La lotta al riscaldamento globale come arma nella nuova Guerra Fredda contro Russia e Cina

Usare il riscaldamento globale come arma nella nuova guerra fredda. Gli USA pensano alla mossa ambientalista nel tentativo di fermare i propri competitori geopolitici come Russia, Cina e Iran. Forse è questo il motivo principale per cui l’amministrazione Biden pare andare in senso totalmente opposto al repubblicano Trump che invece aveva scelto finanche di uscire dall’Accordo di Parigi sul clima. 

Il tema viene efficacemente affrontato da Guido Salerno Aletta in un illuminante editoriale apparso su Teleborsa. Il cambiamento di fronte dell’amministrazione Biden, spiega l’editorialista, segna infatti «una svolta decisiva nella strategia americana volta a mantenere la sua sempre più insidiata egemonia.

La Russia per un verso e la Cina per l’altro, assai più vigorosamente dell’Unione europea, rivendicano infatti da tempo un ruolo alla pari in un sistema delle relazioni internazionali non più fondato sull’eccezionalismo statunitense, unica superpotenza globale dopo la dissoluzione dell’URSS, ma multipolare».

Quindi il democratico avrebbe deciso questo cambio di strategia, in senso ambientalista, non per una volontà di sincera attenzione dell’ambiente, ma più prosaicamente per raggiungere quegli stessi obiettivi di riequilibrio dal punto di vista del commercio internazionale che già agognava Trump. Pur se battendo altre strade.

«Rispetto alla volontà americana – spiega Salerno Aletta – di mantenere il proprio ruolo egemone a livello globale, la Russia, l’Iran e la Cina costituiscono, anche se per motivi diversi, un insieme di antagonisti che possono essere fortemente indeboliti usando come leva la lotta al cambiamento climatico e soprattutto la decarbonizzazione dell’economia.

Il ragionamento è questo: i cambiamenti climatici, caratterizzati da fenomeni metereologici sempre più estremi, dalla progressiva desertificazione di intere aree del pianeta e dalla siccità prolungata che comporta la perdita delle colture ed i conseguenti fenomeni migratori incontrollabili, sono tutti conseguenza del riscaldamento globale. Questo riscaldamento deriva dalla immissione nell’atmosfera del CO2 prodotto dall’uso delle fonti energetiche fossili.

Se si riuscisse a decidere a livello globale una progressiva limitazione dell’uso delle fonti energetiche fossili (carbone, petrolio e gas), l’America avrebbe tutto da guadagnare: innanzitutto perché si ridurrebbero fortemente i proventi delle esportazioni di Russia ed Iran. Per altro verso, la Cina dovrebbe effettuare massicci investimenti per sostituire innanzitutto le diffusissime centrali a carbone e poi per dotarsi di fonti energetiche da fonti rinnovabili. La competitività delle merci cinesi si abbatterebbe violentemente per via dei maggiori costi di produzione che deriverebbero dai nuovi investimenti, e soprattutto degli oneri finanziari straordinari implicati dal mancato ammortamento degli impianti di produzione di energia che sono stati realizzati tutti in tempi assai recenti.

Con un’unica mossa, gli USA metterebbero al tappeto i suoi avversari».