Vittorio Feltri, l’altra faccia delle Ong

 

Un caro amico questa mattina mi ha mandato questo screenshot dicendomi: “dovresti scrivere 2 righe su questo post, in modo da segnare una distanza con il tuo lavoro da queste posizioni”.
Ma veramente?
Solo l’ipnosi collettiva cui sono indotti gli italiani può far pensare ci sia qualcosa da spartire tra queste posizioni e lo spirito che anima, non dico la ricerca dell’Urlo, ma poco poco 26 anni di attivismo e lavoro sul campo, dalla Bosnia alla Libia, passando per qualche decina di altri Paesi.

A casa loro ci devono restare gli Europei. Quelli che mandano armi, quelli che mandano soldi per comprare armi, ma anche quelli che promuovono la cosiddetta cooperazione internazionale.
L’Europa che crede di salvare è come l’Europa che crede di condannare: non si fa gli affari propri.
Potremmo fare mille esempi, ma restiamo alla Libia.
Non Feltri, non le Ong, hanno avuto una parola di condanna nei confronti degli accordi da 8 miliardi firmati dalla Meloni poche settimane fa a Tripoli.
A nessuno crea problemi che a firmare dalla parte libica ci fosse un governo autoproclamato, ombrello delle milizie, e non il governo votato dai Libici.
A nessuno crea problemi che quegli accordi siano illegali e quei soldi siano un finanziamento bellico alle milizie (quelle stesse che tengono in trappola 700.000 africani in Tripolitania).
L’ingerenza è comunque il vizio dell’Occidente. Che sia da destra o da sinistra, ci piace tanto.
Feltri e le Ong, che si accapigliano sulle conseguenze, sono entrambi d’accordo sul mantenere le cause della migrazione intatte: così si garantiscono entrambi un ragione di vita campando sulle conseguenze.