DIFFIDATE DA CHI VI PARLA DI “DEBITO PUBBLICO BUONO”

di MATTEO CORSINI

Di tanto in tanto Paolo Savona esprime la sua opinione sul debito pubblico italiano. In un breve articolo ospitato contemporaneamente sul Sole 24 Ore e MF, Savona esordisce così:

Quando afferma che la gran parte degli economisti italiani ha assecondato la crescita del debito pubblico, credo che Savona abbia ragione. Quello prevalente in Italia è infatti una forma di keynesismo perfino più discutibile dell’originale. Prosegue Savona:

Effettivamente i debiti pubblici generalmente non sono storicamente stati rimborsati per intero, bensì rinnovati (se non ripudiati). Ai livelli attuali credo anche che un loro rimborso sarebbe teoricamente possibile solo nominalmente in un contesto di monete fortemente inflazionate, comportando, quindi una pesante svalutazione in termini reali. Sarebbe un default sotto altro nome. Ed ecco quello che ritengo il passaggio chiave:

In sostanza, secondo Savona le politiche relativamente meno spenderecce (ma pur sempre in deficit) poste in essere a partire dalla metà degli anni Novanta per ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil tolsero benzina al motore della crescita italiana.

Se questo ragionamento avesse un fondamento logico, si dovrebbe riscontrare nei dati che i Paesi che hanno sempre avuto un basso indebitamento pubblico se la sono passata storicamente peggio dell’Italia. I dati dimostrano che non è così, tanto in Europa, quanto nel resto del mondo. Purtroppo, però, il keynesismo, nella variante subalpina, continua a ritenere una verità auto evidente che nella spesa in deficit vi sia la via allo sviluppo economico. Ovviamente purché i soldi presi a prestito siano ben spesi (come ha di recente dichiarato colui che è considerato dal mainstream il salvatore dell’euro, quello che serve è “debito buono”).

Questo pare essere anche il punto di vista di Savona.

Posto che, quando c’è di mezzo la politica, la definizione di investimento rischia di essere dilatata fino a ricomprendere vera e propria spesa corrente, a me pare un po’ semplicistico concludere che se il debito è utilizzato per finanziare investimenti si possano dormire sonni tranquilli. E’ infatti necessario che il rendimento degli investimenti sia superiore al costo del debito, altrimenti quegli stessi investimenti creano le basi per aggravare il debito e il carico fiscale.

Per di più, nel mondo reale, ogni bene che incrementa l’attivo di stato patrimoniale necessita di manutenzione e successivi investimenti, il che significa che il problema non è risolto facendo “debito buono” all’inizio.

Last, but not least, si tratta pur sempre di porre l’onere del debito (per quanto “buono”) a carico di soggetti che non hanno avuto alcuna voce in capitolo nel determinare le scelte di investimento, a maggior ragione se appartenenti alla categoria “figli e nipoti”. Per i quali è prevedibile che l’effetto moltiplicatore non sarà favorevole, al pari di quello che può dirsi per i loro genitori, soprattutto quando appartenenti al gruppo dei pagatori netti di tasse.

___________

“DIFFIDATE DA CHI VI PARLA DI “DEBITO PUBBLICO BUONO”” è stato scritto da Leonardo e pubblicato su MiglioVerde.