestigio, il Portento, il Miracolo accadde al suo ritorno: Agata aveva ricevuto in dono l’uovo e, nell’ordine straordinario delle cose, il suo uovo cresceva di settimana in settimana. L’organizzazione delle megere del paese fu teutonica, simile a quella del servizio d’ordine della live di Nilla Pizzi a Pompei, e una processione di Pateravegloria emananti come l’Uno plotiniano dalle rigorose gonnelle impregnate di naftalina fu preposta a separare la Benedetta dalla corruzione dell’universo esterno. Ingresso privilegiato nelle stanze familiari di Palazzo Marinaro restò consentito a Totino, incaricato di farsi carico dell’occorrente utile ad allietare la cova. L’iniziativa della Chiesa fu annunciata nel corso di una funzione domenicale in cui Don Basilicò comunicò di avere affidato a Totino la realizzazione di una piccola coppia di Telamoni atta a sorreggere l’uovo che, conti alla mano, ne era convinto, si sarebbe schiuso il 20 Aprile, Festa di San Calemonio abate (e per coincidenza della nascita di Adolf Hitler).

 

Nel giorno della celebrazione la piazza era gremita e in tripudio. Da Privitera, da Cacciapuoti e addirittura dall’esotica Ninnibòva le masse erano accorse per non perdersi l’evento. Al centro stava un palchetto con sopra i Telamoni e sulle loro spalle, con timore adagiato dai pompieri in livrea, l’uovo che, borgesianamente fantastico al punto da sembrare quasi di cartapesta, era ormai alto circa un metro e mezzo; un separè circolare copriva parte del femminil gamete e all’interno di esso mamma Agata provvedeva alle sue amorevoli cure sussurrando parole tranquillizzanti. Un coro di voci bianche dava il ritmo a Don Basilicò per stringere le mani con la dovuta solennità alle autorità convenute, il Sindaco, il Maresciallo dei Carabinieri, il Barbiere, e accanto a lui l’Ovarola dispensava sorrisi educati, spostando con la dovuta discrezione le molte mani venute a pizzicarle il culo. Totino osservava compiaciuto l’opera prodotta, Arcangelo non si tratteneva dalla felicità saltellante abbracciando ogni due per tre Iano, il figlio del macellaio, Saro Marinaro imprecava contro una colomba di pace, colpevole di aver cagato sulla sua giacca di lino color sorbetto al limone.

 

Gli angioletti avevano appena intonato lo Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus, quando successe. Coloro condannati a vedere per speculum in aenigmate instillarono il dubbio di una porticina tratteggiata che venne giù come pan di zucchero. Ma non fu così. A prorompere fu una paffuta bimbetta di forse tre anni, brutta come l’herpes zoster e avvolta da una tunica bianca recante le insegne del mite patrono (la frusta e l’argano) che, messo piede sul palchetto, allungò il braccio indicando Totino e urlandogli “suca”. I sostenitori del materialismo dialettico spiegarono l’accaduto adducendo come prova che la bambina fosse la figlia del peccato consumato da Totino e Agata, e che questa, ricompensata con i denari della famiglia acquisita la permanenza della piccola presso l’Ordine delle Carmelitane col Tacco, capillarmente presente in molti anfratti delle Madonie, avesse escogitato il trucco per giustificarne la legittimità agli occhi del popolo. O almeno a quelli del suocero che lanciò comunque una santiata quando scoprì che il proprio sangue si sarebbe chiamato Sara. Per coloro la cui fede rimaneva un fragile vaso di terracotta custodito in Timore e Tremore quel che seguì, invece, fu un’assurda conseguenza: il timore di Don Basilicò a trasferirsi in missione in Congo per volontà inappellabile della Curia romana (poi ammorbidito nel ‘65 a seguito della sua fortunata partecipazione al colpo di Stato di Mobutu); il tremore di Lina, l’Ovarola, che qualcuno scovò in un club di Parigi intenta a fare con un serpente “cose che non si vedevano nemmeno ai tempi di Tiberio”. Ma quale che sia la verità, se un viaggiatore oggi si reca a Trizzulla e lancia un roboante “suca”, la risposta può essere soltanto una: “Sempre Ubbidito Calemonio Abate”.

 

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“Les nouveaux réalistes: Luigi Macaluso” è stato scritto da francesco forlani e pubblicato su NAZIONE INDIANA.

Caserta, incidente fra 4 tir: una vittima

Quattro tir sono rimasti coinvolti in un incidente nel casertano, fra i caselli di Caianello e San Vittore. Sul posto sono giunte le forze dell’ordine e i sanitari del 118. L’impatto ha provocato una vittima.

