Il modo misurato di ricordare Oriana Fallaci

La scomparsa di Oriana Fallaci è stata sicuramente una grave perdita per il nostro paese ma non bisogna dimenticare i tanti contenuti delle sue opere e dei suoi articoli non sempre condivisibili. A mio avviso, il modo misurato ed equo di ricordarla non è tanto edulcorare i ricordi o esaltare il suo pensiero e le sue idee ma è anche quello di ribadire le critiche al suo bellicoso radicalismo filooccidentale dopo l’11 settembre. Va detto con chiarezza che la lotta al terrorismo attraverso la guerra in Iraq è stata una vera e propria catastrofe umanitaria che non ha affatto sconfitto il terrorismo ma ha prodotto centinaia di migliaia di morti innocenti.¬†Detto questo, mi piace riprodurre in questa sede un mio articolo del 3 giugno 2005 in replica a Oriana Fallaci :

LA CROCIATA DI ORIANA FALLACI CONTRO IL REFERENDUM

“Leggere la Fallaci sul Corriere della Sera di oggi (3 giugno 2005) è stata, come altre volte, un’impresa avvincente, una lotta sofferta per arrivare fino all’ultima riga. Oriana Fallaci sa scrivere, sa muovere le corde della passione dei “tifosi”, sa anche smuovere le reazioni anticorpali come quelle che l’hanno fatta rinviare a giudizio per il suo recente libro.

Donna Oriana, come al solito, non usa mezzi termini, non conosce sfumature, le sue parole fluiscono taglienti e disordinate, quasi come la malattia che da anni la divora e la fa soffrire. Le sue parole non accettano la normale dialettica umana delle posizione diversificate, non riconoscono buone ragioni negli altri.

L’invettiva di Fallaci si espande contro tutti i suoi nemici, coloro che non la pensano come Lei, e li accusa di nazismo e di stragismo degli innocenti. La scrittrice rompe così l’armonia del mondo variegato, rompe gli argini del buon senso e, proprio come le cellule cancerogene, distrugge tutto ciò che incontra omologando tutti i tessuti in una sola grande metastasi distruttiva.

Impressiona, nella sua arringa violenta, quel suo trovarsi frequente nei laboratori americani di sperimentazione e vivisezione: le cavie che la guardano negli occhi implorando il suo aiuto e Lei è lì a guardare una cagnolina alla quale tolgono il cuore e lo sostituiscono con quello di un maialino. Sta sempre lì, a guardare negli occhi una scimmia mentre le tolgono il cervello, oppure sta lì a guardare un uccello fatto nascere, “forse per divertimento”, senza le ali.

Quante sono strane queste frequentazioni macabre della Fallaci!. Sembra quasi una necessità quella di assistere alle lacerazioni della carne. C’è da rabbrividire…

Ma c’è un’impressionante valore simbolico in questo dibattito se si considera che la cellula cancerogena è molto simile ad una cellula embrionale, assume le sembianze di una cellula embrionale che cresce disordinatamente, che, proliferando in maniera rapida, distrugge le altre cellule vitali e li conduce gradualmente alla morte.

Le cure radioterapiche servono a rallentare questa crescita devastante e a proteggere le cellule normali .

Oriana, che apertamente e spesso racconta la sua lunga lotta contro il cancro, si scaglia contro il referendum e i referendari con un eloquio lacerante, basato sulla retorica dell’embrione, a mò di una metastasi tumorale che annienta ogni differenzazione cellulare, falcidia ogni diversità, omogeneizza tutto e tutto e porta all’annichilimento di ogni pensiero critico.

Fallaci scavalca e supera le posizioni oltranziste del Papa Ratzinger e del cardinal Ruini e assurge a sentinella dell'”ovocita” contro tutti i “mostri”, contro la Bioetica, contro la Scienza, contro i pacifisti, gli intellettuali, gli animalisti, le donne che sposano il “SI” al referendum. Come sempre, dalla parte del Bene, del Giusto e dell’Etico ci si trova Lei.

Forse è vero che Oriana ama la vita. Ma la ama così tanto, a mio avviso, che si aggrappa ad essa scagliandosi con veemenza contro gli altri nel tentativo di suscitare una reazione anticorpale che La possa far sentire viva e, involontariamente, segue le stesse dinamiche della sua malattia: una cellula che vuole rinascere e ricrescere ma che perde il controllo della sua proliferazione e nel tentativo di sopravvivere, diventa talmente aggressiva da rischiare di autodistruggersi.