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“Caserta, incidente fra 4 tir: una vittima” è stato scritto da Claudia Marcotulli e pubblicato su Notizie.it.

Fabrizio Corona, i giudici di Milano: “Nessuna sorveglianza speciale, non è più pericoloso”

Arrivata la sentenza della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano per Fabrizio Corona, difeso dal legale Ivano Chiesa

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“Fabrizio Corona, i giudici di Milano: “Nessuna sorveglianza speciale, non è più pericoloso”” è stato scritto da Lucrezia Ciotti e pubblicato su Notizie.it.

Alfa Romero, quella ridicola diatriba dell’inutile ministro del “Made in Italy”

di MATTEO CORSINI

Nella diatriba tra governo italiano e Stellantis, nei giorni scorsi si era regsitrata la presa di posizione del ministro delle imprese e del Made in Italy (perchè non Italia?, ndr) Adolfo Urso, secondo il quale “un’auto chiamata Milano non può essere prodotta in Polonia.” Il tutto in base alla legge del 2003 in base alla quale “non si possono dare indicazioni che inducono in errore i consumatori. Quindi un’auto chiamata Milano deve essere prodotta in Italia. Altrimenti, dà un’indicazione fuorviante che non è consentita dalla legge italiana.
Stellantis aveva pensato di lanciare un SUV da segmento B con il Marchio Alfa Romeo chiamandolo “Milano”, e producendolo nello stabilimento di TychY in Polonia. Se tutto ciò che è ideato/disegnato in Italia dovesse essere prodotto in loco, occorrerebbe sanzionare la quasi totalità delle eccellenze del Made in Italy, perché la produzione è spesso eseguita all’estero, per ovvi motivi di costi.
Fatto sta che Stellantis ha deciso di cambiare nome al nuovo SUV, che si chiamerà Junior, ricordando (a mio parere a sproposito, ma qualcosa del genere ha fatto anche la Ford con la nuova versione elettrica della Mustang) la GT 1300 degli anni Sessanta.
Risultato: la produzione resterà comunque in Polonia.  Ciò nonostante, Urso ha affermato:
Credo che questa sia una buona notizia, che penso possa consentirci di invertire la rotta, anche per quanto riguarda la produzione di auto nel nostro Paese“.
Francamente mi sfugge per quale motivo dovrebbe aumentare la produzione nel nostro Paese, dato che è cambiato il nome ma non il sito di produzione, che resterà quello polacco.
In realtà a me pare una cosa molto ridicola, ma probabilmente mi sfugge qualcosa. O forse no.

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“Alfa Romero, quella ridicola diatriba dell’inutile ministro del “Made in Italy”” è stato scritto da Leonardo e pubblicato su Miglioverde.

Argentina, inflazione sui prezzi in picchiata e per il 2025 l’FMI prevede la crescita al 5%

di ARTURO DOILO “Metterò fine all’inflazione, non c’è alcun dubbio. So cosa si deve fare, so come deve essere fatto”. Queste parole, Javier Milei le va ripetendo da ben prima di essere eletto e la sua terapia va esattamente in quella direzione. Lo ha asseverato anche l’ex ministro delle Finanze Hernán Lacunza, che ha esternato…

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Sondaggio Eumetra (11 aprile 2024)

Sondaggio Eumetra (11 aprile 2024)

Durante la puntata di Piazzapulita (La7) dell’11 aprile 2024 è stato pubblicato un nuovo sondaggio realizzato da Eumetra.

Le intenzioni di voto

Sondaggio Eumetra (11 aprile 2024)
Sondaggio Eumetra (11 aprile 2024)
Sondaggio Eumetra (11 aprile 2024)

La serie storica

Di seguito, proponiamo i grafici con la serie storica dei sondaggi pubblicati da Eumetra nell’ultimo anno.

Per consultare l’elenco dei sondaggi Eumetra ripubblicati su Scenaripolitici.com potete andare nella sezione “Gli altri istituti”, oppure qui.

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“Sondaggio Eumetra (11 aprile 2024)” è stato scritto da The Watcher e pubblicato su Scenaripolitici.com.

Milan, lo sfogo del capo della Curva: “Doveroso cambiare allenatore”

“Il derby ha sempre un’importanza suprema, finite questa stagione con la professionalità che contraddistingue un professionista”

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“Milan, lo sfogo del capo della Curva: “Doveroso cambiare allenatore”” è stato scritto da Rosamaria Bombai e pubblicato su Notizie.it.